Tecnologia e bioetica: una nuova morale per il mondo moderno
“Se un essere soffre
non esiste alcuna giustificazione morale
per rifiutare di prendere in considerazione
tale sofferenza”
“Fatti di cronaca finora impensabili mettono a dura prova i modi tradizionali di pensare la vita e la morte, e il confine che le separa. Questo libro propone esempi estremi e analisi coraggiose dei problemi pratici posti dai progressi della medicina e della genetica.
Secondo Peter Singer, filosofo e autorità mondiale nel campo della bioetica, non è possibile affrontare i temi cruciali della definizione di morte, dei trapianti di organi, dei limiti da porre all’aborto e alla fecondazione artificiale, dell’eutanasia, se non ci si sbarazza della vecchia morale per costruirne una nuova adatta ai tempi e alle circostanze…”…
“Globalizzazione e Malattie Infettive: termini che, ad un primo esame, sembrano essere storica-mente antitetici ma che, ad una lettura più attenta, presentano molti punti in comune e, nella loro evoluzione, una reciproca influenza, come cercheremo di dimostrare in questo articolo.”
Sarà Possibile In Futuro Leggere La Nostra Mente, E Nella Mente Di Comatosi E Vegetativi ? Dubbi e Implicazioni. Video
Nell’Ultimo Numero di Timeoutintensiva.it mi sono occupato di Neuroetica e di Tecnologie Mindreading, cioè di quelle tecnologie attrraverso le quali oggi si tenta di Leggere la mente. Nell’articolo al quale vi rimando,“Neuroetica:MinorityReport, le Neurotecnologie “Mindreading” ed il Libero arbitrio”, riportavo ad un certo punto le parole di Nikolas Rose proprio su queste tecnologie e scrivevo:
“Negli ultimi decenni, vi è stato uno spostamento nel guardare alla mente e al cervello, come “coestensive”, e le nuove tecnologie come la Tomografia Computerizzata (nel 1960), La Tomografia Computerizzata ad Emissione Singola di Fotoni (SPECT), la Tomografia ad Emissione di Positroni, la Risonanza Magnetica (nel 1980 ) e, più recentemente, la Risonanza Magnetica Funzionale hanno segnato alcuni progressi nel “vedere” il cervello “vivere”. Nikolas Rose, Professore del James Martin White of Sociology, e Direttore del LSE’s BIOS, Centre for the Study of Bioscience, Biomedicine, Biotechnology and Society, UK, afferma, a questo proposito che, “la maggior parte di coloro che fanno uso di queste tecnologie, scrivono come se ora fossimo in grado di visualizzare l’interno del cervello umano e di osservarne la sua attività in tempo reale, in quanto pensa, percepisce, risponde emotivamente, e desidera; come se si potesse vedere la ‘mente’ in attività nel cervello mentre “vive”. E’ stato riportato che un gruppo di neuroscienziati del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences hanno, per esempio, recentemente annunciato una tecnica, usando scansioni cerebrali ad alta risoluzione, che essi sostengono renda possibile la capacità di guardare “dentro” il cervello dei soggetti, al fine di leggere le intenzioni della persona. Più in concreto, l’US Department of Homeland Security sta già testando una serie di sensori e tecnologie di imaging che leggono la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e respiratoria come “segni dell’ inconscio”, invisibile ad occhio nudo.” Studi che sono portati avanti e voluti fortemente dai think-tank militari e di intelligence del nostro mondo per essere usati più che a finalità biomediche, a scopi spionistici e militari. Cosa che fa nascere grossi problemi etici che ho affrontato nell’articolo su riportato.
Poi sul Sole 24 ore on line del 6 ottobre 2011 è uscito un articolo dal titolo “Guarda cosa penso (o quasi)” di Martin Monti che si chiedeva: è possibile guardare nella mente di qualcuno e sapere cosa stia pensando? Riportando uno studio appena pubblicato su «Current Biology», nel quale un gruppo di ricercatori della University of Berkeley, California, ha mostrato che è possibile ricostruire, a partire da registrazioni dell’attività cerebrale, quello che una persona sta vedendo. «Utilizzando sofisticate tecniche computazionali, stiamo creando un vocabolario che ci consenta di tradurre immagini in attività cerebrale e viceversa», spiega Jack Gallant, coautore del lavoro. Il gruppo ha osservato le attivazioni neurali di tre volontari sotto risonanza magnetica funzionale mentre guardavano brevi estratti di alcuni filmati. Queste attivazioni sono state mandate a un computer che, utilizzando opportuni algoritmi, ha “imparato” la corrispondenza fra determinate immagini, come la presenza di un volto, e la risposta cerebrale. Così, quando successivamente i tre volontari hanno guardato dei nuovi filmati, il computer ha potuto ricostruire ciò che vedevano a partire dalla sola attività cerebrale. Questa nuova tecnologia apre le porte a una migliore comprensione di come il cervello riesca a trasformare un mondo esterno, dinamico e ricco di informazione, in rappresentazioni interne. Lascia inoltre intravedere potenziali applicazioni in campo clinico, soprattutto nell’ambito di pazienti con gravi lesioni cerebrali. Una delle più grandi sfide di fronte a pazienti di questo tipo è poter valutare quanta attività cerebrale sia ancora intatta, e se questa attività sia sufficiente a dar luogo a uno stato di coscienza. Questa tecnologia potrebbe in futuro consentirci di stabilire, almeno per quanto riguarda le immagini visive, il livello di funzione cerebrale di pazienti paralizzati, non coscienti o con altre patologie che impediscono loro di esprimersi. Ma quello che questa tecnologia non ci consente di sapere è se a questa attività cerebrale corrisponda uno stato di coscienza fenomenologica, cioè la presa di coscienza di un’immagine e le sensazioni che vi si accompagnano.
In aggiunta Adrian Owen, grande “ricercatore dei misteri della mente”, ha cercato di rispondere alla domanda che molti si fanno sul fatto se sia possibile comunicare con le persone in coma, e sembra, a detta sua, che questo interrogativo abbia finalmente trovato una risposta. Gli studiosi dell’Addenbrooke’s Hospital di Cambridge e dello University Hospital of Liege, in Belgio, hanno infatti scoperto che le persone in stato vegetativo permanente non soltanto potrebbero essere in grado di capire cosa gli si sta dicendo, ma anche di seguire le indicazioni per pensare a determinate cose.
Durante gli esperimenti, infatti, ai 16 pazienti ospedalieri coinvolti nello studio, è stato chiesto di immaginare movimenti della mano destra e delle dita. Lo stesso test, è stato condotto anche su 12 persone sane.
Le onde cerebrali sono state registrate attraverso l’elettroencefalogramma (Eeg), con elettrodi applicati sulla testa che captano l’elettricità dei neuroni che si attivano, e quindi l’attività cerebrale. Dei 16 pazienti in coma, 3 hanno immaginato in modo ripetuto e affidabile, come sottolineato dai ricercatori, i movimenti della mano e delle dita, nonostante fossero, dal punto di vista comportamentale, completamente insensibili.
Come ha dichiarato il dottor Adrian Owen, che ha curato lo studio:
“I nostri risultati dimostrano che l’Eeg è in grado di identificare la coscienza “nascosta” nei pazienti in stato vegetativo permanente con un grado di precisione molto elevato. Si tratta di una tecnica molto economica e pratica, che potrebbe un giorno essere impiegata per stabilire una routine di comunicazione a “due vie” con il paziente.”
Fino ad oggi, infatti, si riteneva che il paziente in stato vegetativo sentisse lo stimolo, ma non fosse in grado di produrre una risposta. Lo studio, perciò, rappresenta un tassello importante della ricerca riguardo a un tema estremamente delicato come quello del coma anche se svolto su un numero minimo di pazienti. Ed il battage pubblicitario che gli si è dato dimostra quanto questi studi siano considerati il futuro della ricerca medica sulla possibilità del “Leggere la Mente”
E allora viene da chiedersi: E’ arrivato il momento in cui i nostri pensieri non saranno più privati e potranno esserci letti e/o estratti contro la nostra volontà? Per la scienza di oggi cercare di leggere la mente umana è un po’ come cercare di leggere un libro di cui conosciamo a mala pena la lingua con un paio di occhiali sfuocati.
Sottolinenado, come si legge tra le righe di queste ricerche, che queste tecniche lontano dall’essere risolutive del problema presentano il difetto di fondo di essere ancora troppo giovani e non controllate nè confermate. Un pensiero è un pensiero un’area attivata cerebrale è un’altra cosa. Come si può dire infatti e con certezza, da una serie di spikes in un Eeg, che il paziente ha immaginato e soprattutto cosa abbia immaginato ?
Impiantato per la Prima Volta In Italia, a Pisa, “Argus II”, L’occhio Bionico Che Ridà La Vista Ai Non Vedenti. Video
L’Ospedale Universitario di Pisa ha effettuato, per la prima in Italia, una operazione di impianto di protesi retinica, restituendo in modo parziale la vista a un non vedente. Il dispositivo impinatabile, chiamato Argus II, è composto da elettrodi che sono collegati direttamente alla retina e che ricevono le immagini da una microcamera montata su un paio di occhiali speciali. L’intervento, è arrivato dopo una sperimentazione durata 9 anni. Gli occhi del paziente dovranno aspettare due settimane per riprendersi dall’intervento e per abituarsi alla protesi. Al termine di questo periodo di tempo Argus II potrà finalmente essere attivato e calibrato. Successivamente comincerà la riabilitazione, un passaggio necessario che permetterà al paziente di ottenere la migliore visione funzionale possibile.
“Sono molto felice di poter offrire in Italia per la prima volta in assoluto questo trattamento approvato per la cecità causata dalla retinite pigmentosa. Spero che possa incoraggiare gli affetti da questa condizione a cercare consigli medici negli eccellenti centri ospedalieri europei, come quello che abbiamo qui a Pisa. È meraviglioso che la medicina ora possa fare qualcosa per i non vedenti”, ha dichiarato il Dottor Stanislao Rizzo, a capo dell’equipe di chirurghi che ha condotto l’intervento.
Circa 1,5 milioni di persone in tutto il mondo sono affette da retinite pigmentosa, e una persona su 10 oltre i 55 anni d’età soffre di degenerazione maculare. Entrambe le malattie causano una degenerazione delle cellule della retina che trattano la luce, nella parte posteriore dell’occhio e che poi muoiono a poco a poco.
Questa nuova invenzione, un “occhio bionico impiantato nella retina tramite un chip” potrebbe aiutare a ripristinare la vista di milioni di persone non vedenti.
Ma qual è il segreto di questo dispositivo rivoluzionario?
L’Argus II è un sistema che utilizza una telecamera che alimenta di informazioni visive degli elettrodi impiantati sulla retina. I pazienti che hanno testato versioni meno avanzate dell’impianto odierno erano in grado di vedere la luce, le forme e il movimento.
I nuovi dispositivi lavorano tramite l’ impianto di una serie di minuscoli elettrodi nella parte posteriore della retina.
Una macchina fotografica è usata per catturare immagini, e un’unità di elaborazione, delle dimensioni di un piccolo computer palmare e indossato su una cintura, converte le informazioni visive in segnali elettrici. Questi vengono poi inviati a degli occhiali e in modalità wireless a un ricevitore posto appena sotto la superficie della parte anteriore dell’occhio, che a sua volta invia le informazioni agli elettrodi impiantati nella parte posteriore. L’intero processo avviene in tempo reale.
Gli Impianti di prima generazione, erano dispositivi a bassa risoluzione. Terry B., 58 anni, in California è stato dotato di un impianto nel 2004, dopo essere divenuto cieco a causa di una retinite pigmentosa nel 1993.
“All’inizio è stato come vedere dei puntini assemblati – ora è molto più di questo,” ha detto. “Quando sono a piedi lungo la strada posso evitare i rami bassi perchè posso vedere i bordi dei rami”. Mr Byland è anche in grado di distinguere altre forme. ”Non riesco a riconoscere i volti, ma li vedo come un’ombra oscura,” ha detto.
Il nuovo impianto inserito a Pisa ha una risoluzione superiore ai dispositivi precedenti. Ed è anche molto più piccolo, circa un millimetro quadrato, che facilita l’intervento chirurgico che deve essere fatto per impiantare il dispositivo.
“In pazienti critici in ventilazione meccanica, il controllo continuo della pressione della cuffia tracheale mediante un dispositivo pneumatico riduce la microaspirazione del contenuto gastrico e l’incidenza di polmonite associata a ventilazione (VAP), secondo uno studio randomizzato condotto in Francia.
In una e-mail a Reuters Health, il dottor Saad Nseir, dell’Unità di Terapia Intensiva presso il Calmette Hospital di Lille, ha dichiarato: “L’attuazione di questa misura dovrebbe essere considerata, in unità di terapia intensiva con alti tassi di VAP”. In un articolo pubblicato sul Am. J. Respir. Crit. Care Med, pubblicato online l’11 agosto il dottor Nseir e colleghi mettono in evidenza che sotto-e sovra-inflazione della cuffia tracheale sono comuni. Entrambi sono intesi come fattori di rischio per microaspirazione di secrezioni orofaringee contaminate, contenuto gastrico e VAP.
IL Dr. Nseir e colleghi hanno calcolato l’impatto di controllare costantemente la pressione della cuffia tracheale sulla microaspirazione del contenuto gastrico in 122 pazienti che sarebbero stati tenuti in ventilazione meccanica per almeno 48 ore attraverso un tubo tracheale…”…