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Come Ridurre La Trasmissione Dello Stafilococco Aureo Meticillino Resistente (Mrsa) ?

Editoriale

Come Ridurre La Trasmissione Dello Stafilococco Aureo Meticillino Resistente (Mrsa) negli Ospedali per acuti e nelle Terapie Intensive?

Sono Usciti recentemente sulla rivista New England Journal of Medicine due interessanti articoli scientifici sul come ridurre la trasmissione dello stafilococco aureo meticillino resistente (mrsa) negli Ospedali per Acuti e nelle Unità di Terapia Intensiva, ma con risultati contrastanti:

- Nel primo, svolto in tutti gli Ospedali dei Veterans Affaires per acuti negli USA, sono state implementate delle misure per cercare di ridurre la trasmissione dello stafilococco aureo meticillino resistente (MRSA). Queste misure comprendevano la determinazione del germe a livello nasale di tutti i pazienti, precauzioni igieniche durante la visita e la manipolazione di pazienti carriers, il lavaggio sistematico delle mani dopo ogni visita medica e un programma di insegnamento rivolto a tutto il personale che veniva in contatto con pazienti portatori di MRSA. Durante i due anni precedenti il programma di controllo dell’infezione da MRSA, non si erano registrate differenze nella frequezna mensile di infezioni da MRSA nei vari centri VA. Dopo l’implementazione del programma, e per un periodo di quasi tre anni, la frequenza mensile di infezioni da MRSA diminuì significativamente sia per le unità di terapia intensiva che per i reparti di cure non intensive.

- Nel secondo lavoro è stata valutata l’efficacia di un programma simile, in 18 unità di Terapia intensiva per un periodo di sei mesi. In questo studio non si è evidenziata alcuna differenza tra prima e dopo l’implementazione del programma, sia per le infezioni da MRSA che per quelle da enterococco vancomicino resistente.

I risultati positivi nel primo e negativi ottenuti nel secondo studio recensito, possono dipendere dal fatto che, in questo ultimo caso, il programma di controllo dell’infezione era limitato solo ai reparti di cure intensive e non riguardava altri reparti ospedalieri, come nel primo lavoro, oltre al follow up che è stato di soli sei mesi,  forse troppo pochi per permettere alle misure prevenitive di esplicare pienamente la loro efficacia. E’ noto infatti che ci vuole tempo affinchè diventino un’ abitudine consolidata le modificazioni dei comportamenti del personale sanitario.

Credo che per una valutazioni più approfondita si richiederanno studi multicentrici che coinvolgano medici, farmacisti, infermieri, microbiologi, ricercatori… La creazione di solide prove per guidare l’uso di antimicrobici in unità di terapia intensiva può essere un esempio importante per il sistema sanitario di apprendimento sull’azione di cura, come emerge anchhe dalla discussione che su NEJM nè è scaturita.

Savas

Vi riportiamo i link ai due Lavori:

1 – Original Article

Veterans Affairs Initiative to Prevent Methicillin-Resistant Staphylococcus aureus Infections

Rajiv Jain, M.D., Stephen M. Kralovic, M.D., M.P.H., Martin E. Evans, M.D., Meredith Ambrose, M.H.A., Loretta A. Simbartl, M.S., D. Scott Obrosky, M.S., Marta L. Render, M.D., Ron W. Freyberg, M.S., John A. Jernigan, M.D., Robert R. Muder, M.D., LaToya J. Miller, M.P.H., and Gary A. Roselle, M.D.

N Engl J Med 2011; 364:1419-1430 April 14, 2011

2 – Original Article

Intervention to Reduce Transmission of Resistant Bacteria in Intensive Care

W. Charles Huskins, M.D., Charmaine M. Huckabee, M.S., Naomi P. O’Grady, M.D., Patrick Murray, Ph.D., Heather Kopetskie, M.S., Louise Zimmer, M.A., M.P.H., Mary Ellen Walker, M.S.N., Ronda L. Sinkowitz-Cochran, M.P.H., John A. Jernigan, M.D., Matthew Samore, M.D., Dennis Wallace, Ph.D., and Donald A. Goldmann, M.D. for the STAR*ICU Trial Investigators

N Engl J Med 2011; 364:1407-1418 April 14, 2011

Medicina low-cost? Sì grazie ! Interessante Articolo su NEJM

Le Idee

Medicina low-cost? Sì grazie!

Un piccolo grande articolo di due pagine sul NEJM ha suscitato una vera valanga di commenti, per lo più entusiastici.

L’autore è un pediatra della Boston University School of Medicine, Sean Palfrey, e il suo articolo parla di irresistibili tentazioni: ci riferiamo ai nuovi test, ai nuovi farmaci, ai nuovi procedimenti diagnostici che il progresso delle conoscenze scientifiche ha reso disponibili; di qui la tendenza all’esagerazione nella prescrizione di esami e trattamenti, ancor prima che “la loro importanza sia stata stabilita, la sicurezza assicurata, e il rapporto costo-benefici valutato”.

… ma il bambino, o la bambina, ha febbre e tosse: che fare? le cause possono essere molteplici e abbiamo un’ampia gamma di esami che potrebbero darci informazioni più o meno rilevanti. Ma non sarebbe meglio imparare (e insegnare) a riflettere, aspettare, osservare? Non sarebbe meglio imparare a integrare le competenze cliniche tradizionali con l’applicazione di nuovi test e terapie? Non sempre interventi più costosi sono espressione di un’assistenza sanitaria migliore. Un cambiamento necessario che deve coinvolgere tutta la comunità medica, non solo i singoli: la legittimazione a praticare una medicina più sobria deve iniziare durante l’università, deve passare attraverso una diversa formulazione delle linee guida, e bisogna insegnare anche ai pazienti che più medicina non equivale a medicina migliore.

La formula proposta da Palfrey è: “Ottimizzare la salute diminuendo i costi in ogni fase del processo”.

A dieci giorni dalla pubblicazione online dell’articolo i commenti sono 106. Ne citiamo uno: il figlio di un pediatra che si è formato in Italia durante la seconda guerra mondiale ricorda l’unico consiglio ricevuto dal padre “la differenza tra medici vecchi e giovani è che quelli giovani trattano una malattia con venti medicine, e i vecchi trattano venti malattie con una medicina”. Ma, frasi a effetto a parte, sono molte le riflessioni suscitate dall’articolo, a testimonianza dell’attualità delle questioni che affronta.

Fonte:

Palfrey S. Daring to practice low-cost medicine in a High-Tech era.

NEJM 2011 March 2, doi: 10.1056/NEJMp1101392

da Il Pensiero Scientifico On Line


Mancanza di Sonno, Procedure Chirurgiche e Consenso Informato

Dottore, ha dormito stanotte?

da quotidiano sanità.it

Dal New England Journal of Medicine arriva la proposta: “i chirurghi dicano al paziente se hanno dormito poco e questi ultimi decidano se fidarsi comunque, se scegliere un altro medico o rimandare l’intervento”.

La carenza di sonno peggiora le performance psicomotorie più dell’alcool. Così un gruppo di chirurghi e anestesiologi americani ha proposto, in un editoriale pubblicato sul New England Journal of Medicine, una misura drastica: gli ospedali non permettano ai chirurghi che hanno dormito poco – magari perché in servizio – di svolgere interventi elettivi. Se non con il consenso informato del paziente. Insomma, il medico dica al paziente se ha dormito poco e quest’ultimo decida se fidarsi comunque, se scegliere un altro medico o rimandare l’intervento. Il ragionamento degli autori dell’editoriale non fa una piega: “La carenza di sonno influenza le performance del medico e aumenta il rischio di complicazioni”, ha spiegato il primo firmatario Michael Nurok, anestesista e medico di terapia intensiva all’ Hospital for Special Surgery di New York. “È chiaro dalle rilevazioni compiute sui pazienti che questi vorrebbero essere informati se il loro medico avesse una carenza di sonno e [in questo caso] la maggior parte dei pazienti chiederebbe un altro chirurgo. Pensiamo che le strutture abbiano la responsabilità di minimizzare le probabilità che i pazienti siano operati da medici con carenza di sonno”, ha aggiunto.

Tuttavia, “questo approccio può rappresentare un cambiamento fondamentale nella responsabilità attribuita al paziente in merito alle decisioni riguardanti la propria salute che potrebbe […] incrinare il rapporto medico-paziente”. Ciononostante, per gli autori dell’editoriale, si tratta di una misura necessaria, almeno finché “le strutture sanitarie non si assumeranno la responsabilità di assicurare che il paziente non si scontri con questo dilemma”. Mettere in atto la misura, però, sarà tutt’altro che facile.

da:

- quotidiano sanità.it

Sleep Deprivation, Elective Surgical Procedures, and Informed Consent

Michael Nurok, M.D., Ph.D., Charles A. Czeisler, Ph.D., M.D., and Lisa Soleymani Lehmann, M.D., Ph.D.

N Engl J Med 2010; 363:2577-2579 December 30, 2010

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