Archivio della categoria: Articolo Scientifico

La Medicina Basata sulla Narrazione è uno Strumento Indispensabile in Terapia Intensiva

Articolo Scientifico

La Medicina Basata sulla Narrazione è uno Strumento Indispensabile in Terapia Intensiva

M.F.Sapuppo, M. Fobert Veutro, D. Bongiorno, R. Tetamo, S. Vasta, S. Matranga, F. Martorana

L’ osservazione sistematica è stato il primo strumento disponibile in Medicina per operare in modo scientifico. Il “Corpo Ippocratico ” è il primo testo che tramite l’ordinamento dei sintomi e dei segni – diretti o ricercati -ricavati dall’osservazione dei pazienti classifica le malattie. L’osservazione diventa il metodo per fare diagnosi ed operare la scelta di cura e la verifica del metodo diventa l’esito stesso della malattia.
Nasce la malattia quale entità osservabile dalla Scienza Medica, rimane il malato quale entità osservata dal Medico…
Il Medico è ancora l’interprete unico della realtà e quindi ciò che è soggettivo (l’osservazione e l’interpretazione dei sintomi e dei segni) è di per sé oggettivo e vero, cioè valido per giustificare ed operare la scelta di cura.
Successivamente, con l’avvento degli studi sulla fisiologia umana, l’osservazione viene rivolta all’organismo, non riferito al singolo malato. La verifica non consiste solo nell’esito della malattia ma anche nel risultato di esperimenti basati su modelli specifici, che fanno riferimento ad un organismo estrapolato dal malato. E’ il primo tentativo di rendere intersoggettivo ciò che appartiene al singolo Medico (l’osservazione dell’evento o del fenomeno) attraverso una verifica oggettiva e strumentale della veridicità dell’osservazione. In Medicina vengono introdotti i linguaggi della Matematica e della Fisica per ricercare con l’ausilio di un linguaggio formalizzato la norma, cioè i valori numerici di riferimento, al fine di pervenire alla certezza dell’interpretazione e quindi della scelta di cura… Continua qui

Timeoutintensiva.it, N° 0, Focus, Giugno 2006

Lo Studio del Campo Emotivo nel Determinismo dell’Azione Terapeutica.

Articolo Scientifico

Lo studio del campo emotivo nel determinismo dell’azione terapeutica.

D.Bongiorno*, M.F. Sapuppo* et AL

*Timeoutintensiva.it OpeNetwork, *Associazione i.Change ONLUS

Per cercare di comprendere come le emozioni intervengono nell’orientare l’azione terapeutica degli operatori di Terapia intensiva abbiamo iniziato il nostro studio usando, come momento privilegiato di osservazione, il momento delle “consegne” tra i Medici al cambio del turno di lavoro. Infatti, siamo partiti dall’ipotesi che questo non è solo un luogo di scambio di informazioni cliniche ma anche di emozioni…
Da questa osservazione si è rilevato che il Medico nel riferire le notizie e le condizioni cliniche dei pazienti non limita la sua comunicazione ai “fatti verificabili” clinicamente o strumentalmente, e ciò accade nonostante che la Terapia Intensiva sia una specialità altamente tecnologica. La tecnologia permette di esplorare velocemente e anche quantitativamente le funzioni vitali e consente di comprime molto i tempi diagnostici/terapeutici, e quindi di verificare spesso rapidamente ciò che si osserva o si opera.
Il Medico nella sua comunicazione riferisce soprattutto i “segni” dimostrativi, anamnestici e prognostici attribuiti e/o ricavati dalla osservazione del malato e dalla discussione con i familiari, e quindi li utilizza per confermare ipotesi ed in definitiva per giustificare le sue scelte di cura.
Ma oltre a ciò il curante, soprattutto quando vi è stata una intensa relazione di cura e di accudimento con il paziente, “espande la sua comunicazione nella supposizione di sintomi” che attribuisce verosimilmente al paziente, anche quando da questi non possono essere riferiti perché in coma o in condizioni estremamente critiche. In questi casi avviene ciò che accade nella relazione madre/figlio, in cui ad esempio la madre suppone che il figlio abbia dolore o altro. Poi il Medico, come in qualsiasi ragionamento clinico-medico, ha la capacità di dare al “supposto sintomo” valore di “segno”, e da ciò istaurare un iter diagnostico o terapeutico… Continua qui

Timeoutintensiva.it, N°0, Focus, Giugno 2006

Il Cambiamento del Concetto di Morte Valutato Secondo il Significato Psicologico del Tempo

Articolo Scientifico

Il Cambiamento del Concetto di Morte Valutato Secondo il Significato Psicologico del Tempo

M.F. Sapuppo*, R. Barbiera*, D. Bongiorno** et Alii

*II Rianimazione ARNAS Ospedale Civico Palermo
**Dipartimento Salute Mentale 1 ASL 6 Via R. Riolo Palermo
A.P.I.C.E. Selected papers. Trieste 16-20/11/2001

Forse sarebbe giusto dire che i tempi sono tre, cioè un presente che riguarda le cose passate, un presente che riguarda le cose presenti, un presente che riguarda le cose future. E questi tre tempi sono nella mente, non altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l’attesa….” Così scriveva Sant’ Agostino nelle Confessioni, ed è da queste considerazioni che ha preso avvio la nostra riflessione sul concetto di morte e “del tempo della morte e del morire” in Terapia Intensiva… Continua qui

Timeoutintensiva, N° 1, Focus, Dicembre 2006

Spazio e Tempo in Terapia Intensiva: Affrettati Lentamente

Articolo Scientifico

Il Tempo in Terapia Intensiva

Spazio e Tempo in Terapia Intensiva: Affrettati Lentamente

Diego Bongiorno*, M.Francesca Sapuppo**, Marcello Vasta*** et Alii

*Psichiatria collegamento (ASP 6 Palermo)

**II Rianimazione (ARNAOS Ospedale Civico Palermo)

*** Scienza della Costruzioni (Facoltà di Architettura, Università di Chieti)

Pesaro 18-20 Ottobre 2006 Meeting Giviti rintracciabile al sito: http://www.giviti.marionegri.it/Meeting2006.asp

“SPAZIO E TEMPO NON LI PERCEPIAMO DI PER SÉ, COME GLI OGGETTI, MA LI PERCEPIAMO CON GLI OGGETTI… SPAZIO E TEMPO SONO REALI PER NOI IN QUANTO SI RIEMPIONO DI CONTENUTI” (K. Jasper 1959)

PRIMA PARTE

Nel 1997 al nostro primo incontro interdisciplinare Diego Bongiorno, Medico Psichiatra che collabora con la nostra UO da allora, dopo averci osservato al lavoro per mesi ci propone una lettura delle riflessioni sul tempo dalle “Confessioni” di Sant’Agostino… Pur essendo preparati a molte emergenze vi lascio solo immaginare lo sbigottimento generale. Dopo la lettura una sua sola domanda: “nel vostro lavoro potete decelerare?” Ovviamente la nostra risposta immediata e corale fu: “no” Subito dopo il silenzio, la perplessità, la crisi ed allora nasce una domanda a noi stessi: “perché non riusciamo a decelerare anche quando ne abbiamo la possibilità?” Da questa considerazione è nata la ricerca sul “Tempo e la Storia in Terapia Intensiva”, ricerca in continuo sviluppo che ha coinvolto fino ad ora Intensivisti, Psichiatri, Sociologi, Matematici e che speriamo di potere arricchire con altre figure professionali. Abbiamo deciso di indagare, all’interno di una serie di incontri, inizialmente il processo che sta alla base della formazione dei concetti di tempo e di storia da parte degli Intensivisti nella specifica realtà della Terapia Intensiva (TI), e quali sono i fattori cognitivi, affettivi, ambientali, culturali, professionali che ne possono influenzare la categorizzazione.

Successivamente abbiamo coinvolto i Matematici, abbiamo voluto attraversare i saperi, cercando assonanze ed analogie in un’altra parte delle Scienze. Questo nostro agire non è stato dettato dalla volontà di ridurre a valori numerici la complessità della realtà osservata ma è stato dettato al contrario dalla volontà di moltiplicare i linguaggi, gli strumenti, i metodi per aumentare la ricchezza interpretativa dello studio (vedi seconda parte).

Da questa lunga ricerca, di cui vi esporrò solo una piccola parte, ne è venuta fuori una riflessione interessante la cui utilità non è solo speculativa, ma ci permette di comprendere il nostro funzionamento mentale ed i comportamenti, quali ad esempio ritornando alla domanda iniziale: quale è il motivo per cui a volte non riusciamo a decelerare? Cosa è utile e cosa è dannoso della nostra accelerazione?… Continua qui

Timeoutintensiva.it, N°3, Focus, Luglio 2007

News: Se si ha un Arresto Cardiaco, Meglio Trovarsi in Pubblico  

News

28 GEN 2011

Se si ha un arresto cardiaco, meglio trovarsi in pubblico

Sopravvive una persona su tre tra quanti sono colpiti da arresto cardiaco in pubblico e sono soccorsi con un defibrillatore automatico. Se l’arresto avviene a casa, soltanto uno su dieci si salva. Secondo gli autori, un’ulteriore dimostrazione, della necessità di diffondere su ampia scala la cultura della rianimazione cardiopolmonare. È questo il risultato di uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. Lo studio ha passato in rassegna i dati del più ampio registro al mondo sugli arresti cardiaci extraospedalieri (quello del Resuscitation Outcomes Consortium). 14 mila gli arresti registrati tra il dicembre 2005 e l’aprile 2007, a ciascuno di essi era associato il luogo in cui si era verificato.

I dati appaiono lampanti: per esempio ben il 79 per cento degli arresti che si verificano un posto pubblico a elevato traffico (come un aeroporto) in cui fosse disponibile un defibrillatore automatico esterno era riconducibile a una fibrillazione o tachicardia ventricolare (i due ritmi su cui lo strumento è efficace). Anomalie riscontrate soltanto nel 36 per cento di quelli verificatisi a casa.

Perché simili differenze?

Secondo un editoriale pubblicato a corredo dell’articolo, la motivazione potrebbe essere   la maggiore tempestività dell’intervento nel luogo pubblico a far sì che l’arresto sia ancora “defibrillabile”. In ogni caso lo studio conferma l’utilità della massima diffusione della cultura della rianimazione cardiovascolare e della presenza nei luoghi pubblici di defibrillatori automatici esterni (Dae).

Fonti:

http://www.quotidianosanita.it/

L’articolo Originale:

Ventricular Tachyarrhythmias after Cardiac Arrest in Public versus at Home

Myron L. Weisfeldt, M.D., Siobhan Everson-Stewart, Ph.D., Colleen Sitlani, M.S., Thomas Rea, M.D et Alii

N Engl J Med 2011; 364:313-321, January 27, 2011

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