Nasce Doctor’s Life Channel, Il Primo Canale Satellitare Dedicato Ai Medici E Alla Medicina
Edito dall’Adnkronos Salute sarà visibile da lunedì 3 ottobre sulla piattaforma Sky (canale 440). Oltre all’offerta informativa, fornirà ai camici bianchi un servizio gratuito di formazione a distanza accreditata presso il sistema di Ecm. Previste circa 100 ore di formazione continua con lezioni che potranno anche esser seguite da Iphone, Ipad e tablet android attraverso un sito web dedicato. E da gennaio il canale aprirà anche ai farmacisti.
Un palinsesto on air 24 ore su 24 garantirà al medico l’informazione e la formazione a tutto tondo. Vasta l’offerta: si va da programmi di informazione giornalistica – telegiornali e magazine settimanali di approfondimento sui principali eventi scientifici e di politica sanitaria – a talk show settimanali, documentari e fiction medicoscientifiche.
E ancora, i medici potranno conquistare crediti Ecm grazie all’offerta di 100 ore di formazione a distanza di cui una parte prodotta autonomamente dall’editore e l’altra realizzata in partnership con le principali strutture sanitarie italiane. Ai camici bianchi basterà sedersi davanti al televisione, assistere alla lezione e completare poi il percorso di formazione sul sito web www.doctorslife.it dove potranno effettuare le verifiche richieste dalla normativa Ecm per conquistare i crediti formativi (uno a lezione). E chi non ha la possibilità di assistere alle lezioni sul piccolo schermo? Nessun problema, si potrà accedere ai corsi anche attraverso Iphone, Ipad e tablet android. Non solo per i medici. Da gennaio Doctor’s Life aprirà anche ai farmacisti, con contenuti e una formazione Ecm ad hoc.
“Siamo lieti di un’iniziativa che si inquadra in quelli che sono i nostri obiettivi: dare un’informazione sempre più puntuale ai cittadini su come e dove curarsi. È un’iniziativa importante sia dal punto della vista dell’informazione che da quello della formazione” ha commentato sottolineato il ministro della Salute Ferruccio Fazio.
La Mela, Le Aziende Hi Tech, e il Gioco delle Tre Scimmiette
Era il 1989 quando ricevetti in regalo il mio primo computer, un Apple Classic. Allora non c’era ancora la rete, l’uso di quel computer era intuitivo, facile, non si imballava mai, aveva un ottimo sistema di scrittura, tutto era perfetto. Da allora ho continuato a comprare Apple computer seguendo i molti cambiamenti che l’azienda di Cupertino ha fatto sino ad oggi. Qualche anno fa nacque il nuovo sistema operativo Mac Os Intel e l’ iPod; poi fu prodotto il primo iPhone, uno smartphone molto avanzato come tecnologia, di fascia alta, e il tablet iPad. Ed è con la nascita di questi “gadget” che Apple nell’ottica di una scalata commerciale che oggi la porta ad essere la prima azienda informatica al mondo come fatturato, ha delocalizzato la produzione e l’assemblaggio dei suoi prodotti verso la Cina, dove i costi di produzione sono bassissimi. Ma la scalata commerciale e la delocalizazione hanno portato anche tante “mele bollenti” in casa Apple, che riguardano la salute di coloro, tutti giovani, che producono questi apparati, che, ed è con vero dispiacere che lo scrivo, ne hanno sofferto a volte in maniera irreparabile. E verso cui la Apple, spesso si è comportata come le tre scimmiette di “io non vedo non sento non parlo”. Ma come giungono nelle nostre case i “devices” Hi Tech ? Pochi di noi hanno la curiosità di conoscere la catena produttiva dei gadget che acquistiamo. Ed io, che sono un convinto assertore e sostenitore dei prodotti Apple, per dovere di verità, ve la racconto. Ed anche perchè non si può più prescindere, eticamente, dal conoscerla.
savas
All’Origine delle nuove tecnologie:
Prima però di parlare delle Mele Bollenti scoppiate, con la delocalizzazione in Cina, tra le mani della Apple, bisogna risalire all ‘origine di tutto ciò, e parlare di una sostanza usata in tutti i device di qualsiasi marca e natura, dai cellulari che usiamo alle navi spaziali, passando per i portatili e gli smartphone. Tutti contengono Columbite-tantalite (Coltan). Che rappresenta il primo anello della catena produttiva dell’Hitech.
Coltan: Da questo raro minerale si estrae il tantalio, che possiede una grande resistenza al calore e un’eccellente conduttività, per la qual ragione è imprescindibile nella fabbricazione delle nuove tecnologie. Tutte contengono Coltan. La maggiore riserva di questo materiale si trova nella Repubblica Democratica del Congo che ne possiede l’80% esistente sul pianeta, e che si trova precisamente nella zona di un conflitto, quello congolese, che ha già fatto milioni di vittime. Tutto fa pensare che dietro al conflitto ci sia anche il Coltan. La Cina è uno tra i maggiori importatori di Columbite-Tantalite. Potrebbe sopravvivere il mondo occidentale alla scarsità di coltan? La risposta è no. Andrebbero in rovina le multinazionali e si verificherebbe un collasso economico, soprattutto in presenza della crisi globale che stiamo vivendo. Ma le miniere di Coltan sono quasi tutte illegali, specie nell’uso al loro interno di forza lavoro minorile, cioè bambini: alcuni sono obbligati a lavorare nelle miniere di Coltan a una grande profondità perché sono gli unici che riescono a scendervi; migliaia di loro muoiono sepolti, di fame e per lo sfinimento. Si calcola che per ogni chilo di Coltan estratto muoiano due bambini. E tutte le multinazionali Hi Tech, di fronte a questi dati, giocano il gioco delle tre scimmiette.
Ed ora occupiamoci della Mela:
Mele Bollenti uno: N-esano*
Le Reti "Antisuicidio" Attorno alla Fabbrica
Siamo a Suzhou, ovest di Shangai: qui opera la Wintek, sussidiaria della Apple e produttrice dello schermo ‘soft touch’ dell’iPhone. Nel 2009, 137 operai cinesi vengono intossicati da un composto chimico chiamato N-esano, un solvente generalmente usato nella lavorazione della benzina, delle colle e dei solventi, ma in questo caso utilizzato per pulire gli schermi dei telefonini. L’avvelenamento provoca una Polineuropatia tossica, con dolori diffusi, stanchezza cronica, sudorazione. Molti finiscono all’ospedale, altri organizzano uno sciopero, fino alla decisione sette mesi più tardi della stessa Wintek di sospendere l’uso dell’n-esano, quando un’indagine sanitaria interna accerta che i malesseri sono dovuti al suo utilizzo. La Wintek ha così pagato le spese mediche, l’alimentazione e gli stipendi agli operai ammalati, secondo la legge cinese. Ma nessun risarcimento, sembra, sia giunto ancora dalla Apple che ha riconosciuto la responsabilità della Wintek, “vincolata – secondo il rapporto sulla corporate responsability – al rispetto del codice di condotta Apple”.
Mele Bollenti due: Foxconn
La “Foxconn International Holdings Ltd” è una azienda consociata alla “Hon Hai Precision Industry Co Ltd” (HHPD), una compagnia di Taiwan che possiede il più vasto controllo del mercato dei componenti elettronici. HHPD lavora per conto di quasi tutte le più prestigiose e potenti aziende mondiali dell’elettronica. La più estesa base produttiva della HHPD si trova a Shenzhen, in Cina. La fabbrica si presenta come una vera e propria città, viene infatti chiamata “Foxconn City”. Al suo interno vivono dai 300,000 ai 450,000 lavoratori, che vi passano tutta la loro vita giornaliera. La gran parte dei componenti assemblati e prodotti a Shenzhen sono iPod, iPhone e iPad di Apple, tanto che la “città” fu ribattezzata all’epoca con il nome “iPod City”.
Suicidi: Sino al 2010 almeno 17 dei suoi operai si sono suicidati. Fra questi la maggior parte si sono lanciati dalle finestre dei dormitori situati all’interno del quartier generale, tutti ragazzi fra i 18 e i 24 anni che, afflitti dal trattamento inumano al lavoro, hanno preferito lanciarsi nel vuoto. I lavoratori che in media non superano i 30 anni di età, e che provengono da ogni parte della Cina, alla stipula del patto d’assunzione, ricevono un letto e 1200 yuan mensili (146 euro). Il tutto per garantire la continuità del ciclo produttivo: lavorare, smontare, andare a dormire.
La Hon Hai Precision Industry Co Ltd, che controlla Foxconn, sempre nel 2010, ha così lanciato e con successo, un programma di prevenzione dei suicidi (tra cui le reti anti-suicidio che circondano la fabbrica e che vedete nella foto ), e aumentato sensibilmente i salari dei lavoratori (aumento del 70 percento dei salari annunciato dai vertici dell’azienda cinese. Da 1200 yuan, del pre-crisi, si è arrivati a toccare quota 2000 yuan (244 euro) mensili.). Ma la Students & Scholars Against Corporate Misbehaviour (Sacom), una Ong con sede a Hong Kong, denuncia come false le dichiarazioni di Foxconn. Per farlo, ha diffuso un video (che vi mostriamo) per documentare le condizioni di lavoro allo stabilimento di Chengdu, nel Sichuan, dove si produce esclusivamente per Apple (lì si assembla l’iPad). Il filmato è sottotitolata in inglese. Le riprese risalgono a marzo-aprile 2011. La Ong di Hong Kong diffonde questo video per informare, sensibilizzare le autorità cinesi di vigilanza e i i consumatori di tutto il mondo.
Come se non bastasse, nel Maggio 2011 un incendio scoppiato nella fabbrica per un cortocircuito ha avuto effetti decisamente preoccupanti sulla salute dei lavoratori, con ben 2 morti e 137 operai intossicati.
Oggi la Foxconn, sembra avere esaurito il suo potenziale di sfruttamento della forza lavoro, poiché ha annunciato un mese fa di voler far ricorso a robot per la produzione dell’iPad. Attualmente in tutto il complesso industriale sono distribuiti circa 100.000 robots automatizzati. L’aumento previsto di questa cifra è di 200.000 unità, l’obiettivo da raggiungere è infatti 300.000 robot entro la fine dell’anno. Questi dovrebbero poi diventare oltre un milione nel giro di tre anni. Attualmente l’azienda ha 1.2 milioni di dipendenti, di cui 1 milione solo sul territorio cinese. Inoltre sembra che voglia spostare il grosso della produzione (tra cui l’iPad 2) in Brasile, riabilitando e allargando alcune fabbriche locali di proprietà della Foxconn.
La Apple intanto dopo vari sopralluoghi nella fabbrica pensa, forse, di affiancare un altro partner alla Foxconn nella produzione dei suoi componenti elettronici
Mele Bollenti tre: Molleindustria
E’ di qualche giorno fa la notizia che Molleindustria, un collettivo italiano le cui produzioni si collocano a metà fra la videoludica e l’arte di opposizione, segnalava su Twitter la pubblicazione sull’Apple – App Store di Phone Story, il “primo gioco anti-iPhone per iPhone”. Nell’app il giocatore deve ripercorrere la catena produttiva che porta alla creazione dei dispositivi come l’iPhone, a partire dall’estrazione del Coltan nelle miniere illegali in Congo, fino all’assemblaggio del device presso gli stabilimenti Foxconn. Con un interessante corto-circuito socioeconomico, tutti i ricavati della vendita dell’applicazione sarebbero stati devoluti per intero alle associazioni per la tutela dei lavoratori delle fabbriche in cui gli smartphone vengono prodotti. Peccato che poche ore dopo la pubblicazione del gioco, lo stesso fosse già scomparso dall’ Apple – App Store, epurazione avvenuta a causa della violazione di quattro punti delle linee guida per gli sviluppatori.
Termino questo lungo post, con le parole di Joel Johnson scritte su wired.com: “Quando si spezza quel filo che lega il nostro consumo ai milioni di esseri senza nome che ci consentono il nostro stile di vita, ci troviamo a guardare un abisso – un futuro senza fine, su un pianeta vuoto ed esausto – veramente intollerabile.”
News: Lotta All’Aids: Un Videogame Riesce, Là Dove I Ricercatori Avevano Fallito
Accaniti giocatori sono riusciti dove ricercatori e computer avevano fallito per 15 anni: individuare la struttura di una proteina fondamentale per la trasmissione dell’Aids
Tutto è iniziato nel 2005, quando è stato lanciato il progetto non profit Rosetta@home allo scopo di determinare la forma tridimensionale delle proteine, all’interno di ricerche, che avrebbero portato alla scoperta di cure, per alcune delle più importanti malattie umane. I ricercatori statunitensi, infatti, avevano chiesto agli internauti di scaricare sul loro computer un software che, nei momenti di inattività del pc, lavorasse per determinare la forma tridimensionale di proteine ancora sconosciute, così da aiutarli nel progettare nuove proteine per combattere malattie come l’HIV, la Malaria, il Cancro e l’Alzheimer. Il successo dell’applicazione fu così grande (migliaia di volontari hanno aderito al progetto) da spingere i ricercatori a fare di più, e a coinvolgere attivamente le persone nella soluzione dei puzzle strutturali delle molecole proteiche. Considerando che le proteine sono formate da centinaia di aminoacidi, infatti, spesso i calcoli richiedono molto tempo ed è possibile che l’intuizione umana possa farne risparmiare un po’. Ecco perché, nel 2008, gli scienziati hanno creato una interfaccia al programma Rosetta@home, per permettere una maggiore partecipazione e creatività.
Così è nato Foldit, un vero è proprio videogame, in cui i giocatori, che possono riunirsi in squadre, competono nel progettare proteine o individuare la loro struttura tridimensionale. In che modo? L’applicazione mostra una prima rappresentazione grafica della struttura 3D della molecola proteica (ottenuta partendo dalla forma di proteine simili già note o da calcoli energetici), che l’utente può manipolare alla ricerca della configurazione a minor energia, che è quella biologicamente più probabile. Le loro proposte vengono quindi inviate ai biochimici per aiutarli a perfezionare i loro modelli teorici. Il videogioco era stato creato dall’ Università di Washington, negli Usa, che hanno fatto di più che rendere la scienza accessibile al grande pubblico: hanno reso il grande pubblico protagonista della ricerca.
Il puzzle è rappresentato dalla immagine 3D di una classe di enzimi chiamati proteasi retrovirali, cioè proteine coinvolte nella replicazione e proliferazione dei virus che causano l’ Aids, di cui è necessario comprenderne prima di tutto la forma. Non essendoci riusciti con la cristallografia a raggi X (il metodo più usato per determinate la struttura delle proteine, molto lento e costoso) e con gli algoritmi di Rosetta, i ricercatori hanno tentato con Foldit. “ Volevamo vedere se l’intuizione umana potesse avere la meglio sui metodi automatici”, ha spiegato su Science Daily, Firas Khatib dell’Università di Washington. E l’idea si è dimostrata vincente.
E’ stato infatti proprio giocando in questo modo che, in sole tre settimane, è stato risolto un rompicapo con il quale i ricercatori erano alle prese da ben 15 anni.
In poche settimane, infatti, i giocatori hanno generato un modello tridimensionale energicamente plausibile dell’enzima M-PMV, coinvolto nella replicazione del virus. Raffinando il modello, poi, i ricercatori hanno finalmente determinato la struttura della proteina, che si è inoltre rivelata sensibile all’azione di farmaci antiretrovirali. Perché, alla fine, è questo l’obiettivo di Foldit: svelare la forma tridimensionale delle proteine per sviluppare farmaci capaci di bloccarne l’attività. Seth Cooper, uno dei creatori di Foldit, spiega nello studio perché i giocatori sono riusciti là dove i computer hanno fallito: “ Le persone hanno abilità di ragionamento spaziale che i computer non hanno. Questi videogiochi riescono a unire la forza del cervello umano alla potenza delle macchine, e i risultati di questo studio mostrano che i videogiochi, la scienza e la computazione possono raggiungere traguardi prima impensabili”.
Foldit è, come già detto, un videogame online molto particolare, e, a suo modo, appassionante. Lo scopo del gioco è trovare la forma delle proteine. Ma cosa si vince? Se si è particolarmente bravi, anche una firma su un’importante rivista scientifica. È questo il premio che si sono aggiudicati alcuni giocatori per aver scoperto niente meno che la struttura di un enzima indispensabile alla replicazione di un retrovirus che causa la sindrome da immunodeficienza acquisita nei macachi resus. Dal momento che il retrovirus appartiene alla stessa famiglia dell’ Hiv, scoprire come sono fatte le sue proteine aiuterà anche la ricerca contro l’ Aids. Lo studio che descrive questo importante enzima è ora pubblicato su Nature Structural & Molecular Biology.
IL progetto è stato supportato da UW Center for Game Science, l’ U.S. Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), L’ U.S. National Science Foundation, The Howard Hughes Medical Institute, e dalla Microsoft Corporation
Potremmo dire in altri termini che, se il Web 2 è condivisione in rete di contenuti, con questo videogames siamo già al web 3, che è creazione di contenuti condivisi e migliorati a più mani. Una ricerca scientifica fatta con il contributo determinante di molti internauti.
Firas Khatib, Frank DiMaio, Seth Cooper, Maciej Kazmierczyk, Miroslaw Gilski, Szymon Krzywda, Helena Zabranska, Iva Pichova, James Thompson, Zoran Popović, Mariusz Jaskolski & David Baker
Nature Structural & Molecular Biology (2011) Published online 18 September 2011
Terapie Intensive: Italia: Posti letto carenti del 50%: Il Caso di Gallipoli
Premessa
- E’ sempre molto difficile parlare di sanità delle Regioni, dato che spesso poco si conosce (e in maniera approfondita) dei piani sanitari delle varie regioni d’ Italia.
- In più, ciò che veniamo a sapere sulle storture che spesso i piani regionali sanitari causano, lo apprendiamo da fonti giornalistiche spesso imprecise, che non approfondiscono nè danno riferimenti dai quali potersi fare un’idea propria.
- Se a questo aggiungete i tagli della manovra, il blocco del turn over, i tetti di spesa da non sforare, la portata della spesa possibile per ogni regione ed i piani di rientro approvati per quelle regioni “non virtuose”, tutto si complica nel tentativo di conoscere, anche dal di dentro, per quali vie si muove, in Italia, la sanità del nuovo millennio
Detto questo, fa dispiacere, dato l’enorme bisogno di posti di rianimazione che vi è nel nostro paese -(unico riferimento il censimento fatto nel 2005 dalla Aaroi-Emac a cui ci rifaremo)-, venire a sapere da fonti giornalistiche, di rianimazioni già pronte che non si aprono proprio per mancanza di fondi. Secondo gli standard Europei ci dovrebbe essere 1 posto di rianimazione ogni 7700 abitanti. In italia al contrario nel 2005 su tutto il territorio nazionale ne erano disponibili circa 3814, esattamente la metà di quelli necessari, con un deficit di 3886 posti letto.*
I fatti
La Rianimazione di Gallipoli - Foto CdS
Siamo in Puglia, a Gallipoli, provincia di Lecce; qui un reparto di Rianimazione, allestito e attrezzato da anni con una spesa milionaria, messo su all’ospedale di Gallipoli, non è mai entrato in funzione. Secondo le originarie strategie aziendali, l’unità operativa avrebbe dovuto aprire i battenti da tempo, ma questo non è accaduto, per mancanza di un finanziamento di circa un milione di euro per completare le attrezzature (fonti ASL).
Nel frattempo è sopraggiunta la crisi,e la Regione Puglia ha dato una stretta alla spesa sanitaria imponendo grossi sacrifici. Eppure l’apertura di una Rianimazione, a Gallipoli, resta ancora tra le previsioni, con otto posti letto, sei medici anestesisti, ventiquattro infermieri e quattro ausiliari. Costo totale del personale quasi 1.700.000 euro lordi all’anno che, evidentemente, la Asl dovrà reperire da qualche parte per dare corpo al suo progetto. Intanto, fiumi di denaro pubblico sono stati spesi per impianti e apparecchiature che restano spente, se non per il breve periodo necessario alle ditte installatrici a eseguire la manutenzione ordinaria.
Del resto la necessità di aprirla è quasi imperativa, dato che (censimento 2005*), in Puglia vi è 1 posto letto ogni 23.437 abitanti, che non rispetta la media europea di 1 posto letto ogni 7.700 abitanti. Tale regione dimostra, come per altro gran parte delle regioni meridionali, una carenza di posti letto per abitante di circa 1/3. Le regioni del sud Italia, infatti, sono le più penalizzate, coprendo solo un fabbisogno del 25-30 % dei posti letto necessari.
Speriamo quindi che l’apertura di questa rianimazione possa avvenire al più presto, e che le regioni, specie al Sud, privilegino nei loro piani sanitari di rientro le Emergenze, e quindi un aumento dei posti di rianimazione, la cui necessità, specie nelle isole, è dovuta alla loro bassa percentuale, che riesce a coprire solo il 17-20 % dei posti letto necessari. Ce lo auguriamo.
Euregio III: Fondi Europei: Premiata la Sanità Siciliana
La Sanità Siciliana è stata scelta per contribuire al progetto “Euregio III” con due esempi di “buone pratiche” (best practise), nell’uso dei fondi europei, per investimenti nel campo della sanità.
La selezione è stata effettuata da “Euregio III“, il gruppo di studio europeo, nato con l’obiettivo di supportare la programmazione dei fondi strutturali europei in Sanità. I progetti riguardano il miglioramento dei servizi diagnostici, e la mappatura dei bisogni, basata sull’ evidenza dei flussi epidemiologici. Sono solo sei, finora, i casi di buona prassi in Europa, che sono stati attenzionati: oltre ai due della Sicilia, la scelta è caduta anche sulla Grecia, e sullo stato federato del Brandeburgo (Germania).
In particolare, è stato apprezzato lo sforzo epidemiologico, (la costruzione dei dati e delle analisi conseguenti), per la corretta definizione delle attività di programmazione della spesa, che hanno portato all’impegno di oltre 100 milioni di euro, per l’acquisto di apparecchiature di “alta tecnologia”, e alla programmazione di una spesa di 72 milioni di euro, per interventi che serviranno a innalzare i livelli di salubrità e sicurezza.
Ed è stato lo stesso presidente di Euregio III, Jonathan Watson, a comunicare la scelta della Sicilia, con una lettera inviata all’Assessore Regionale della Salute Massimo Russo, nella quale esprime l’augurio “di poter continuare a lavorare con la Sicilia sui temi della salute e dei fondi strutturali europei”. “Un riconoscimento che ci inorgoglisce” – ha commentato l’assessore Russo, che il 22 settembre sarà a Bruxelles, invitato da Euregio III, per una presentazione – tra gli altri – dei lavori siciliani, alla presenza di rappresentanti delle direzioni Sanità e Regioni della Commissione europea, e di rappresentanti istituzionali degli altri paesi coinvolti.
È in fase avanzata di definizione, inoltre, anche il progetto per il collegamento a banda larga di tutte le aziende sanitarie, (12 milioni di euro), e si attende il parere della Commissione europea per passare alla progettazione di un intervento, che permetterà di dotare di cartella clinica elettronica, tutti i posti letto ospedalieri della Sicilia.