ECMO, Ipotermia post Arresto Cardiaco, Trapianto: Il Caso di Valerio

Medicina Intensiva e Tecnologia

ECMO, Ipotermia Terapeutica post Arresto Cardiaco, Trapianto di Polmoni: Il Caso di Valerio

Riporto la notizia come si è appresa dai giornali… ma chi conosce le tecniche Rianimatorie e lavora in Terapia Intensiva e/o si occupa di Trapianti d’ Organo può facilmente capire quanto lavoro umanità e professionalità, vi è stato dietro questo caso clinico ancora in evoluzione, sperando che il paziente possa tornare presto alla sua vita di tutti i giorni:

Valerio D. S., 24 anni, giovane receptionist di un albergo genovese, era malato di fibrosi cistica, patologia genetica che gli era stata diagnosticata a 12 anni, ma, racconta la madre, “si era aggravato negli ultimi due anni – ed a luglio di quest’anno ha avuto uno pneumotorace, cui è seguita una infezione polmonare che ha richiesto il ricovero in rianimazione al Gaslini (di Genova), dove sono stati bravissimi e hanno contattato le Molinette di Torino affinchè mio figlio fosse preparato e poi operato per un trapianto di polmoni. Non c’erano altre possibilità, nessun’altra strada da percorrere”. Da Genova Valerio arriva a Torino il 26 agosto scorso nel reparto di rianimazione universitaria diretto da Marco Ranieri , responsabile del Centro Ecmo delle Molinette: «Vista la grave insufficienza respiratoria – spiega Ranieri – lo abbiamo sottoposto a Ecmo (tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in rianimazione per i pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria acuta grave, la stessa utilizzata per i pazienti affetti da grave distress respiratorio causato dall’influenza A/H1N1) e contestualmente messo in lista per il trapianto, con codice rosso. In altre parole Valerio diventa il primo nella lista nazionale dei pazienti da sottoporre a trapianto. Si tratta “solo” di aspettare un donatore. È in questo momento che la situazione precipita: il 4 settembre il ragazzo ha un arresto cardiaco di venti minuti, un tempo limite alla vita. «Non ci siano arresi, abbiamo fatto di tutto per far ripartire il cuore – racconta Ranieri – e deciso di sottoporlo per ventiquattro ore a ipotermia» per evitare ulteriori danni cerebrali dovuti all’ipossia cerebrale conseguente all’arresto di circolo. La temperatura corporea di Valerio, tramite la tecnica della ipotermia terapeutica, è stata così abbassata e tenuta costantemente tra i 28 e i 30 gradi. In quelle 24 ore – e «questa è una circostanza davvero toccante» prosegue il primario – alle Molinette sono arrivati i polmoni da trapiantare, ma Valerio non poteva riceverli date le gravi condizioni generali. Così gli organi destinati a Valerio sono stati dirottati a un altro paziente in lista d’attesa.  Ma quando, il giorno seguente, il neurologo ha assicurato al rianimatore e al chirurgo che, grazie all’ipotermia, all’Ecmo e alla ventilazione assistita, Valerio si era svegliato senza danni cerebrali, è stato deciso di rimetterlo in lista per il trapianto. «Mi lasci dire – prosegue Ranieri – che il mio collega Rinaldi ha avuto due attributi così. In altri paesi non ci pensano neppure a tentare il trapianto su un paziente simile trattato con Ecmo e ipotermia. Ma qui a Torino da una decina d’anni abbiamo alzato l’asticella delle tecniche rianimatorie e della chirurgia dei trapianti». Finalmente un pizzico di buona sorte: dopo pochi giorni si è reso disponibile un nuovo donatore. E Valerio è stato operato con successo. «Malgrado la situazione fosse avanzata e molto compromessa abbiamo deciso di andare avanti – spiega Mauro Rinaldi – perchè abbiamo creduto che ne valesse la pena di fronte a un paziente così giovane. É stato impegnativo ma sono arrivati ottimi risultati». Ai quali forse ha contribuito anche l’inesauribile voglia di vivere del paziente.

Operato il 10 settembre scorso alle Molinette di Torino dove è ricoverato, il ragazzo è ancora intubato «ma tra tre o quattro giorni -prevede Mauro Rinaldi, il chirurgo che gli ha trapiantato i polmoni – potremo passare alla ventilazione spontanea». Significa che Valerio, potrà respirare senza aiuti, parlare con i genitori e conoscere passo dopo passo la storia del suo quasi incredibile ritorno alla vita.

Valerio quindi è stato riportato alla vita da un insieme di tecniche combinate di rianimazione (Ventilazione assistita, Circolazione Extracorporea e Ipotermia Terapeutica) più il Trapianto di Polmoni, che dimostrano quanto elevato sia il livello delle cure intensive in Italia.

Fonti:

La Repubblica

Il Secolo XIX on line

Medici E Dirigenti Del Ssn Bocciano La Manovra E Confermano La Protesta

Manovra Economica 2011

Medici E Dirigenti Del Ssn Bocciano La Manovra E Confermano La Protesta per il 13 Ottobre a Roma

15 settembre 2011

“Il mondo dei professionisti della sanità italiana conferma in maniera unitaria e compatta il suo giudizio fortemente negativo sulla manovra economica approvata in via definitiva dalla Camera. Anche i Deputati, dopo i Senatori, si sono dimostrati sordi alle proteste ed alle richieste della sanità pubblica, forse per carenza di conoscenza perché più abituati a frequentare la sanità privata.

Pur consapevoli del difficile quadro internazionale in cui la manovra è stata varata, non possiamo accettare in silenzio inique e pesanti penalizzazioni che, sommate a quelle del 2010 e 2011, fanno dei medici, veterinari e dirigenti del Servizio sanitario nazionale le categorie chiamate a pagare il prezzo più alto , in termini retributivi, previdenziali, normativi e professionali.

A cominciare dal rivolgimento delle regole Irpef per cui il contributo di solidarietà è chiesto ai soli dipendenti pubblici, in spregio di ogni principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini davanti al fisco ed al carattere progressivo della imposizione. Cui aggiungere punizioni specifiche quali:

• il prolungamento a 5 anni del blocco dei contratti di lavoro e delle convenzioni, con conseguente perdita del 20% del potere di acquisto dei loro stipendi,

• lo scippo per 2 anni del TFR, che è salario differito, in gran parte autofinanziato,

• la minaccia di una mobilità selvaggia e di una ulteriore precarizzazione degli incarichi di lavoro,

• la proroga della facoltà delle amministrazioni di pensionamento coatto, a prescindere dalla età anagrafica, spesso inferiore a 60 anni.

I nostri continui appelli all’equità dei provvedimenti e all’attenzione al valore del nostro lavoro ed alle finalità del sistema in cui operiamo sono caduti nel vuoto ed ora ci ritroviamo a fare i conti con misure che mettono a rischio anche la tenuta del sistema sanitario. Ripetere che non si è intervenuti sulla sanità significa dimenticare la sottrazione di 8 miliardi di euro e non comprendere che colpire i professionisti, che la salute garantiscono ogni giorno, significa contribuire a minare l’intero sistema, la sua credibilità e la sua sostenibilità.

Non possiamo che confermare le ragioni di una protesta che ci porterà alla manifestazione di Roma il 13 ottobre per scongiurare ulteriori attacchi alla professione e reclamare l’attenzione che il settore merita a difesa di un sistema salute che garantisca in maniera adeguata la tutela dei cittadini e la dignità professionale degli operatori.”

Fonte:

Comunicato Stampa:

ANAAO ASSOMED – CIMO-ASMD – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI – FVM – FASSID – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI – UIL FPL FEDERAZIONE MEDICI – SDS SNABI – AUPI – FP CGIL SPTA – SINAFO – FEDIR SANITA’ – SIDIRSS – FIMMG – SUMAI – SNAMI – INTESA SINDACALE – SMI – FIMP – CIMOP – UGL MEDICI


News: Ricerca: Iniettare Virus Per Uccidere I Tumori

Ricerca

Iniettare Virus Per Uccidere I Tumori

Una ricerca, appena pubblicata su Nature, dimostra, per la prima volta, che un’infusione di virus cosiddetti “oncolitici” provoca la distruzione delle cellule tumorali, senza “infettare” i tessuti sani.

I ricercatori dell’Università di Ottawa, autori del lavoro pubblicato su Nature, hanno pensato di somministrare virus per via endovenosa, con l’obiettivo di raggiungere tumori diffusi in diversi organi. Lo studio ha coinvolto 23 pazienti, tutti con forme di cancro avanzato e diffuso, insensibili alle terapie standard. Ai pazienti è stata somministrata una singola infusione endovenosa di un virus -a 5 diversi dosaggi- chiamato JX-594, un poxvirus oncolitico, derivato da un ceppo di virus del vaccino antivaioloso, e progettato per la replicazione, l’espressione del transgene e per un’azione sulle cellule tumorali ospiti che porta alla loro lisi cellulare, e ad una immunità antitumorale. Tramite un trial clinico, i ricercatori hanno dimostrato che JX-594 infetta selettivamente le cellule tumorali, si replica ed esprime prodotti transgenici nel tessuto tumorale dopo infusione endovenosa, dose-dipendente, agendo da “oncolitico”.  Questa piattaforma tecnologica apre la possibilità di prodotti multifunzionali che possono aggredire le cellule tumorali e metastatiche.

L’obiettivo, in questo studio, era quello di verificare non solo la sicurezza della cura, ma parallelamente valutare anche gli effetti terapeutici. I ricercatori hanno osservato che i virus si replicavano nei tessuti tumorali, ma non in quelli sani, e nei pazienti, che hanno ricevuto le dosi più alte, hanno visto anche una riduzione o una stabilizzazione della massa tumorale. La terapia era ben tollerata e gli effetti collaterali limitati a sintomi simili a quelli dell’influenza, che duravano meno di un giorno.

«È la prima volta nella storia medica – ha commentato John Bell dell’Ottawa Hospital Research Institute – che i virus, somministrati per endovena, si replicano in maniera consistente e selettiva nei tessuti neoplastici.». Il virus JX-594  ha una naturale capacità di replicarsi nelle cellule tumorali e può essere manipolato geneticamente in modo da aumentare le sue proprietà anti-cancro. «I virus oncolitici sono unici – ha aggiunto Bell – perché possono aggredire il tumore in molti modi, hanno pochi effetti collaterali, a confronto con altri trattamenti, e possono essere “personalizzati” e adattati a diversi tipi di cancro».

Fonti:

Nature 477, 99–102 (01 September 2011) doi:10.1038/nature 10358

Intravenous Delivery Of A Multi-Mechanistic Cancer-Targeted Oncolytic Poxvirus In Humans

Caroline J. Breitbach, James Burke, Derek Jonker, Joe Stephenson, Andrew R. Haas, Laura Q. M. Chow, John C. Bell & David H. Kirn et Alii

Sulle Gemelle Siamesi Decedute Al Policlinico Di Bologna. Obiettivo Dei Medici Era Salvarle Entrambe.

News

Sulle Gemelle Siamesi Decedute Al Policlinico Di Bologna. Obiettivo Dei Medici Era Salvarle Entrambe.

Al Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna, come avevamo anticipato sul Blog in un post precedente, da due mesi circa erano ricoverate le gemelline siamesi, che, da settimane, avevano attirato l’attenzione di tutta Italia, a causa del loro grave stato di salute. Unite per il torace e l’addome, dividevano un solo cuore e un solo fegato. Una condizione anatomica estremamente rara e complessa che ha sollevato interrogativi di ordine medico, ma anche etico. Ma Lucia e Rebecca, nate a fine giugno nel capoluogo dell’Emilia-Romagna, non ce l’hanno fatta.

La strategia seguita dai medici nell’assistere le due gemelline siamesi era farle crescere ancora, aumentare il loro peso fino a quando sarebbe stato possibile un trapianto di cuore per una delle due sorelline in modo da poterle salvare entrambe.  La decisione di provare a salvare entrambe le piccole, fu presa a fine luglio al termine di una riunione collegiale dei professionisti del Policlinico in condivisione con i genitori delle due bimbe. L’intervento di separazione si sarebbe reso necessario in una situazione di emergenza, e solo in caso di un repentino peggioramento di una delle due gemelle.

In condizioni normali e stabili la separazione non era in agenda perche’, messo in conto che una delle due gemelline avrebbe sicuramente cessato di vivere, vi erano poche possibilita’ (dato il livello non ancora sufficiente di crescita e le condizioni morfologiche delle bimbe) di salvare anche l’altra.

Le gemelline, come ha spiegato Simonetta Baroncini, direttore della rianimazione pediatrica, erano da settimane in condizioni di “stabilita’ guidata” in virtu’ delle cure intensive a cui erano sottoposte. Nei giorni scorsi era stato predisposto “un piano di sollievo” dalle cure intensive (cioe’ erano state leggermente diminuite). Poi, improvvisa, è arrivata una crisi che ha coinvolto entrambe le piccole ed ha portato il loro unico cuore a smettere di battere (6 Settembre).

I medici avevano in mente, dunque, di salvare entrambe le gemelline e di separarle in modo da renderle due individui indipendenti. Ma era ancora troppo presto per procedere al trapianto di cuore e per dividere in due parti il fegato e l’intestino in comune. Infatti, ha chiarito il direttore di cardiochirurgia pediatrica Gaetano Gargiulo, avrebbero dovuto arrivare almeno a quattro chilogrammi di peso ciascuna a fronte dei 3,7 chilogrammi raggiunti insieme. Inoltre sarebbe stato necessario renderle autonome dal punto di vista respiratorio. Ma le bimbe, non sono sopravvissute alla loro grave anomalia.

Questo caso ha comunque dimostrato l’alto grado di umanità e professionalità delle decine di medici, primari ospedalieri, intensivisti, tecnici, nurses che si sono dedicati, full time, al tentativo di salvarle entrambe , sino al dolore ed all’impotenza causati dalla dolorosa perdita. A loro va il nostro più caldo saluto.

Savas

Test di Ammissione a Medicina: La “Grattachecca” e la Deriva dello “Shibolleth”

Editoriale

Test di Ammissione a Medicina: La “Grattachecca” e la Deriva dello “Shibolleth”

Leggo su un quotidiano datato 10 settembre, del Test per l’Ingresso a Medicina sottoposto agli studenti, futuri medici, che lo hanno tentato presso la prestigiosa Università La Sapienza di Roma, e di una delle domande fatte nel test, che secondo il quotidiano suonava così: “Nei pressi del liceo Tacito di Roma si trova la grattachecca di Sora Maria, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti ?”. Così ho colmato una mia “ignoranza” medica, dato che approfondendo l’articolo ho appreso che la “grattachecca”, specifica domanda, ripeto, dei test per accedere a Medicina, è ghiaccio grattato da un blocco unico, con aggiunta di sciroppo, da noi qui al Sud più Sud, chiamata “granatina” (ma non saprei in dialetto).

Ma vuoi vedere, mi sono detto, che dopo 30 anni spesi interamente nella mia professione di Anestesista Rianimatore con una specializzazione anche in Gastroenterologia, non sapere cosa fosse la Grattachecca e dove a Roma si mangiasse, ha causato una enorme e non colmabile mancanza, nella mia cultura medica e messo in pericolo i miei pazienti ? E grande è stato il mio dispiacere, per questa mia profonda ignoranza culinaria, quando ho letto che il Rettore stesso della Sapienza ha difeso la domanda dicendo: “Era una domanda a cui avrebbe saputo rispondere anche un co…” (cretino, traduco io, non volendo ripetere la parolaccia che il giornale gli attribuisce, e che sono certo sia un refuso del giornale stesso), aggiungendo che “chi risponde bene a questi test poi, negli anni a venire, si afferma come ottimo medico”.

Innervosito da questa mia “impagabile mancanza” da “co…”, ho letto sul quotidiano, per approfondire, anche l’articolo critico di spalla, dedicato a questo argomento, scritto da quella “testa” che è Stefano Bartezzaghi, dal titolo “La Deriva della Cultura Etnica”; che, partendo dalla domanda “Tortellini in brodo o al ragù ?”, che un famoso professore emiliano faceva ai suoi esaminati per dare loro il trenta e lode, negato se rispondevano “al ragù”, mi ha spiegato che ormai in Italia siamo alla moda del “Tic Linguistico” (tecnicamente detto “shibolleth”), che identifica lo straniero quasi come un potenziale nemico. Ed allora ho pensato: “se così è, si arriverà a fare una sezione dei quiz Etnica ed a parte, in cui si chiederà, per saggiare le tante etnie, magari: “Dove si mangia ” ‘U pani ca’ mieusa ?” (il pane con la milza, specialità palermitana), e se “è fatto con le fettine di Milza o di Polmone (per trovare un aggancio con la nostra scienza) o con tutte e due (risposta multipla !); o magari ai veneti chiederanno “Come è fatta e che cos’è la “Pearà”? per sapere se sanno che è una crema di midollo di bue (midollo osseo e medicina ci sta!).

Bene, mi sono detto alla fine, se un mio paziente domani mi chiederà: “sa che cosè la grattachecca?”, finalmente gli risponderò con fare sicuro: “una granatina”, e lui saprà da che pozzo di scienza di medico è curato.

Tornando alle cose serie, credo che un test così fatto non sia altro che una lotteria, quasi un gratta e vinci della cultura, e che di medico non abbia nulla; si dovrebbe trovare una maniera diversa per testare le attitudini alla professione degli aspiranti medici. Una maniera che riesca ad indagare della tendenza più che al curare, al “prendersi cura” del nostro candidato, della sua inclinazione alla conoscenza della materia “uomo”, sia organica che psicologica ; che ci dica della umanità verso il prossimo, che lo stesso dovrebbe possedere; e infine, che ci illumini sulla sua tendenza e capacità speculativa ad assimilare ed approfondire, più che imparare, materie scientifiche mediche, ed a comprendere il dolore dell’altro e ad alleviarlo, oltre che curarne  le tante patologie che lo affliggono.

Capisco che questo mio desiderio (irrealizzabile forse) è “volare alto”, e che sino a quando ci saranno i tests, potremo sapere molto poco sulle attitudini alla professione del nostro futuro collega.

Ma, tristemente, oggi che so finalmente cos’è la “Grattachecca”, che mio padre mi faceva mangiare da bambino col nome granatina, posso dire di essere un medico migliore.

Savas

PS: Limitandoci ai Test, che io non amo, devo comunque ammettere che ce ne sono stati di serissimi, come quelli svolti presso l’ Università di Palermo