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News: Libia: Msf Ha Consegnato 22 Tonnellate Di Medicine E Altro Materiale

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Libia: Msf Ha Consegnato 22 Tonnellate Di Medicine E Altro Materiale

A Bengasi 1.800 feriti in 5 giorni, difficile accesso a ovest

Medici Senza Frontiere (Msf) da fine febbraio, cioè da quando le equipe dell’ong sono entrate in Libia attraverso la frontiera con l’Egitto, ha consegnato alla farmacia centrale di Bengasi ventidue tonnellate di materiale medico, che comprende farmaci, kit per le ustioni, materiale di sutura, fissatori esterni, fasciature. L’organizzazione fa sapere in un comunicato che medici di diverse località in Libia hanno richiesto il supporto di Msf, ma l’accesso alle zone più ad ovest resta ancora molto difficile. Msf sta inoltre considerando tutte le opzioni per trasportare altre medicine e materiali medici via terra e anche via mare. Nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Ajdabiya, nell’est della Libia, Msf è presente con un infermiere di sala operatoria che assiste i medici della struttura, come da loro richiesto dopo che i nuovi scontri a Ras La Nuf hanno provocato altri feriti. Contemporaneamente le equipe di Msf stanno portando materiali e stanno valutando la situazione in varie strutture mediche di Bengasi e in alcune località della Libia orientale. A Bengasi, le strutture mediche hanno dovuto far fronte a più di 1.800 feriti in solo cinque giorni di violenza a febbraio. Il 3 marzo, le equipe di Msf hanno visitato l’ospedale della città di Ajdabiya, a 160 chilometri da Bengasi, vicino a Brega, dove sono avvenuti gli scontri. Le equipe di Msf stanno tentano di entrare a Brega e in altre località della Libia al centro degli scontri. Dal 23 febbraio un’equipe di Msf è presente al confine fra Tunisia e Libia ed è pronta a inviare materiale medico non appena si aprirà la frontiera. Circa 94mila persone nei giorni scorsi sono fuggite dalla Libia attraverso il confine con la Tunisia. Dal 3 marzo è diminuito il flusso di persone che attraversano la frontiera, secondo Msf: da 8-14mila persone al giorno si è passati a una media di circa 2.500.
L’organizzazione ha avviato inoltre un programma di assistenza psicologica, dato che molte persone sono state testimoni o hanno subito varie forme di violenza quando si trovavano in Libia e hanno grande incertezza sul proprio futuro. A quanto viene riferito, i feriti non sono autorizzati a uscire dalla Libia, ci sono pochissimi casi di persone ferite che hanno potuto attraversare la frontiera con la Tunisia e le equipe mediche e le forniture di materiali sono bloccate sul lato tunisino. Msf sta pertanto cercando in ogni modo di trasportare, in Libia, i materiali e le medicine richieste dai medici locali.

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News: Libia: Unicef, Servono 7, 2 Mln Dollari Per Donne E Bambini 



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Libia: Unicef: Servono 7, 2 Mln Dollari Per Donne E Bambini

03 MAR 2011

Servono 7,2 milioni di dollari per rispondere ai bisogni immediati di donne e bambini colpiti dalle violenze in Libia. Questo l’appello lanciato dall’Unicef per far fronte all’emergenza umanitaria ai confini con Egitto e Tunisia.
Personale Unicef e’ gia’ stato inviato sul campo dove collabora con l’Alto commissionato delle Nazioni Unite per i rifugiati, con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e con le societa’ della Mezzaluna Rossa di Egitto e Tunisia .

Approfondimenti:

Tunisia, all’UNICEF la gestione di acqua e igiene per i profughi della Libia

News: Libia: Nell’Ospedale Di Bengasi

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Libia: Nell’Ospedale Di Bengasi

Bengasi, 26-02-2011

C’e’ tensione nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Bengasi. Ci sono ricoverati diversi sostenitori di Muammar Gheddafi feriti nella battaglia dei giorni scorsi. Tra di loro c’e’ anche “un mercenario, venuto dal Ciad”, dice un’infermiera. Ma lo dice a bassa voce, indicandolo con circospezione. Teme che se si sparge la voce, qualcuno possa venire a prenderlo. Il dottor Issa al Fathi, direttore del pronto soccorso e’ piu’ prudente. ”Non sappiamo bene chi sia. Di certo combatteva per il nostro leader”, afferma, poi si corregge, “per il nostro ex leader”. E aggiunge: “e’ ferito ad una gamba, non sarebbe neanche necessario tenerlo qui, ma e’ piu’ prudente, come e’ piu’ prudente tenere qui gli altri soldati”. Alcuni di loro sono feriti gravemente,  “sono in fin di vita. Ma noi facciamo tutto il possibile per salvarli. Siamo medici, non facciamo differenze tra i pazienti”, dice il dottor al Fathi con pudore, abbassando lo sguardo. Nella camera mortuaria invece nessuna prudenza: i corpi di due combattenti neri “sono certamente di due mercenari africani”, dice un addetto, aprendo una cella frigorifera e mostrando i cadaveri. Attorno alla cella, in terra, ci sono un decina di sacchi verdi con cadaveri. Sono di manifestanti, ma anche di soldati, dice un’infermiere: “Questi sono soldati che si sono rifiutati di obbedire all’ordine di sparare sulla folla e quindi sono stati uccisi e bruciati”, afferma aprendo la zip di due dei sacchi, dentro ci sono dei resti praticamente irriconoscibili.

Il dottor al Fathi ha fretta. Ha molto da fare, anche se l’emergenza dei primi giorni “della rivoluzione del 17 febbraio” si e’ un po’ ridimensionata. “In tre giorni – dice – abbiamo accolto 1.400 feriti, e 500 cadaveri. Ora continuano ad arrivare dei feriti per arma da taglio. Qualche caso ogni giorno. Frutto di risse con qualche sostenitore pro-Gheddafi che ancora c’e’ in giro”. L’emergenza e’ ridimensionata, ma non le carenze dell’ospedale, a cui e’ stato cambiato anche il nome, ora di chiama “dei Martiri”, come informa una tavola con la nuova dicitura inchiodata sul muro accanto al cancello di ingresso; dove sono sono state affisse anche diverse foto di “scomparsi”. Per lo piu’ ragazzi, sorridenti. “Abbiamo bisogno di medicinali, antibiotici, anestetico, filo da sutura”, dice il dottore. ”Tutti continuano a mostrare una grande solidiarieta’ con chi ha combattuto – dice con un gran sorriso e alzando le dita nel segno della vittoria – per dare vita alla Nuova Libia”.

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