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Articolo scientifico: Valutazione Sistematica Delle Cause Di Fallimento Del Weaning

Articolo scientifico

Valutazione Sistematica Delle Cause Di Fallimento Del Weaning

A.N. Cracchiolo, D.M. Palma

Anestesia e Rianimazione Polivalente II

AORNAS Ospedale Civico Di Cristina Benfratelli

Palermo, Marzo 2011

Introduzione

Il termine weaning, in ventilazione meccanica (MV), indica la graduale riduzione della dipendenza del paziente dal ventilatore. L’importanza di questo argomento deriva da molteplici considerazioni tra le quali spicca la notevole quantità di tempo che è necessaria per riportare in respiro spontaneo pazienti che sono in MV per un periodo di tempo superiore alle 24 ore (dal 42% al 92% del tempo totale di ventilazione). Il paziente oggetto di weaning è il paziente ventilatore dipendente, che è definito come un paziente che è posto in MV da più di 24 ore o che ha fallito un primo tentativo di estubazione. Ricordiamo che la frequenza attesa di re-intubazione in terapia intensiva dovrebbe variare tra il 5% e il 15%, mentre le più recenti statistiche riportano una frequenza che varia tra il 5% e il 24 %, con picchi che arrivano al 33% in pazienti affetti da broncopatia cronica ostruttiva (COPD) e in pazienti con lesioni a carico del SNC. Ridurre la percentuale di re-intubazione si traduce in riduzione della durata totale della MV con conseguenze importanti in termini clinici legate alla riduzione delle complicazioni associate alla MV. Inoltre la conseguente riduzione della degenza in terapia intensiva comporta un notevole risparmio in termini economici, dato attualmente non trascurabile. Appare evidente che una migliore conoscenza di quelle che sono le cause potenzialmente responsabili di fallimento del weaning ci dovrebbe permettere di sviluppare per ogni singolo paziente una strategia operativa che sia la migliore possibile.

Obiettivo del nostro lavoro è analizzare in modo sistematico le cause responsabili di fallimento del processo di weaning.

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News: Ricerca: Team Cattolica Mette A Punto Occhiali Scova Tumori Cavo Orale

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Ricerca: Team Cattolica Mette A Punto Occhiali Scova Tumori Cavo Orale

Speciali occhiali verdi che scovano lesioni tumorali precoci della mucosa orale. Lo strumento diagnostico, ideato e brevettato dall’equipe dell’Unita’ Operativa di Chirurgia Maxillo-facciale del Complesso Integrato Columbus – Policlinico Gemelli diretta dal prof.

Sandro Pelo ha richiesto due anni di studio nell’ambito di un progetto di ricerca, coordinato dai dottori Alessandro Moro e Francesco Di Nardo, sulla prevenzione del carcinoma del cavo orale, malattia che ogni anno in Italia causa circa 3.000 decessi.

 Questa patologia e’ troppo spesso trascurata anche dagli stessi pazienti i quali, in oltre il 60% dei casi, vengono osservati solo quando la malattia e’ gia’ negli stadi piu’ avanzati e le chance di sopravvivenza a cinque anni sono purtroppo inferiori al 30%.

 Il dispositivo, chiamato GOCCLES (Glasses for Oral Cancer – Curing Light Exposed – Screening), si presenta come un comune paio di occhiali ed e’ uno strumento di facile impiego, semplice, leggero, poco ingombrante.

«Mentre la visualizzazione del cavo orale a occhio nudo può far emergere solo una piccola frazione delle caratteristiche spettrali che differenziano il tessuto sano da quello malato – spiega il chirurgo maxillo-facciale della Cattolica Sandro Pelo – le metodiche ottiche basate sull’autofluorescenza dei tessuti hanno migliorato la nostra capacità di individuare lesioni cancerose in stadio precoce nel cavo orale. Il dispositivo, infatti, funziona sfruttando la luce delle lampade fotopolimerizzanti presenti in ogni studio dentistico, emettendo una luce compresa in un intervallo di lunghezze d’onda da circa 400 a 500 nanometri (nm), provocando il fenomeno dell’autofluorescenza sulla mucosa del cavo orale. Indossando gli occhiali GOCCLES è possibile osservare la riduzione di autofluorescenza provocata dalle cellule tumorali o displasiche grazie a un filtro ottico molto selettivo, che permette di evidenziare i tessuti malati o in procinto di ammalarsi».

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Protocollo Operativo Per L’ Esecuzione Dell’ Esame Di Risonanza Magnetica In Eta’ Neonatale E Pediatrica

Articolo Scientifico

Protocollo Operativo Per L’ Esecuzione Dell’ Esame Di Risonanza Magnetica In Eta’ Neonatale E Pediatrica

Dr.ssa G. Lazzaro

U.O. II Anestesia e Rianimazione

AORNAS Civico Palermo

Gennaio 2011

OBIETTIVI  DEL  PROTOCOLLO

Il presente protocollo è stato redatto congiuntamente dall’U.O. di Radiologia e dall’ U.O. della II Anestesia e Rianimazione con lo scopo di:

  • Garantire che l’esecuzione dell’ esame di Risonanza Magnetica (RM) nei pazienti di età neonatale e pediatrica venga eseguito in condizioni che assicurino sia l’ottimizzazione della qualità delle immagini sia la sicurezza clinica e il comfort del piccolo paziente  e dei genitori che lo accompagnano i quali dovranno sottoscrivere il loro consenso “informato” all’ espletamento della procedura.
  • Ottimizzare e armonizzare i comportamenti assistenziali tra le figure professionali coinvolte ( Medici, Infermieri, Personale Ausiliario) riducendo i tempi di attesa, facilitando il percorso intraospedaliero dei pazienti, contenendo i costi e minimizzando il rischio clinico nella consapevolezza che il lavoro di gruppo sviluppa una forza esponenziale rispetto allo sforzo del singolo.
  • Garantire che la tecnica anestesiologica scelta per una procedura che si svolge al di fuori della sala operatoria, condivisa , implementata dal 2003 ad oggi e opportunamente revisionata sulla base del numero di procedure annualmente eseguite e registrate in apposito database (utile anche alla trasmissione dei flussi informativi aziendali) unitamente alle eventuali complicanze segnalate,  venga uniformemente applicata dai Medici Anestesisti che eseguono la procedura, in modo da minimizzare l’esposizione del piccolo paziente al rischio clinico.

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Timeotintensiva.it, N° 16, Focus,  Aprile 2011

News: Tumori. Ricerca Italiana: La Diagnosi In Un Chip. Video

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Tumori. Ricerca Italiana: La Diagnosi In Un Chip. Video

Un nuovo dispositivo diagnostico miniaturizzato, un microchip delle dimensioni di una monetina è in grado di isolare con una purezza del 100 per cento le cellule tumorali circolanti nel sangue. A metterlo a punto l’italiana Silicon Biosystems, mentre a verificarne l’efficacia è stato il Laboratorio di Bioscienze dell’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori (IRST) in uno studio che verrà presentato domani a Orlando al Congresso dell’American Association of Cancer Research (AACR), il più importante evento mondiale sulla ricerca preclinica sul cancro. Il dispositivo – un vero e proprio laboratorio in miniatura il cui nome commerciale è DEP Array – è attualmente l’unico strumento automatizzato presente sul mercato in grado di isolare, identificare, manipolare e recuperare, con una purezza del 100%, cellule tumorali circolanti nel sangue. Iniettando un piccolo campione di fluido contenente la popolazione cellulare nel microchip, le cellule d’interesse sono riconosciute da un sistema ottico basato su un microscopio a fluorescenza e possono essere visualizzate anche dall’operatore. Attraverso un sofisticato programma computerizzato, si formano, all’interno del chip, decine di migliaia di gabbie di di-elettroforesi all’interno della quale viene intrappolata e mantenuta in levitazione una singola cellula. Inoltre, grazie al software di gestione, ciascuna gabbia può essere spostata, col proprio contenuto, e indirizzata verso una sezione specifica del chip. Ciò permette di raccogliere le cellule tumorali ancora perfettamente vitali mettendo nelle condizioni l’oncologo clinico di ottenere importanti indicazioni prognostiche sull’evoluzione clinica della malattia e di definire, in modo più appropriato, un programma clinico-terapeutico personalizzato.

Un’altra applicazione interessante è anche la diagnosi prenatale non invasiva: attualmente, infatti, l’analisi delle cellule fetali circolanti nel sangue materno avviene attraverso l’ amniocentesi e l’ esame dei villi coriali, procedimenti piuttosto spiacevoli. Attraverso questo nuovo sistema, invece, il tutto potrebbe trasformarsi in un esame di routine, totalmente non invasivo.

Fonti:

wired.itSilicon Biosystems, (IRST)

News: Al Niguarda Una Sala Operatoria Ipertecnologica  

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Medicina e Tecnologia

Al Niguarda Una Sala Operatoria Ipertecnologica

È il sogno di ogni cardiochirurgo o emodinamista che si avvera la nuova sala ibrida inaugurata ieri al Blocco Sud del Niguarda di Milano. Una sala che ha pochi eguali in Europa e che contiene il meglio dell’innovazione in sanità: tecnologie che consentono di svolgere sia l’attività chirurgica tradizionale che interventistica a guida radiologica. “La sala ibrida permette interventi a ridotta invasività per quanto riguarda la chirurgia valvolare, i by-pass, l’impianto di endoprotesi aortiche e l’impianto “ibrido” di dispositivi per la resincronizzazione cardiaca”, ha illustrato Silvio Klugmann, direttore di Cardiologia 1 -Emodinamica. Ma non solo: le apparecchiature medicali sono collegate tra di loro e consentono l’utilizzo di tecnologie per videoconferenza, riprese del campo operatorio in alta risoluzione con la possibilità per gli operatori di utilizzare schermi di ampie dimensioni e schermi di controllo touch screen. Nella sala ibrida angiografica sono inoltre possibili interventi simultanei di diversi specialisti: cardiochirurgo e chirurgo vascolare, emodinamista, elettrofisiologo, radiologo, specialista di chirurgia toracica e radiologo interventista. Un mix di tecnologia che consentirà al Niguarda di diventare un centro di formazione internazionale per le nuove procedure di sostituzione valvolare trans-catetere per via mini invasiva. La Sala Ibrida è nata dalla collaborazione tra il Niguarda, l’azienda Siemens (che ha progettato su misura la sala in base alle indicazioni dell’Ospedale) e i partner tecnologici Storz e Draeger. Tra le attrezzature presenti, anche un nuovo sistema di mappaggio elettroanatomico 3D con angiografia rotazionale, utilizzato per l’ablazione della fibrillazione atriale. Frutto della collaborazione tra il Niguarda e l’azienda Philips è il primo e unico disponibile in Italia e uno dei pochi nel mondo. L’èquipe della Cardiologia 3 – Elettrofisiologia sta attivamente utilizzando la nuova tecnologia che permette la visualizzazione diretta delle strutture cardiache senza preliminare TAC o RNM, la “navigazione” sicura in 3D con gli elettrocateteri per eseguire con maggiore rapidità e sicurezza l’ablazione, la riduzione dell’esposizione radiologica e dei suoi rischi.

dalla Stampa Quotidiana