Archivio della categoria: Racconti a margine

Cronache dal dopo DAT (Divisione acuti trapassanti). Memorie dal futuro, 2119, XXII secolo.

Racconti a Margine

Il Bello della Vita

da

Cronache dal dopo DAT (Divisione acuti trapassanti).

Memorie dal Futuro, 2119, XXII secolo.

del Prof. dr. D. El ‘Fnà

Neurotrapiantologo

Luglio 2009

RACCONTO FUTURIBILE

Cronache del XXII secolo

Nel XXI secolo la scienza della salute e della Qualità di Vita (QdV) erano ancora in mano ai laici e non agli ordini religiosi. Ma, ben presto, con l’impulso dato alla Scienza della sopravvivenza, con la Dichiarazione Universale sulla Vita come bene non negoziabile, e con gli studi che diedero un valore nettamente negativo, per la vita stessa, alla consapevolezza di essere “entità sacre con una fine”, si imboccò la strada del “non morire”, nel senso del superare lo scoglio della “non vita” con “più vita”. Lo stato aveva preso in carico l’esistere come religiosa reliquia da preservare, da non far “trapassare”, da far vivere il più a lungo possibile. I cittadini in cambio di un futuro interminabile di benessere, affidavano la propria fine all’entità stato stessa. Le strade che si intrapresero, dettero grande slancio all’intelligenza artificiale (AI), alla psiconeurofisiologia, alla genetica, alla robotica, alla cybernetica, alle nanotecnologie, alla musicoterapia, agli innesti neurali. Tali metodiche furono applicate sopratutto a quel periodo prima della fine che era chiamato dai nostri antenati “il volo dell’angelo” o il “buon volo”, riuscendo a recuperare da quell’ultimo anelito di vita la vita stessa. Fu un trionfo verso la semi-immortalità. La vita si allungò, ed agli inizi del XXII secolo si viveva sino a 250 anni e, dati i buoni risultati futuri annunciati dalla scienza della vetrificazione crioconservante, per molti, la parola “fine” fu sostituita con lo slogan “sospesi per rinascere”, in gergo popolare “Frizzati”.
La caduta aveva ora una sua propria dignità. Rallentare la perdita inarrestabile di anelito vitale era ormai invertire o controllare ed a volte prolungare l’esito dell’”ultimo volo”, decidere i suoi tempi, manipolare una psicosi da certezza della fine, dare una speranza di rinascita futura.
La cura delle gravi malattie terminali, o meglio, la ripresa (rimodulazione) dalla “Caduta dell’anelito vitale” fu affidata agli ordini religiosi, che fecero, della sopravvivenza e del trapasso sospeso, il loro punto di forza. Continua qui

Timeoutintensiva.it, N°11/12, Dicembre 2009

Racconti a Margine: L’Emergenza ed il Territorio

L’emergenza ed il territorio

racconto di Sun-Tzu

11 Marzo, 2009

dal sito: nottidiguardia.it, per gentile concessione

Ci sono posti che sono delle sacche di resistenza organizzata alla divulgazione della cultura medica. Sono roccaforti inespugnabili di obbiettori di coscienza nei confronti del pensiero scientifico e della pratica clinica più elementare. Qui si nascondono anche pochi, isolati entusiasti cultori della emergenza extraospedaliera ortodossa. Sono una minoranza, probabilmente destinata all’estinzione. Travolti da uno tzunami di inoperosi affacendamenti più prossimi allo sciamanesimo che alla medicina moderna.
Capisco che sia necessaria una frequentazione, almeno occasionale, di un corso di medicina per sapere che Glasgow non è solo una ridente località della Scozia ma, che, quando associata a Coma Scale indica diversi livelli di stato di coscienza.
Mi rendo conto che vien difficile ricordarsela come la maestra ci ricordava i vari tratti delle Alpi. Mica c’è una filastrocca in rima per il coma.
Vien da se che ogni regione o paese ne elabora una con leggere modifiche. Così che ci possa essere l’Omegna Coma Scale e con pari dignità anche la variante di Cuggiono.
Per i linguisti più puri, poco inclini all’uso dei numeri, sono disponibili scale locali più descrittive in cui il coma può essere duro o grave, ma anche barzotto, utilizzando una terminologia con licenza da classificazioni più prosaiche… Continua qui

Racconti a Margine: Viaggi Quotidiani: Mezzogiorno in Tunisia

Viaggi quotidiani: Mezzogiorno in tunisia

di Trilly

da Nottidiguardia.it

Febbraio 19, 2009

L’autunno si era ormai annunciato da qualche settimana con i suoi colori particolari: foglie gialle sugli alberi, il primo freddo e giorni di pioggia accompagnati ormai quotidianamente da temporali quasi equatoriali. Pioveva a dirotto quel giorno. Papà Nasser mi aveva chiesto una visita domiciliare per sua figlia Hergere che vomitava da un giorno ed aveva febbre alta. - A che ora viene dottoressa?- - Quando ho tempo, comunque prima di sera – gli risposi frettolosamente e forse non molto educatamente. Alle 12,30 comunque ero a casa sua. Un odore intenso, di spezie africane inondava la casa, il vapore del cibo che bolliva nella pentola aveva appannato tutti i vetri. Mi tolsi il cappotto. Il tepore della cucina mi accolse insieme al sorriso aperto e riconoscente di Nasser. La bambina era sdraiata sul divano: il viso pallido, un po’ sofferente… Continua qui

Timeoutintensiva.it, N° 14, Racconti a Margine, 26 luglio 2010

Racconti a Margine: “La Finestra”, un Racconto sulla Felicità Condivisa

Racconti a Margine

La Finestra

giovedì 28 gennaio 2010

Due uomini, entrambi gravemente ammalati, occupavano la stessa stanza di ospedale. A uno dei due era permesso di drizzarsi a sedere per un’ora ogni pomeriggio per aiutare il drenaggio dei fluidi nei polmoni. Il suo letto era proprio accanto l’unica finestra della stanza. L’altro uomo invece doveva starsene sdraiato tutto il tempo sulla schiena. I due uomini chiacchieravano all’infinito: parlavano delle loro mogli e le loro famiglie, la loro casa, il lavoro, l’impegno del servizio militare, o dove avevano passato le vacanze. Ogni pomeriggio, l’uomo vicino alla finestra, quando poteva stare seduto, passava il tempo a descrivere al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori, tanto che l’altro cominciò a vivere solo per quei periodi di una ora quando il suo mondo si sarebbe allargato e ravvivato da tutta l’attività e il colore dell’universo là fuori. La finestra dava su un parco con un laghetto delizioso. Anatre e cigni giocavano sull’acqua mentre i bambini facevano navigare le loro barchette. Giovani coppie di innamorati camminavano abbracciati in mezzo a fiori di tutti i colori, mentre si poteva vedere in lontananza una bellissima vista della città. Mentre l’uomo vicino alla finestra descriveva questi squisiti dettagli, l’altro chiudeva gli occhi immaginando la pittoresca scena. Un caldo pomeriggio, l’uomo alla finestra descrisse il passaggio di una banda. Sebbene egli non potesse sentirla, poteva vederla con l’occhio della sua mente mentre il compagno di stanza vicino alla finestra gliela rappresentava con parole ricche di particolari. Giorni e settimane passarono. Un mattino, entro’ l’infermiera di turno con dell’acqua perché si lavassero, ma trovò l’uomo vicino alla finestra privo di vita, sembrava fosse morto nel sonno, pieno di pace. L’infermiera si rattristò molto e chiamò i portantini per portar via il corpo. Appena gli sembrò opportuno, l’altro uomo chiese se poteva essere spostato vicino alla finestra. L’infermiera fu felice di accontentarlo e, assicuratasi che tutto fosse a posto, lo lasciò solo. Lentamente, l’uomo si tirò su a fatica su un gomito e si sforzò pian piano per girarsi verso la finestra per guardare fuori. Davanti alla finestra non c’era che un muro bianco. L’uomo chiamò l’infermiera e le domandò cosa avesse potuto spingere il compagno scomparso a descrivere quelle cose meravigliose fuori della finestra. L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non avrebbe potuto vedere neanche il muro. Forse, disse, voleva solo incoraggiarla….

Conclusione:

C’è tanta felicità nel rendere gli altri felici, nonostante la nostra propria situazione. L’angoscia condivisa dimezza il dolore, ma la felicità, quando viene condivisa, si raddoppia.

“L’oggi è un dono, ecco perché si chiama presente”…

il racconto è preso liberamente dal gruppo Facebook che ringraziamo:

Gli Amici di Sant’Uldarico

la foto inserita ha una licenza Creative Commons FlickrCC

Racconti a Margine: “Sentinella” racconto di F. Brown

Sentinella

racconto di F. Brown

(n.d.r.: Sulla diversità ovvero: siamo “i soli” ?)

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d’anni, quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente della Galassia… crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della Galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie. Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto. Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.

E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.

Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame…

Tratto da Tutti i racconti (1950-1972), Fredrick Brown, 1992, A. Mondadori Editore.