Archivio della categoria: Emergenza

Ustica: Subacqueo Colpito Da Embolia Salvato Dal Trattamento In Camera Iperbarica

Terapia Iperbarica

Ustica: Subacqueo Colpito Da Embolia  Salvato Dal Trattamento In Camera Iperbarica

(Vi riportiamo, oltre all’episodio, l’elenco dei Centri Iperbarici in tutta Italia, le Linee guide Sulla Terapia Iperbarica redatte dalla Simsi, ed il link ad un racconto, per farvi comprendere come sia facile incorrere in questa patologia non essendo abbastanza preparati alla disciplina dell’immersione subacquea)

Con l’inizio dell’estate aumentano gli incidenti subacquei dovuti a cause molteplici. L’ultimo riportato dalla Stampa Quotidiana è accaduto alcuni giorni fa ad Ustica dove un sub, colpito da una grave embolia, è stato prontamente curato e guarito dal trattamento urgente in camera iperbarica:

La Notizia:

“Dopo  una serie di  immersioni ripetute nei fondali dell’isola,  una guida subacquea accusava chiari sintomi di embolia. Accompagnato presso la camera iperbarica appariva subito evidente il danno a livello neurologico. Il sub è stato sottoposto a terapia ricompressiva. Dopo circa 5 ore di trattamento il sub veniva dimesso completamente guarito. L’incidente descritto, tipico dell’attuale tendenza ad effettuare più immersioni nel corso della giornata,  trova la sua ragione nel maggiore rischio rappresentato dalle immersioni ripetute e con breve intervallo di superficie che determinano maggiore accumulo di azoto quando non sono seguite da un’adeguata decompressione.”

In precedenza altri due casi, di malattia da decompressione sono stati trattati con successo nelle camere iperbariche  dell’Azienda Provinciale Sanitaria di Palermo, che gestisce i centri di Partinico, Ustica e Lampedusa con personale sanitario esperto, mentre la gestione tecnica e’ garantita dalla ditta Sistemi Iperbarici Servizi  che si avvale di personale altamente qualificato.

La camera Iperbarica di Partinico e quella di Sciacca sono operative tutto l’anno, mentre i centri di Ustica Pantelleria Trapani e Lampedusa sono aperti dal 1 giugno al 30 Settembre.

Vi consigliamo se volete fare attività subacquea di rivolgervi ai diving dei luoghi dove andrete, che vi daranno preziose informazioni sui fondali e vi potranno aiutare per evitarvi di incorrere in pericolose Patologie da Decompressione:

Di seguito alcune Utili Informazioni:

- Per conoscere l’Ubicazione Centri Iperbarici in tutta Italia scaricate il booklet in .pdf

-Qui Trovate Un Approfondimento sulle Linee guida sulle indicazioni all’ossigenoterapia iperbarica redatte dalla Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica (SIMSI).

-Gli emendamenti alle stesse linee guida li potete trovare  Cliccando qui

-Il Racconto: Da Racconti a Margine (Timeoutintensiva.it): “40 Metri Di Fedeltà”, racconto di S.Vasta

Speriamo che tutto ciò possa essere utile a farvi una idea più approfondita di cosa sia l’attività Subacquea e i pericoli legati ad una scarsa conoscenza della stessa.

Savas

Roma: Aggredisce Il Rianimatore Che Gli Comunicava La Morte Della Figlia Della Compagna

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Roma: Aggredisce Il Rianimatore Che Gli Comunicava La Morte Della Figlia Della Compagna

Negli ultimi anni sono amentate le aggressioni verso Medici che poi si è scoperto stavano facendo solo il proprio lavoro. L’ ultima Notizia viene da Roma dal San Filippo Neri dove qualche giorno fa è stato aggredito brutalmente un Rianimatore. Ho letto tutto ciò che la stampa ha pubblicato sull’argomento, ed eccone qui di seguito un breve riassunto, confermato dai tanti articoli sull’aggressione…

I Fatti:

“Alle 19 circa del 19 Luglio 2011, la piccola paziente (11 anni) perde i sensi dopo essere uscita dalla piscina. La madre e il compagno si precipitano per soccorrerla ma la bambina, forse vittima di una congestione, è cianotica. I minuti passano in un lampo. Viene chiamata l’ ambulanza, un medico tenta la rianimazione con il defibrillatore, ma le condizioni della bimba sono disperate. L’ ospedale più vicino è il San Filippo Neri, l’ ambulanza con la bimba intubata ci arriva in pochi minuti. «La paziente – spiegano dall’ azienda ospedaliera – è giunta alle 19.18 priva di coscienza in arresto cardiorespiratorio. Nella sala emergenza del pronto soccorso c’ erano il medico d’ urgenza e l’ anestesista rianimatore con tutta l’ équipe, preavvisati dal 118. Per un’ ora e 50 minuti, senza interruzioni, sono state praticate tutte le manovre rianimatorie, già iniziate dal 118, secondo i protocolli, ma tutti i tentativi sono stati vani». Fuori, in corridoio, ci sono la madre – che ha altre due figlie – e il compagno. Piangono, si disperano. Il medico, accompagnato da due colleghi e da una guardia giurata, si avvicina per comunicare loro che la piccola non ce più. Una notizia terribile, la peggiore di tutte, data – secondo la direzione dell’ Azienda Ospedaliera – «secondo i canoni etici». Ma in casi come questi i «canoni» si scontrano con il dolore e con reazioni imprevedibili. E così il patrigno perde il controllo. Si avvicina, chiede spiegazioni. «Sei tu che cercavi di rianimarla?», chiede, ma non aspetta la risposta del medico: gli assesta una gomitata al volto, gli spacca un labbro, e quando il dottore si affloscia sul pavimento, l’ uomo lo prende a calci. E non la smette più. Alla scena assistono i colleghi del medico e il vigilante. Poi arriva la polizia. Trauma cranico e ferite al volto: il dottore ne avrà per 20 giorni.” (tratto da Quotidiano Sanità, l’articolo tra i tanti più aderente ai fatti accaduti)

Che il rapporto tra Medici ed Utenza si stia rapidamente deteriorando sempre più, è sotto gli occhi di tutti, ma quello che colpisce di fronte ad un fatto del genere, è che il pensiero e la “pietas” che si deve avere per quel povero corpo di 11 anni su cui sono certo i medici si sono accaniti per poterla riportare in vita senza riuscirvi, viene “macchiato” da un fatto violento che molti quotidiani riportano come assolutamente gratuito e prolungato dopo la prima gomitata, forse comprensibile, anche se anch’essa, non giustificabile. L’accanimento con cui il parente si è avventato sul medico dimostra la frattura, che sta divenendo oramai insanabile, tra pazienti e loro familiari da una parte, e le strutture che li accolgono; là dove invece un atto di comprensione del fenomeno, un venirsi incontro reciproco, a cui si dovrebbe formare il cittadino insieme al medico, è sempre la maniera migliore per evitare inutili atti di violenza verso chi per quasi due ore ha tentato di riportare in vita una povera bimba ormai morta, a cui va il nostro primo pensiero come anche al dolore della sua famiglia. Ma altrettanto vicino ed appassionato, da parte nostra, è il pensiero che va al nostro collega rianimatore, così immotivatamente aggredito, ed a cui va tutta la nostra solidarietà. I Rianimatori la cui preparazione e professionalità in tutta italia ci è riconosciuta da molti, non stanno lì per uccidere la gente come forse credeva il patrigno, stanno lì per cercare nei limiti del possibile, delle loro competenze non onnipotenti, di salvare il paziente che arriva tra le loro braccia. Sono formati per anni ed anni per far questo. Forse, e non mi sembra eccessivo parlarne, si dovrebbe fare come in America o nei paesi di lingua anglosassone, dove alle manovre di Rianimazione iniziano a far presenziare anche i parenti. Basta cercare in rete, e ci si accorgerà che cominciano a comparire decine di lavori sull’argomento, così da tentare di eliminare il Gap di estraneità e diffidenza tra chi è curato, la sua famiglia, e chi cura.

Un pensiero sentito alla povera piccola paziente, alla sua famiglia che ne piange la perdita, ed un altrettanto sentito saluto al nostro collega Rianimatore con l’augurio di riprendersi presto e tornare a fare il suo essenziale ed insostituibile lavoro.

Savas

Approfondimenti:

La Presenza Dei Familiari Durante La Rianimazione Cardio-Polmonare E Altre Manovre Invasive

Gabriele Prati 1, Massimo Monti 2
1 Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, 2 Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Bologna -Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia -Supplemento B, Psicologia © PI-ME, Pavia 2010 2010; -Vol. 32, N. 3: B43-B49, http://gimle.fsm.it.

La storia del manichino Annie

La Storia del Manichino Annie

Il suo volto, uguale in tutto il mondo, è quello di una donna parigina del 1800

Tutti quelli che hanno fatto un corso di pronto soccorso, o rianimazione (Bls, Blsd, Acls etc) simulato su manichino, conoscono il suo volto: i manichini su cui esercitarsi hanno tutti la stessa faccia. Si tratta di una donna, il cui nome nessuno conosce, annegata a Parigi, nella Senna, alla fine del diciannovesimo secolo. Dopo il ritrovamento del suo cadavere, nessuno era in grado di identificarla, così le autorità hanno fatto un calco della faccia, per conservarne la memoria e permettere un riconoscimento postumo. Nessuno si presentò, ma la sua storia intanto era diventata una sorta di esercizio per artisti e scrittori della capitale francese, che avevano provato a ricostruire con l’immaginazione le circostanze della sua morte. E’ stato ipotizzato di tutto, anche  se molte storie giravano intorno allo stesso tema: un amore finito male, un suicido.

Nel 1958, la Laerdal Company ha scelto proprio il suo volto per i manichini usati durante gli esercizi di rianimazione. Il proprietario della società infatti riteneva che le prove sarebbero state più efficaci se svolte su un volto e un corpo credibili e a dimensioni naturali. In questo modo, la donna ha avuto di nuovo un nome, anche se probabilmente non quello che aveva in vita. Per tutti e per sempre è diventata Resusci Annie.

Dalla Newsletter del Sabato – 18 Giugno 2011 – del Gruppo Facebook Associazione i.Change ONLUS

La Presenza Dei Familiari Durante La Rianimazione Cardio-Polmonare E Altre Manovre Invasive

La Presenza Dei Familiari Durante La Rianimazione Cardio-Polmonare E Altre Manovre Invasive

Gabriele Prati1, Massimo Monti2

1 Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna

2 Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Bologna

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Supplemento B, Psicologia © PI-ME, Pavia 2010 2010;

Vol. 32, N. 3: B43-B49 http://gimle.fsm.it

La presenza dei familiari durante la rianimazione cardio-polmonare e altre manovre invasive è stata dibattuta sin dai primi anni ’90. Nonostante la presenza dei familiari sia poco accettata nella pratica sanitaria, già a partire dalla metà degli anni ’90 molte associazioni professionali americane hanno cominciato a supportare l’idea che sia consentita ai familiari la possibilità di rimanere con i loro cari durante le manovre assistenziali. L’obiettivo di questo studio è di identificare le procedure, le preferenze e le pratiche esistenti fra operatori sanitari dell’emergenza e della terapia intensiva… Per Continuare a leggere Clicca qui

Timeoutintensiva.it, N° 16, Technè Aprile 2011

News: Pronto Soccorso: Indagine Sulle Vere Criticità. Le Proposte Del Ministero Della Salute  

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Pronto Soccorso: Indagine Sulle Vere Criticità. Le Proposte Del Ministero Della Salute

Anaao e Assomed hanno affiancato Cittadinanzattiva-Tdm nello svolgimento di un’indagine sulla qualità e la sicurezza dei Pronto soccorso in Italia.

L’indagine del Tdm riguarda 70 pronto soccorso sui 100 giunti, per il 18,5% provenienti dal Nord, per il 31,5% dal Centro (escluso il Lazio), per il 35,7% dal Lazio e per il 18,5% dal Sud. E ad emergere, innanzitutto, è proprio “l’esiguo numero di personale, che si riduce nei giorni festivi e nelle ore notturne. Personale medico e paramedico competente ma non quantitativamente adeguato rispetto ai frequenti accessi”, rileva il Tdm. I tempi medi di attesa per l’accesso al triage variano da un da pochi minuti ad un massimo di 30 minuti, ma una volta attribuito il codice, i tempi si dilatano enormemente. Per i codici gialli (più gravi) possono raggiungere le 5 ore, per i codici verdi anche 12. Ma ci sono tanti altri aspetti da migliorare. Anche a livello strutturare. Su 24 pronto soccorsi, si sono trovati da un minino di due ad un massimo di 10 malati in piedi in attesa. Gli ambienti sono sovraffollati nel 40% dei casi, con barelle aggiunte (in media 5 per pronto soccorso monitorato,  mentre scarsi sono i posti letto di osservazione, che devono essere aggiunti nel 21,5% dei Pronto soccorso. Fuori dal Pronto soccorso, nel 24,3% dei casi, ci sono ambulanze ferme in attesa di riconsegna della barella in dotazione del mezzo di soccorso. Dentro, intanto, nel 37,7% dei casi i malati in attesa da oltre 6 ore per un ricovero/ assegnazione posto letto. Ma i tempi di attesa, in caso di assegnazione di posto e di necessità di osservazione breve, possono addirittura superare i 3 giorni. Bocciato anche l’esame della privacy: nella maggior parte dei Pronto soccorso le persone vengono chiamate per nome o non vi sono spazi adeguati per garantire la riservatezza. Scarsa la comunicazione.

Secondo Assomed Anaao e Cittadinanza Attiva TDM il Pronto Soccorso esplode perché “il territorio non riesce a rispondere alla domanda di salute e di emergenza così come servirebbe. I posti letto attualmente disponibili sono comunque pochi rispetto alla reale necessità dimostrata dagli accessi. E vi è sopratutto una reale mancanza di personale:”

Intanto sembra sia andato bene l’incontro tra il ministro della Salute e i sindacati medici della dipendenza e delle convenzioni convocato per discutere la riforma del sistema di emergenza-urgenza. Obiettivo principale lo spostamento sul territorio dell’assistenza per i codici bianchi e verdi. I medici hanno condiviso il target ministeriale sottolineando, però, come vi sia l’esigenza di maggiori risorse di personale. Inoltre, i camici bianchi hanno insistito sul fatto che bisognerà procedere in un’ottica di sistema per far luce sulle cause reali del caos nei Pronto Soccorso e scioglierne i nodi a 360°.

IL comunicato dei sindacati:

“RIDURRE I CODICI BIANCHI E ADEGUARE GLI ORGANICI”

“Le Organizzazioni Sindacali della dirigenza medica e della medicina convenzionata hanno condiviso le linee di intervento esposte dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio nell’incontro che si è svolto oggi in merito alla riorganizzazione del sistema di emergenza-urgenza. In modo particolare è stato condiviso l’obiettivo di ridurre l’afflusso dei codici bianchi e verdi attraverso una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, ma anche la necessità di lavorare in un’ottica di sistema.

Il vero problema dei Pronto soccorso oggi è l’eccesso di domanda di ricovero soprattutto nell’area medica per cause epidemiologiche e demografiche cui si è accompagnata negli anni una progressiva riduzione del numero dei posti letto per acuti e di personale dedicato, specie nelle Regioni soggette ai piani di rientro”.

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