Il Tai Chi Chuan Efficace Anche Per Lo Scompenso Cardiaco
Il Tai chi chuan (si scrive anche Taiji quan) è prima di tutto un’arte marziale e in quanto tale la sua pratica costante determina il miglioramento dell’equilibrio, della coordinazione e della stabilità posturale, ma anche il potenziamento della funzionalità cardio respiratoria e il miglioramento della mobilità delle articolazioni. In Occidente è praticato e conosciuto anche come “ginnastica dolce” dato che non impegna eccessivamente nè la struttura muscolare né la funzione cardiorespiratoria, è efficace per migliorare la qualità di vita e l’umore nei pazienti con scompenso cardiaco. A sostenerlo è uno studio pubblicato sugli Archives of Internal Medicine una delle riviste dell’American Medical Association.“Storicamente, i pazienti con deficit cronico della funzione contrattile del ventricolo sono stati considerati non idonei all’attività fisica e, dai tardi anni 80, il divieto di attività fisica è diventata una raccomandazione standard per questi pazienti”, hanno spiegato gli autori. I ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center e dell’Harvard Medical School di Boston, hanno valutando l’efficacia dell’impiego della tecnica per 12 settimane in 50 pazienti confrontati con un gruppo di controllo. Al termine dello studio i pazienti che si erano sottoposti alle sessioni di Thai chi presentavano una migliore qualità di vita e maggiore convinzione di essere in grado di svolgere attività fisica. “In conclusione, gli esercizi di Tai Chi, una tecnica corpo-mente multicomponete, è sicura e ha buoni tassi di aderenza. Inoltre contribuisce ad aumentare l’attività fisica quotidiana, la qualità di vita, l’auto-efficacia e l’umore in pazienti fragili con scompenso cardiaco”, hanno concluso gli autori che hanno sottolineato la necessità di una valutazione più ampia di questi interventi.
Libia: Le Bombe Non Proteggono I Civili, A Misurata Continua Il Massacro, Emergency È Costretta A Lasciare Il Paese. Il racconto. L’Italia ha attaccato oggi la Libia con i Tornado.
Il Comunicato di Emergency
Negli ultimi giorni i combattimenti sono arrivati alle porte dell’ospedale. L’ospedale, i suoi pazienti e i medici che li curano sono diventati un bersaglio della guerra. Per questa ragione lunedì 25 aprile la direzione sanitaria ci ha dato l’ordine di evacuare. I sette membri del team di EMERGENCY sono in questo momento in viaggio verso Malta in attesa di poter riprendere l’intervento umanitario in Libia.
Misurata dimostra ancora una volta la vera faccia della guerra. I civili e il personale umanitario sono privi di qualunque protezione.
EMERGENCY chiede all’ONU di negoziare un cessate il fuoco e garantire un corridoio umanitario per soccorrere la popolazione civile.
(25 aprile 2011)
Antonio Molinari racconta le difficoltà dello staff di Emergency per lasciare Misurata. Il porto bombardato più volte.
Dopo aver ricevuto dalla direzione sanitaria l’ordine di evacuare dalla zona, l’equipe di Emergency ha raggiunto Malta. La testimonianza di Antonio Molinari, membro dello staff di Emergency, testimone dei bombardamenti.
“Nella notte fra il 24 e il 25 aprile ci sono stati bombardamenti molto pesanti. Misurata è sempre stata sotto bombardamento, da quando la nostra équipe è arrivata nella città, ma durante quella notte abbiamo avuto la netta sensazione che fosse successo qualcosa di diverso. Il giorno dopo abbiamo scoperto che i bombardamenti avevano superato la linea del fronte ed avevano colpito le zone dove vivono i civili. Questo ci ha fatto pensare che tutte le regole fossero saltate. Nei giorni precedenti i combattimenti fra lealisti e ribelli erano localizzati in aree precise. Quella mattina abbiamo capito che qualcosa era cambiato e che nessuna zona di Misurata era al sicuro. E per questo abbiamo deciso di lasciare l’ospedale e andare verso il porto, dove ci avevano assicurato la presenza di una nave che sarebbe salpata dopo qualche ora.
Dopo aver preso accordi con il capitano è iniziato un forte bombardamento con lancio di missili Grad sulla banchina, dove era ancorata la nave. Ci siamo spaventati perché i colpi caevano proprio lì dove eravamo noi, oltre al fatto che non riuscivamo a capire da dove arrivasse l’attacco, anche se immagino arrivasse dalla zona ovest della città, quella dove ci sono le truppe lealiste.
A quel punto siamo stati portati in una zona più sicura, meno soggetta a attacchi diretti. Dopo un’ora abbiamo nuovamente provato ad avvicinarci al porto ma c’è stato un altro attacco. Da lì siamo ripartiti per raggiungere un’altra zona, dove siamo stati nascosti in un garage. Lo scopo era stare fermi lì in attesa che la situazione migliorasse. Dopo una mezz’ora ci hanno comunicato che la nave stava partendo e di corsa ci siamo diretti al porto dove siamo riusciti a imbarcarci. Non appena abbiamo lasciato il porto abbiamo assistito al terzo bombardamento sul porto di Misurata. Per noi è stata la conferma che da quel giorno in avanti potevano esserci attacchi in qualsiasi zona di Misurata.
Ieri, siamo arrivati a Malta e ci hanno confermato che il porto è stato attaccato nuovamente. E pare che gli attacchi siano stati pesanti e sulla banchina dove attraccano le navi commerciali, i cargo, che in sostanza sono quelle che ci hanno consentito di arrivare fino a Malta.
(25 aprile 2011)
da Peacereporter. net
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Chernobyl 26 Aprile 1986 – 26 Aprile 2011: 25 Anni Dalla Tragedia Di Chernobyl
Chernobyl Il Reattore Nucleare
A 25 anni dalla tragedia di Chernobyl un ricordo delle vittime ed un monito per il futuro.
Un quarto di secolo dopo il disastro alla centrale nucleare di Chernobyl, la situazione dell’ambiente radioattivo all’interno dell’attuale sarcofago sopra il reattore distrutto, rimane critica. Così nelle parole di Igor Gramotkin, direttore generale della società che gestisce l’impianto atomico di Chernobyl. Nella giornata di ieri, Gramotkin ha preso parte al convegno internazione “25 anni dopo Chernobyl: La sicurezza nel nome del futuro”. “Una parte rilevante della struttura interna dell’attuale sarcofago è ancora inesplorata. Negli ultimi anni, gli addetti ai lavori hanno esaminato poco più del 60% dei locali all’interno del sarcofago, mentre il resto sono inaccessibili a causa delle macerie o degli alti livelli di radiazioni. L’assenza di informazioni sulla situazione del combustibile nucleare che ancora si trova tra le macerie rappresenta oggi uno dei rischi più gravi”, ha detto. Secondo una valutazione degli esperti, circa il 95% del combustibile, del peso di circa 200 tonnellate, con l’attività complessiva di 15 milioni di curie, è ancora coperto dalle macerie. La costruzione potrebbe migliorare dopo la costruzione del nuovo sarcofago che sarà realizzato per mettere in sicurezza il sito per almeno 100 anni.
Salute
La Città Fantasma di Pripiat, allora Abitata da 50.000 persone
Il rischio di cancro alla tiroide è molto più elevato nei cittadini bielorussi che al momento dell’incidente nucleare di Chernobyl non avevano ancora raggiunto la maggiore età. Lo ha dichiarato Alyaksey Akiyanaw, direttore del dipartimento per le Radiazioni e di Epidemiologia dell’istituto internazionale Andrei Sakharov di Minsk, nel corso di una conferenza che si è tenuta martedì scorso nella capitale bielorussa. “L’incidente del cancro alla tiroide in questa categoria di persone è 15 volte più alta rispetto agli altri bielorussi”, ha detto Akiyanaw. Inoltre, la sua incidenze tra i bambini è maggiore di circa 200 volte rispetto a quella del periodo prima del 26 aprile 1986, giorno dell’incidente, e sono significativamente aumentati anche i tassi di altre patologie tiroidee. “L’intera popolazione è stata colpita, i tassi di cancro in Bielorussia hanno cominciato a salire quattro anni dopo l’incidente, due anni prima rispetto a Russia ed Ucraina. Venti giorni dopo l’incidente, le autorità hanno iniziato la campagna per la distribuzione dello iodio alle persone… Ma era troppo tardi, poiché le loro ghiandole tiroidee avevano già assorbito la varietà radioattiva. Questo incidente nucleare è stato la causa anche dell’aumento dei tassi di altri tipi di cancro, tra cui quello al seno, nelle donne che vivono nelle zone contaminate”, ha detto.
Il Ruolo dei Medici nella Lotta Partigiana, Video.
Parlare di Venticinque Aprile 1945 è parlare della liberazione dal Nazi-fascismo e quindi della Resistenza Par-tigiana. Qualcosa che qui al Sud non è stata mai molto sentita. Quindi ricordare la lotta Partigiana è riportare alla memoria anche i molti Medici impegnati in prima linea a combattere e curare. Stefano Pronti per esempio, ha dedicato uno studio sui Medici Piacentini nella Resistenza, scrivendo che è “un aspetto nascosto della Resistenza Piacentina.”
“Nel Piacentino infatti Il Comando Unico Partigiano ordinò la trasfor-mazione del Preventorio Chiapponi, nel comune di Bettola, in Ospedale per assistere i feriti. Fu un lavoro duro, in molte località nelle scuole furono allestite infermerie per i primi soccorsi ai partigiani combattenti. Non si scriverà mai abbastanza su questi medici per l’opera prestata in condizioni igienico-sanitarie primitive, senza strumentazioni per interventi chirurgici, con scarse scorte medicinali, ma sorretti da una grande volontà.” Stefano Pronti tratteggia la figura di Dino Laudi, la sua cattura e il suo sacrificio; “è stato un uomo eccezionale che non può essere dimenticato, perchè la sua opera, la sua fede nella giustizia, i suoi grandi ideali di umanità dovrebbero essere ricordati nelle scuole piacentine. Parlare di come lavoravano questi numerosi giovani medici usciti da poco dalle Università, con poca professione ha del fantastico”. Questi erano i medici partigiani. E ce ne erano in tutte le brigate e nelle Brigate Partigiane Yougoslave. Per non parlare oltre confine dei Medici Olandesi che si opposero all’invasione Nazifascista.
Un altro Medico da ricordare è Felice Cascione (Imperia, 2 maggio 1918 – Alto, 27 gennaio 1944) partigiano e medico italiano, eroe della Resistenza, che morì in uno scontro con i fascisti, e per questo fu insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. È noto anche per aver composto il testo della canzone Fischia il vento, uno degli inni del movimento partigiano di liberazione dal nazi-fascismo, la cui musica è quella della canzone russa Katjuša. Attivo antifascista sin dal 1940, Cascione, l’anno dopo la laurea conseguita nel 1943, si affianca alla madre nella guida delle manifestazioni popolari a Imperia per la caduta del fascismo. Dopo l’8 settembre, Cascione raccoglie infatti un piccolo numero di giovani e nella località di Magaletto Diano Castello anima la prima banda partigiana dell’Imperiese. Guida i suoi ad azioni vittoriose, ma lui, definito da Alessandro Natta “bello e vigoroso come un greco antico”, non tralascia mai di prestare soccorso ai montanari delle valli da Albenga ad Ormea.
Morì il 27 gennaio 1944, crivellato di colpi, a soli 26 anni in un’imboscata Nazifascista.
Ecco le motivazioni della Medaglia d’oro al valor militare di cui fu insignito:
«Perseguitato politico, all’annuncio dell’armistizio iniziava l’organizzazione delle bande partigiane che sotto la sua guida ed al suo comando compirono audaci gesta per la redenzione della Patria. Arditi colpi di mano, atti di sabotaggio, azioni di guerriglia sulle retrovie nemiche lo videro sempre tra i primi, valoroso fra i valorosi, animatore instancabile, apostolo di libertà. Ferito in uno scontro contro preponderanti forze nazifasciste rifiutava ogni soccorso e rimaneva sul posto per dirigere il ripiegamento dei suoi uomini. Per salvare un compagno che, catturato durante la mischia, era sottoposto a torture perché indicasse chi era il comandante, si ergeva dal suolo ove giaceva nel sangue e fieramente gridava: « Sono io il capo ». Cadeva crivellato di colpi immolando la vita in un supremo gesto di abnegazione.»
Il comando della brigata che guidava, prese poi il nome di Divisione Garibaldi “Felice Cascione”. All’indomani dell’uccisione di Felice Cascione per mano fascista, Italo Calvino aderisce, assieme al fratello Floriano, alla seconda divisione d’assalto partigiana “Garibaldi” intitolata allo stesso Cascione.”