«La Sanità Non Si Tocca !». Ieri In Piazza I Medici Contro La Manovra Economica

Sanità e Manovre Economiche 2011

«La Sanità Non Si Tocca !». Ieri In Piazza I Medici Contro La Manovra Economica

da Quotidiano Sanità On Line

Ieri si è chiusa la prima parte della giornata di mobilitazione della sanità che si è svolta all’interno di un cinema romano.

Circa un migliaio di dirigenti della sanità pubblica e privata si sono spostati davanti a Montecitorio con le 10 mila firme raccolte contro le manovre.

Il giorno della manifestazione, l’intersindacale, del Ssn ha scritto una lunga lettera ai vertici delle istituzioni (Governo, Senato, Camera e Regioni) per denunciare la crisi del settore e le condizioni inaccettabili di lavoro per gli operatori sanitari.

Ecco la lettera indirizzata a: Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; Gianfranco Fini, Presidente Camera dei Deputati; Renato Schifani, Presidente Senato della Repubblica; Ferruccio Fazio, Ministro della Salute; Vasco Errani, Presidente Conferenza delle Regioni; Giuseppe Palumbo, Presidente commissione Affari Sociali Camera; Antonio Tomassini, Presidente Commissione Sanità Senato.

“I medici, dipendenti e convenzionati con il Servizio Sanitario nazionale e della ospedalità privata, i veterinari, i dirigenti sanitari, tecnici, professionali ed amministrativi dipendenti, intendono portare alla attenzione delle SS.LL. la situazione di grave malessere che oggi si trovano a vivere. Di certo, nell’espressione delle nostre valutazioni, non intendiamo prescindere dalla situazione di crisi economica che coinvolge ormai, ed in modo importante, non solamente il nostro Paese. Ma l’insieme delle ultime manovre economiche si accanisce, a nostro parere, in maniera eccessiva e con modalità plurime contro i medici e i dirigenti del SSN. Colpiti come pubblici dipendenti attraverso il congelamento del contratto e delle convenzioni per 5 anni, con una consistente perdita economica, aggravata, per i medici convenzionati, dal mancato riconoscimento delle spese di produzione, e pesanti ripercussioni previdenziali. Colpiti come dirigenti, sottoposti ad una addizionale Irpef che, bollata come folle ed eliminata per il settore autonomo e privato, è stata lasciata in vita solo per loro, in spregio di ogni principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte al fisco. Colpiti come professionisti, con incarichi di lavoro sempre più precarizzati e discrezionali, a prescindere da competenze, meriti e risultati, ed esposti alla invadenza pervasiva della politica. Solo per loro sono stati previsti anche il congelamento del TFR, che è salario differito, largamente autofinanziato, una mobilità senza regole, discrezionale fino all’arbitrio, il pensionamento a 65 anni per le donne, malgrado esse siano sottoposte a stressanti turni notturni e festivi, che si aggiungono ai compiti di cura. Provvedimenti chiamati a colmare i vuoti lasciati da un rinvio a tempo indefinito dei tagli ai costi della politica ed improntati ad un totale disprezzo del lavoro cui le nostre categorie sono chiamate dal dettato costituzionale. Inique discriminazioni contro il pubblico impiego, che comprende i Dirigenti del SSN, uno status che ormai configura un reato, forse quello di pagare le tasse prima ancora di ricevere lo stipendio, ma che non si disdegna di usare come bancomat per non colpire patrimoni, rendite, evasione fiscale, frutto di inaccettabile e immotivata denigrazione. Chi quotidianamente garantisce milioni di prestazioni negli ospedali e nei presidi sanitari territoriali non può essere il bersaglio privilegiato di multiple penalizzazioni e costretto a lavorare in una sanità pubblica sempre più impoverita da devastanti sottofinanziamenti, sprechi e clientele. La sanità italiana è entrata in una fase recessiva, definanziata ed impoverita dal punto di vista economico e di risorse professionali, avviata a ricoprire un ruolo povero per i poveri. Il diritto alla salute non è più esigibile in egual modo in tutte le Regioni e da diritto di cittadinanza diventa condizione legata ai territori ove si ha la ventura di vivere. Si perde il valore di coesione sociale assicurato da un servizio sanitario nazionale e, anche attraverso l’impoverimento delle categorie professionali, si distrugge un valore fondamentale di una comunità, rendendo diseguale la realizzazione dell’unico diritto che la costituzione definisce fondamentale. La necessità di mantenere, congiuntamente agli altri aspetti che insieme costituiscono e garantiscono lo stato sociale, livelli adeguati di tutela dello stato di salute attraverso un Servizio Sanitario Nazionale “universale” “equo” e “solidale”, ci appare oggi, ancora e più che mai, un obiettivo irrinunciabile per il nostro Paese. Non è in discussione la necessità di partecipare ai sacrifici richiesti dalle condizioni economiche del paese. Ma non si può essere i soli a pagare ed in tutti i modi escogitati dalla fantasia del legislatore.

Il lavoro che svolgiamo tutti i giorni e tutte le notti a tutela del bene più prezioso dei cittadini e della comunità merita maggior rispetto e valorizzazione. Non siamo burocrazia da liquidare né meri fattori di produzione ma professionisti che, nei luoghi del loro lavoro, quotidianamente rispondono a domande e bisogni di cittadini in momenti delicati della loro vita. Eppure per noi aumentano i carichi amministrativi che tolgono spazio alla attività assistenziale e continua un blocco del turn over che, in alcune Regioni, ha ormai raggiunto i 6 anni, con negative ripercussioni sul livello di sicurezza delle cure e sulla stessa possibilità di garantire i LEA. Le condizioni in cui lavoriamo diventano ogni giorno sempre più gravose e rischiose a causa di ritmi massacranti e di un contenzioso medico legale che, in attesa di un provvedimento legislativo che dorme nei cassetti da due anni pur largamente condiviso, segna crescite esponenziali mentre l’abuso di contratti atipici espone i medici e tutti i dirigenti del Ssn ad un precariato diffuso che mina la continuità assistenziale. In modo particolare in un sistema di emergenza urgenza che da avamposto delicato di diagnosi e cura è diventato un insieme di barelle, esposto ad un assalto degno dei forni di manzoniana memoria, il luogo dell’ospedale dove gli stessi medici sono oggetto di aggressioni anche fisiche. La sfida della sostenibilità, non solo economica, di un sistema sanitario equo, accessibile ed efficace esige un sostanziale cambio di paradigma culturale e politico che ri-definisca anche ruolo e responsabilità delle categorie professionali. Per questo le Organizzazioni sindacali dei medici dipendenti e convenzionati, dei veterinari e dei dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale rivolgono un appello alle SS.LL. affinchè si ponga rimedio agli eccessi delle manovre economiche, almeno nelle parti che non richiedono compensazione economica, e vengano fornite risposte alle questioni più urgenti che poniamo sul tappeto.”

Roma, 13 ottobre 2011

ANAAO ASSOMED – CIMO-ASMD – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI – FVM – FASSID – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI – UIL FPL FEDERAZIONE MEDICI – SDS SNABI – AUPI – FP CGIL SPTA – SINAFO – FEDIR SANITA’ – SIDIRSS – FIMMG – SUMAI – SNAMI – INTESA SINDACALE – SMI – FIMP – CIMOP – UGL MEDICI – FEDERSPECIALIZZANDI

Approfondimenti sulla Giornata di Ieri:

Quotidiano Sanità


Neuroetica: Minority Report, le Neurotecnologie “Mindreading” ed il Libero Arbitrio

Neuroetica

Minority Report, le Neurotecnologie “Mindreading” ed il Libero Arbitrio

Una lettura “Neuroetica” del film Minority Report di Steven Spielberg

a cura di S. Vasta

Anestesista-Rianimatore, Responsabile Editoriale Timeoutintensiva i.Change Openproject

Su Neuroethics, nel Marzo 2009, è uscito un interessante articolo, “Novel Neurotechnologies in Film—A Reading of Steven Spielberg’s Minority Report”, di Krahn, Fenton, (Bioeticisti che si occupano di Nuove e Neuro Tecnologie), e Meynell, (Filosofo), attraverso il quale, – insieme alla ricca bibliografia sull’argomento-, si comprende come le nuove neurotecnologie, al di là dell’aiutare la nostra vita quotidiana e la nostra salute, ed affiancarci nel nostro “libero arbitrio”, al contrario possano essere mostrate (e usate poi nella realtà) come mezzo attraverso il quale aumentare il controllo sulla nostra libertà, per limitarla. Obiettivo quest’ultimo che non rientra affatto nella moderna ricerca sulle nuove neurotecnologie.

Di tutto ciò il Cinema, specie quello che guarda al futuro, ne ha percepito talmente il carattere potenziale “di controllo e di limitazione della nostra libertà”, che spesso mostra, delle nuove neurotecnologie, l’uso distorto che se ne può fare per il nostro “bene”…

In ogni nuova tecnologia, -neurotecnologiche incluse-, vi è spesso un senso di promessa e contemporaneamente di pericolo, ed una tendenza ad immaginare gli estremi di entrambi. Neil Levy articola il nucleo di questo disagio, suggerendo che: “Gran parte degli interessi e l’ansia provocata dalle nuove tecnologie, e lo sviluppo delle neuroscienze, è centrato su due questioni: la misura con cui queste tecnologie potrebbero consentire ai loro utenti di leggere i pensieri delle persone, e… la misura con cui queste tecnologie potrebbero effettivamente essere utilizzate per controllare le persone stesse.”

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Timeoutintensiva.it, N°18, Cover, Ottobre 2011


Trapianti D’organo: “Trapiantiamo Felicità”, Spot Della Discordia Solo Per Una Italia Provinciale. Il Video.

Trapianti d’Organo

Trapianti D’organo: “Trapiantiamo Felicità”, Spot Della Discordia Solo Per Una Italia Provinciale. Il Video.

Ero a casa quando hanno dato la notizia alla TV. All’ inizio non capii cosa fosse successo in un centro trapianti  della Sardegna; ricordo solo le dure parole alle quali gli speaker davano ospitalità e con le quali esprimevano lo sdegno di molti per quanto vi fosse accaduto. Così, facendo zapping tra i vari notiziari digitali e non, dopo un pò compresi che parlavano di un video girato all’interno del centro trapianti suddetto, ma siccome non lo mostravano e le reazioni a questo video venivano descritte in maniera sempre più nera, chiedendomi cosa mai di così terribile avessero combinato colleghi e nurse, cominciai a cercare in rete la notizia che dopo un pò trovai, insieme al video incriminato. In pratica al Brotzu, ospedale Sardo tra i più rinomati d’ Italia, dove si eseguono trapianti d’organo, era accaduto che, “solo per farsi pubblità”, -che già detto così sembra qualcosa da pagare con l’ergastolo-, medici, infermieri, inservienti e pazienti trapiantati avevano partecipato ad un video nel quale tutti, allegri e sorridenti, in un centinaio, si lanciavano in “danze scatenate e francamente fuori luogo nell’esprimere la loro gioia per i trapianti”, (che direi, salvano anche delle vite, cosa non da poco, ma che passava in secondo piano.). Apriti cielo.

A parte la comprensibile reazione contraria e l’impressione negativa di molti parenti delle vittime che hanno dato il loro assenso alla donazione ed all’espianto d’ organi dei loro cari, e il cui desiderio di silenzio su quei tragici avvenimenti va a braccetto con i ricordi drammatici di quei giorni, reazione ripeto che rispetto e comprendo, c’è da aggiungere che ancora prima di guardare la clip, le parole con le quali veniva lapidato il video stesso, andavano da “vergognosa esibizione mediatica”, a “offensiva pantomima”, sino a “macabra visione di una gioia fuori luogo”, e così via.

Poi ho visto il video. (Che vi mostro per farvi un’idea)

All’inizio non capivo. Si vedevano colleghi e nurse lavorare sorridenti in una sala operatoria tecnologicamente avanzata, e in un ambiente lindo ed accogliente, dando un senso di grande professionalità… Poi, iniziava una musica di sottofondo, bella ed invitante, un ballabile, e, nei corridoi, ambulatori ed in ogni parte della struttura, tra i sorrisi, tanti cominciavano a ballare al ritmo della colonna sonora; ed a danzare non erano soltanto gli operatori del centro, ma anche tanti trapiantati fra loro e con medici e nurse, il tutto fatto con una dolcezza e con una gioia talmente contagiosa, che la mia iniziale ed allarmata curiosità, è scivolata presto in un sorriso compiacente, sino alle scene finali in cui tutti i partecipanti di quell’iter complesso doloroso e, quando va bene, esaltante che è un trapianto d’organi, scendevano le scale e, facendo da sfondo alla frase “Ogni giorno con l’aiuto di tutti trapiantiamo un pò di felicità nei nostri pazienti”, continuavano a ballare nella Hall del centro clinico; cosa che mi ha realmente commosso, dato che la gioia per la “mission” che portavano avanti mi aveva letteralmente contagiato, fin quasi a mettermi a ballare anch’io al suono di quella musica così “frizzante”.

Nei titoli di coda scorreva intanto l’indicazione del perche’ della realizzazione: “Spot per la sensibilizzazione ai trapianti – Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari – Reparto Urologia. Dipartimento Patologia Renale” seguito dai ringraziamenti a pazienti ed operatori tutti.  Uno spot, ripeto, che trasmette con dolcezza la felicità che può dare un trapianto riportando alla vita un paziente.

Termino col dire che mi è piaciuto molto. E, date le reazioni, viene da pensare che siamo un paese ancora fortemente provinciale, self-centered, che sa guardare solo il suo ombelico, invidioso d’imparare qualcosa di diverso dando semplicemente uno sguardo fuori porta.

PS: Infatti, chi si lamenta della eticità della realizzazione “filmica”, dovrebbe andare su youtube e guardare gli spot realizzati a decine dai tream di emergenza, di trapianti, e di terapia intensiva degli ospedali americani, australiani, brasiliani etc., dove, tra rap balli tanghi e canzoni, gli operatori ed i pazienti publicizzano una sanità che cerca di essere sana sensibilizzante ed accogliente, impegnata nel curare i pazienti, come, da Nord a Sud, è la sanità italiana, che, con tutti i suoi problemi, (vedi oggi le mobilitazione dei Medici davanti Montecitorio), ha l’orgoglio di essere ancora tra le migliori del mondo.

Savas

E’ On Line Il Nuovo Numero della Rivista Timeoutintensiva.it, il 18mo.

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Nuovo Numero: i Contenuti


Cari lettori,

è On Line il Nuovo numero della Rivista Timeoutintensiva, il 18mo.
Come tutti i numeri usciti nel settembre/ottobre degli altri anni, il numero risente della lunga interruzione estiva, fatta di letture, riflessioni, nuove idee. Quindi preparatevi ad un pout pourri di articoli intriganti, che spaziano da un argomento all’altro, e che rendono questo nuovo numero particolarmente interessante e diverso rispetto ad altri spesso a tema.
La Copertina, dedicata al rapporto tra le Nuove Neurotecnologie, studiate per migliorare la nostra salute e “qualità” di vita, e l’uso che se ne sta facendo in ambiti che al contrario limitano il nostro “libero arbitrio”, vi riporta le riflessioni scaturite dalla lettura di un articolo uscito su Neuroethics nel 2009 che, attraverso la disamina del film Minority Report, affrontava proprio questi temi.

In Focus, vi informiamo sugli studi epidemiologici condotti da un famoso mataricercatore, John P. A. Ioannidis, uno dei maggiori esperti mondiali per quanto riguarda la credibilità della ricerca medica. La domanda a cui ha tentato di rispondere nei suoi diversi articoli scientifici è sempre stata: Esiste una ricerca medica di cui possiamo fidarci, dato che essa determina le scelte terapeutiche dei medici ? Sollevando un appassionato ed interessante dibattito tra i ricercatori di tutto il mondo.
Inoltre, per noi che ci occupiamo del rapporto tra Umanizzazione della Medicina Critica e Narrazione in Medicina Intensiva, è “caduta a fagiolo” la bella Intervista a Paolo Malacarne che, nel reparto di Rianimazione che dirige a Pisa, sta tentando di coniugare l’apertura delle visite ai parenti H 24, con un approccio alla Medicina Narrativa indispensabile per migliorare la relazione di cura. E, per tenervi aggiornati sul difficile Iter della Legge sul Testamento Biologico ferma in parlamento, vi riportiamo il resoconto dell’ Audizione in Commissione Sanità del Responsabile del gruppo Bioetico della SIAARTI, dr. Gristina, svoltasi a fine settembre 2011.

Tra i “Racconti a margine” , sempre sul Fine Vita, vi consigliamo la lettura del racconto “Oggi per Domani” di Folfox4, (per gentile concessione del sito nottidiguardia.it), -segnalatoci per altro da un nostro affezionato lettore di Matera, Intensivista, Francesco Zuccaro-, nel quale un rianimatore mette nero su bianco le sue Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT),  che non si possono non condividere, anche per la toccante sensibilità e profondità di ciò che afferma. Gli altri due Racconti, Patchwork e La vita dietro quella porta blu, sono dedicati, il primo ai  “pezzi perduti” per strada (ricordate la canzone di Giorgio Gaber ?) da chi affronta il nostro lavoro nei reparti ad alta criticità, mentre il secondo guarda, con gli occhi di un neofita, all’impatto emotivo scaturito dalla visita ad un parente ricoverato in una rianimazione aperta ai familiari.

Dal bell’articolo sulle “Competenze Infermieristiche” in Nurse Science, realizzato dagli Educators dell’Ismett che curano la rubrica, passando per i due articoli scientifici in Student Corner sui problemi legati alla NIV nell’ EPAC ed al controllo della pressione della cuffia tracheale nelle VAP,  saltiamo a piè pari alla sezione della Rivista che esula un pò dal nostro Target e cioè Out of Border, nella quale ci occupiamo di cose che poco hanno a che fare con la Medicina Intensiva, ma molto col nostro interesse a conoscere altre realtà al di fuori dei nostri confini, con l’interessante approfondimento di Emilia Maggiordomo e Laura Costa che si chiedono se la poesia oggi “sia o no definitivamente morta”, affiancato dalla recensione alle tristi ed ironiche foto dei coniugi ParkHarrison sull’ambiente che abitiamo, per finire con uno tra i cortometraggi più belli prodotti in questi ultimi anni, per la regia di Genovese e Miniero, nel quale una donna denuncia il furto di tutti i suoi sogni.

Ed ancora, in Graffiti, le belle foto di Rocco Sclafani dedicate alla “Mattanza” in Sicilia, che valorizzano i nostri 150 anni dalla nascita della Repubblica.

Gli articoli scientifici segnalati in Technè sono Il meglio della Rivista del 2010, cioè gli articoli in download più letti, e in Archive, trovate gli articoli scientifici in Lingua Inglese che ci sono più piaciuti.

Infine la Musica consigliata dal nostro Ugo Sottile, i Libri e, in Spothlight, i Video, tra i quali il tutorial per potervi pubblicizzare a bassissimi costi -detraibili- sul nostro Network, facendoci una donazione, in cambio di pubblicità, attraverso il pixelfundaraising. Un vostro nobile gesto che farà sempre più interessante la rivista ed aiuterà i progetti della nostra ONLUS.

Ciao a tutti, buona lettura ed al prossimo numero:

I Curatori Editoriali di Timeoutintensiva

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Terapia Intensiva: Ma Il paziente, dopo la dimissione, non è più affar nostro?

Editoriale

Vi proponiamo un  breve ma interessante articolo dal sito Ospedaleaperto.com scritto dal dr Giuseppe Naretto, Anestesista-Rianimatore, che pone una problema che ognuno di noi operatori di cure intensive, ma anche i pazienti dimessi e chi si occupa di sanità, dovrebbe porsi.

Buona Lettura

Il paziente dopo la dimissione non è più affar nostro?

di G. Naretto (Servizio di Anestesia e Rianimazione 2 DEA dell’Ospedale S.G. Bosco di Torino)

La malattia di un paziente non si esaurisce con la sua dimissione dalla terapia intensiva. Quasi il 20% di loro muore entro un anno dal ricovero, e solo la metà dei sopravvissuti riprende la vita che aveva prima. In quasi tutti vi è un peggioramento della qualità di vita in relazione alla salute, che pur migliorando nel tempo non ritornerà al livello precedente il ricovero. Molti pazienti presentano disturbi psicofisici, come ansia, depressione, irritabilità, insonnia, dolore, debolezza, che interferiscono significativamente con le loro attività quotidiane. Vi è poi una quota, più piccola ma comunque sempre significativa di persone, che non sono più autosufficienti, dipendendo in maniera variabile da familiari e strutture.

Conoscere lo stato di salute dei pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva è doveroso innanzi tutto nei riguardi dei pazienti stessi, che si portano spesso ancora addosso i segni della malattia. Questi segni sono “l’effetto collaterale” della nostra cura, è “il costo” che hanno dovuto pagare per sopravvivere alla malattia. Ogni gesto di cura, ogni atto sanitario, deve poter essere valutato secondo il semplice e universalmente riconosciuto rapporto costi/benefici. Il beneficio del ricovero in terapia intensiva non può essere semplicemente misurato in termini di sopravvivenza. Sicuramente esso è uno degli indicatori di successo della cura, ma non è il principale e soprattutto non può continuare ad essere l’unico. Non di un atto terapeutico che ha un peso così grande nella vita di un malato.

Incontrare questi pazienti permette di dare un valore a questo “peso”; di capire un po’ meglio cosa significa per una persona e per la sua famiglia essere tanto malato da dover richiedere un ricovero in rianimazione, cosa vuol dire percepire la fragilità e la “mortalità” del proprio essere, e cosa vuol dire assistere impotenti alla battaglia intrapresa per la salvezza. La nostra presenza nella vita di queste persone è tanto breve quanto dirompente, ma soprattutto condizionerà in maniera indelebile il loro futuro.

Crediamo che la riflessione su tutti questi aspetti del nostro lavoro può aiutarci a capire quali siano le strategie migliori per offrire una medicina sempre più all’avanguardia, sempre più appropriata e personalizzata che trova nella relazione di cura un continuo stimolo di miglioramento.

da Ospedaleaperto.com