Video realizzato dal Sermig. I dati del video sono tratti da rapporti e dossier delle Nazioni Unite.
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Qualcuno che la sa lunga mi spieghi…
di Gianni Rodari
“Qualcuno che la sa lunga mi spieghi… questo mistero: il cielo è di tutti gli occhi, di ogni occhio è il cielo intero…. È mio, quando lo guardo. È del vecchio, del bambino,del re, dell’ortolano, del poeta, dello spazzino. Non c’è povero tanto povero… che non ne sia il padrone. Il coniglio spaurito ne ha quanto il leone. Il cielo è di tutti gli occhi, ed ogni occhio, se vuole, si prende la luna intera, le stelle comete, il sole. Ogni occhio si prende ogni cosa e non manca mai niente: chi guarda il cielo per ultimo non lo trova meno splendente. Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti.”
La malattia che portò Freud alla morte cominciò a manifestarsi improvvisamente nel 1923, all’età di 67 anni, con brevi ma ricorrenti gengivorragie, alle quali egli non diede particolare importanza, fino a quando non notò in corrispondenza della sede dell’emorragia una tumefazione che dopo un po’ cominciò ad estendersi verso il palato. Decise allora di consultare il prof. Hajek, direttore della Clinica Rinolaringoiatrica dell’Università di Vienna, il quale gli diagnosticò una lesione leucoplasica dovuta al fumo (egli era un forte fumatore di sigari), consigliandone l’asportazione chirurgica che fu effettuata qualche giorno dopo. L’esame istologico rivelò la natura maligna della lesione, risultata in un carcinoma. Quattro mesi dopo, la regione precedentemente trattata chirurgicamente fu interessata da un’ulcera del palato duro che si estendeva ai tessuti molli della guancia, alla mucosa mandibolare adiacente fino a lambire il margine linguale. Alla luce di questo nuovo quadro, si predispose un intervento radicale che fu affidato al prof. Pichhler di Vienna, uno dei più insigni specialisti europei di chirurgia orale. Una recidiva a due mesi, richiese anche l’asportazione di parte del palato molle. Dopo questo importante intervento, cominciarono 16 anni di disagi e sofferenze, costellati dal ripetersi della malattia e di innumerevoli altre operazioni effettuate chirurgicamente. In questo lungo calvario durante il quale fu sottoposto complessivamente a ben trentatré interventi di chirurgia orale, egli ebbe comunque sempre la forza di seguire il suo lavoro scientifico e di diffondere il suo pensiero, anche dall’esilio inglese cui fu costretto dopo l’invasione dell’Austria da parte delle truppe germaniche nel 1938. Nel corso degli ultimi anni, le sue condizioni generali di salute peggiorarono. Nonostante tutto, seppur a ritmo ridotto, egli continuava a visitare i pazienti avvalendosi della collaborazione della figlia Anna, data la sua ormai grave dislalia, ai limiti della incomunicabilità verbale e una ipoacusia destra. L’ipoacusia lo costrinse tra l’altro a cambiare la posizione dell’arcinoto lettino per poter prestare l’orecchio sano ai suoi pazienti. Gli era venuto a mancare progressivamente un fluido linguaggio ed un attento ascolto. Un anno prima della morte, nel 1938, al suo arrivo a Londra aveva concesso un’intervista alla BBC. L’intervista si era conclusa con uno sguardo alla strada ancora da percorrere per la scienza neonata: “La lotta non è ancora terminata”, affermava. Il suo attaccamento estenuante nei confronti della madre Amalie Nathanson, gli aveva fatto dire, dopo la morte di lei nel 1930, che solo ora e certamente non prima anche lui avrebbe potuto morire. Il 21 settembre 1939, Freud consumato fra atroci sofferenze sul letto di morte mormorò al proprio medico di fiducia: “Ora non è più che tortura, non ha senso” e poco dopo ancora: “Ne parli con Anna, e se lei pensa che sia giusto, facciamola finita“. Freud si affidò al sentimento della figlia. Morì due giorni dopo, all’età di 83 anni il 23 settembre 1939, senza risvegliarsi dal sonno tranquillo che la morfina gli aveva provocato.
Vorremmo concludere la nostra biografia con questo eccezionale pensiero di Thomas Mann: “anche se il futuro riplasmerà o modificherà questo o quel risultato delle sue ricerche, mai più potranno essere messi a tacere gli interrogativi che Sigmund Freud ha posto all’umanità; le sue scoperte scientifiche non si possono né negare, né occultare (…) e se mai alcuna impresa della nostra specie umana rimarrà indimenticabile, questa sarà proprio l’impresa di Sigmund Freud.”
A Man with a Movie Camera del regista sovietico Dziga Vertov (1929), è, tra i classici del Cimema Muto, un film radicalmente sperimentale e cinematico per contenuti e nuove tecniche cinematografiche, in cui la combinazione di immagini e di suoni mirava a sostituire completamente le parole, Kinografia assoluta fondata sulla completa separazione dal linguaggio del teatro e della letteratura. Lo stesso Vertov aveva dato ampie indicazioni per la colonna sonora da eseguire dal vivo. Nei numerosi festivals in cui il film è stato ripresentato musicisti noti e meno noti sono stati invitati a creare la loro propria versione.
Formatasi alla fine degli anni ’90, il gruppo musicale Cinematic Orchestra che ha composto la colonna sonora del frammento del film da noi pubblicato, deve certamente molto al film di Dziga Vertov. Venne infatti loro chiesto di partecipare alla serata di premiazione di Stanley Kubrick al Director’s Guild Awards (GB), e quindi al festival di Porto “città europea della cultura”, con l’accompagnamento live a Man with a Movie Camera, portato poi in tour e infine registrato sull’album dallo stesso titolo.
Dziga Vertov (pseud. di Denis Arkadevič – o Abramovič – Kaufman; cir. rus. Дзига Вертов; Białystok, 2 gennaio 1896 – Mosca, 12 febbraio 1954) fu un regista sovietico. Di famiglia medio-borghese di origini ebraiche, Vertov si trasferisce dalla Polonia in Russia (prima a Mosca poi a San Pietroburgo) all’inizio della prima guerra mondiale. Inizia gli studi di Medicina e intanto si dedica alla poesia, a narrazioni satiriche e di fantascienza. Nel 1916 comincia ad interessarsi al montaggio di sonori e il suo interesse crescente per il cinema è accompagnato da quello per il futurismo che gli ispira anche il nome d’arte che si scelse: “Dziga Vertov” vale a dire “vertice rotante” in lingua ucraina. Tutto il complesso teorico e la genialità di Vertov si riassumono in quella che è anche la sua opera più famosa, L’uomo con la macchina da presa (1929). Questo film è davvero rivoluzionario, scompagina la grammatica sino ad allora utilizzata (basti pensare che non sono usate didascalie, fondamentali nell’epoca del muto) e in uno sfolgorio di trovate tecnico-stilistiche ci mostra una macchina da presa che da oggetto di osservazione ne diventa il soggetto. Vertov, inviso alla gerarchia stalinista, ha un lungo declino nel quale comunque non smette di filmare. Evita le purghe staliniste regalandoci ancora brani della sua arte e abilità tecnica fino al 1954 quando muore a causa di un cancro.
da http://it.wikipedia.org/wiki/Dziga_Vertov
Potete Vedere l’intero Film, un’opera d’arte datata 1929, su Google Video Cliccando qui
Una Recensione su questa Band Musicale Inglese e la sua produzione la trovate sul N° 10 di Timeoutintensiva Cliccando qui
Il Guggenheim Museum ha realizzato un concorso, il Youtube/Play per il 2010 nel quale tra più di 23000 video ne sono stati scelti 25 da una giuria composta tra gli altri da Takashi Murakami, Laurie Anderson, Darren Aronofsky. I video scelti sono stati mostrati nelle sedi del Museo di New York, Bilbao, Venezia, Berlino, e poi pubblicati on line su you tube in un canale dedicato. Quello che vi mostriamo, Seaweed, è uno dei 25 scelti dalla Giuria del Guggenheim Museum per il 2010
di Tellno1ne
30 Luglio 2010
video experiments – by http://www.tellnoone.co.uk
Track – Grizzly Man by Rockettothesky
potete visionare gli altri e approfondire all’indirizzo:
REC STOP & PLAY
Un corto diretto da:
EMANUELE PISANO
Febbraio 2010
Cortometraggio
Durata: 11 minutes 35 seconds
Studio: Fanusa
ha vinto la sezione 2010 Cortometraggi del “Taormina Film Festival”!
Trama:
Il bisogno di comunicare muove i fili di tre storie che s’intrecciano. Una detenuta in regime di semilibertà cede all’originale corteggiamento di un cliente della lavanderia in cui lavora. Un uomo si prende cura del figlio ventenne in stato vegetativo. Entrambe le vicende forniscono ad un giardiniere lo spunto per elaborare uno stratagemma che soddisfi un’innata e indispensabile esigenza di comunicazione.
Il Video, i Premi ricevuti, la Recensione e l’ Intervista con gli attori ed il regista