Non Ho l’Arma che Uccide il Leone.

Books: Recensioni

Non ho l’arma che uccide il leone.

di Beppe Dell’Acqua

Hoepli Edizioni

Recensione di S. Vasta

Allla fine degli anni ‘80 e nei primi anni ‘90 ogni tanto, in rianimazione, giungeva qualche “matto” ancora ricoverato in manicomio, che in seguito a patologie gravi, insorte acutamente, (in genere per un ictus cerebrale), aveva bisogno della nostra assistenza. Con il paziente arrivava anche la sua cartella sotto forma di diario clinico giornaliero o settimanale; veri e propri libri, tomi, dove era possibile rintracciare ed immaginare la vita dei pazienti, internati per decenni. Ne ricordo in particolare una, giunta per una grave emorragia cerebrale e che nel suo “incartamento” dopo il nome cognome e generalità, dopo le “impronte”, seguiva una foto in B/N fatta di faccia e di profilo che mostrava la paziente, ragazzina, con i capelli tagliati cortissimi e ancora le efelidi sul viso, che teneva davanti a se la lavagnetta, dove, con il gesso, era scritto alla meno peggio il suo nome e cognome, come nei vecchi film polizieschi in bianco e nero; come fossero rinchiusi per colpa e non per malattia. Nell’incartamento, come motivo del ricovero di allora (anni 40) c’era scritto: “Ebefrenica; Si oppone con violenza all’autorità riconosciuta”, malattia che, approfondendo, iniziata come drammatiche discussioni con i genitori, che oggi avremmo forse definita “un temperamento vivace e critico”, poi si era trasformata in una violenta opposizione all’istituzione di cura dove era stata rinchiusa, il manicomio; (aveva tentato più volte la fuga e non rispettava nè medici nè chi la accudiva); ed esitata anni dopo in un mutismo assoluto che era durato il resto della vita, un silenzio poi definito in cartella “quasi un guarire”, “un ammendare le proprie malefatte e cattiverie”.

Scrive Basaglia nella prefazione al libro di Beppe dell’Acqua suo assistente di allora (1979):…”Lo psichiatra non riusciva a “cogliere la “voce” del suo pazzo perchè per definizione l’irrazionalità della follia è la razionalità della malattia”… Quello che voglio dire è che per noi la follia è vita tragedia tensione. E’ una cosa seria. La malattia mentale invece è il vuoto, il ridicolo, la mistificazione di una cosa che non c’è, la costruzione a posteriori per tenere celata, nascosta l’irrazionalità.”… In questo libro… “Beppe ha voluto raccontarci delle storie come le ha vissuto da psichiatra che non capiva cosa volesse dire essere psichiatra, storie di internati che gliele raccontavano dato che non capivano cosa volesse dire essere internato. Questo livello tendenzialmente paritetico ha permesso a Beppe ed ai ricoverati di fare finalmente un discorso”

“Non ho l’arma che uccide il leone” è proprio il racconto delle vite dei ricoverati del manicomio di Trieste prima durante e dopo la sua chiusura. E’ il resoconto accattivante profondo e curioso di una esperienza fatta alla fine degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80 che ha segnato profondamente tutta la “Medicina” italiana e la Psichiatria in particolare. Nient’altro.

Savas

Per Approfondimenti sul libro e sulla figura di Basaglia Clicca qui

Timeoutintensiva.it, N°8, Books, Dicembre 2008

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