Giuseppe Zimmardi artista palermitano, docente di storia e filosofia, racconta la sua esperienza artistica attraverso le sue parole e una piccola selezione delle sue opere. Dice di se stesso che è un videomaker, ma per chi conosce le sue opere certosine realizzate con carta, forbici e colla, o i suoi quadri a china ed altro, o ancora i suoi testi la definizione appare riduttiva.
“Ho sviluppato la pratica del collage verso la metà degli anni ’80. Usavo fobici, colla e materiali reperiti prevalentemente da cataloghi di strumenti scientifici e testi di edificazione religiosa. Delimitato il campo, facevo esercitare conflittualmente i precipitati iconografici dei magisteri religioso e scientifico a contendersi verità e un senso per il dolore.”
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Appunti di un chirurgo americano su una scienza imperfetta
di Atul Gawande
Edizioni: FUsi orari
Atul Gawande, chirurgo e professore ad Harvard, scrive sul New Yorker di questioni mediche. In questo libro tratta di chirurgia, ma non si tratta di una trattazione per specialisti, cercando invece di parlare al lettore comune ed interessarlo ad aspetti curiosi dellaprofessione medica. Riuscendovi. La suddivisione del testo presenta tre parti, di cui la prima (“Fallibilità”) è dedicata all’apprendimento nel campo della professione medica, agli errori dei medici e a tutto ciò che riguarda l’ignoranza del singolo, mentre la terza (“Incertezza”) considera l’ignoranza in sé, della medicina stessa. La sezione centrale (“Mistero”) presenta casi singolari o inspiegabili. Nonostante che i titoli suggeriscano un notevole scetticismo, Gawande crede profondamente nella professione medica e nella chirurgia, e il libro non è una catena di penosi fallimenti diretta a screditarle; al contrario, nella maggior parte dei casi riportati le cure sono state di grande beneficio per gli interessati…. Continua qui
Scarica una parte del libro (pag 1) e la recensione da Internazionale:
Evgen Bavcar, un grande fotografo affetto da cecità
Video pictures of the photographer Slovenian Evgen Bavcar. Music by Yann Tiersen “Atlantique nord”.
Evgen Bavcar è nato in Slovenia, a Lokavec (una piccola città vicino ai confini con l’Italia) nel 1946. La sua infanzia trascorse in maniera del tutto normale, finché un giorno mentre giocava si ferì gravemente all’occhio sinistro con un ramo. I dottori dovettero asportare l’occhio e mettergli una protesi. Dopo soli pochi mesi fu l’es…plosione di una mina a danneggiare gravemente anche l’altro occhio, nella sfortuna fu comunque fortunato, perché quelle schegge che sarebbero potute giungere fin dentro il cervello furono fermate dalla protesi che aveva sul lato sinistro. Gradualmente, e nonostante una serie di operazioni, perse del tutto la vista; fu così che la sua vita cambiò radicalmente in una scuola per cechi di Ljubjana. A 16 anni fotografò una ragazza e già quella prima esperienza gli fece sentire un legame particolare con quell’arte, sebbene non ne poteva vedere i risultati. Negli anni successivi iniziò a lavorare come centralinista, ma sentiva sempre che la sua vita non lo soddisfaceva.
Per questo si trasferì a Parigi e prese una laurea in filosofia iniziando a lavorare al ‘Centre National de la Recherche Scientifique’, dove si trova tutt’ora. Nell’87 ebbe la sua prima mostra che riscosse immediato successo e da allora continua a pubblicare libri di fotografia, allestire i suoi lavori a Parigi, in Germania, Italia, Brasile, Canada e altri paesi; in più insegna e tiene conferenze in tutto il mondo. Insegna e applica quello che chiamano “Video Disegno Orientato”… tecnica che insegna ad altri disabili ciechi !
La sifilide compare in Europa e nel mondo nel corso del XVI secolo. Era conosciuta inizialmente come “mal francioso” e, in Francia, come “mal napoletano”. In Italia fu contratta inizialmente da alcuni militari francesi che alloggiavano a Napoli, dove erano venuti a contatto con prostitute che, a loro volta, avevano avuto rapporti con i reduci dai viaggi di Colombo in America.
Il morbo si diffuse in maniera epidemica… Continua…. Clicca qui
A Man with a Movie Camera del regista sovietico Dziga Vertov (1929), è, tra i classici del Cimema Muto, un film radicalmente sperimentale e cinematico per contenuti e nuove tecniche cinematografiche, in cui la combinazione di immagini e di suoni mirava a sostituire completamente le parole, Kinografia assoluta fondata sulla completa separazione dal linguaggio del teatro e della letteratura. Lo stesso Vertov aveva dato ampie indicazioni per la colonna sonora da eseguire dal vivo. Nei numerosi festivals in cui il film è stato ripresentato musicisti noti e meno noti sono stati invitati a creare la loro propria versione.
Formatasi alla fine degli anni ’90, il gruppo musicale Cinematic Orchestra che ha composto la colonna sonora del frammento del film da noi pubblicato, deve certamente molto al film di Dziga Vertov. Venne infatti loro chiesto di partecipare alla serata di premiazione di Stanley Kubrick al Director’s Guild Awards (GB), e quindi al festival di Porto “città europea della cultura”, con l’accompagnamento live a Man with a Movie Camera, portato poi in tour e infine registrato sull’album dallo stesso titolo.
Dziga Vertov (pseud. di Denis Arkadevič – o Abramovič – Kaufman; cir. rus. Дзига Вертов; Białystok, 2 gennaio 1896 – Mosca, 12 febbraio 1954) fu un regista sovietico. Di famiglia medio-borghese di origini ebraiche, Vertov si trasferisce dalla Polonia in Russia (prima a Mosca poi a San Pietroburgo) all’inizio della prima guerra mondiale. Inizia gli studi di Medicina e intanto si dedica alla poesia, a narrazioni satiriche e di fantascienza. Nel 1916 comincia ad interessarsi al montaggio di sonori e il suo interesse crescente per il cinema è accompagnato da quello per il futurismo che gli ispira anche il nome d’arte che si scelse: “Dziga Vertov” vale a dire “vertice rotante” in lingua ucraina. Tutto il complesso teorico e la genialità di Vertov si riassumono in quella che è anche la sua opera più famosa, L’uomo con la macchina da presa (1929). Questo film è davvero rivoluzionario, scompagina la grammatica sino ad allora utilizzata (basti pensare che non sono usate didascalie, fondamentali nell’epoca del muto) e in uno sfolgorio di trovate tecnico-stilistiche ci mostra una macchina da presa che da oggetto di osservazione ne diventa il soggetto. Vertov, inviso alla gerarchia stalinista, ha un lungo declino nel quale comunque non smette di filmare. Evita le purghe staliniste regalandoci ancora brani della sua arte e abilità tecnica fino al 1954 quando muore a causa di un cancro.
da http://it.wikipedia.org/wiki/Dziga_Vertov
Potete Vedere l’intero Film, un’opera d’arte datata 1929, su Google Video Cliccando qui
Una Recensione su questa Band Musicale Inglese e la sua produzione la trovate sul N° 10 di Timeoutintensiva Cliccando qui