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“A Casa come in Ospedale”: All’ ISMETT di Palermo il Progetto “Home Monitoring”

Progetti Sanitari

“A Casa come in Ospedale”: All’ ISMETT di Palermo il Progetto “Home Monitoring”

Ricevere cure, attenzioni, dialogare con medici ed infermieri rimanendo comodamente a casa. Nasce “Home Monitoring ISMETT”, un progetto di telemedicina che consente ai pazienti dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) di Palermo di interfacciarsi da casa con lo staff clinico del Centro ed ai medici di ISMETT di tenere sotto controllo e monitorare le loro condizioni di salute. Il progetto è stato finanziato nell’ambito dei progetti Obiettivo del Piano sanitario Nazionale 2010 (Linea progettuale Assistenza Domiciliare) promossi dal Sevizio di programmazione  ospedaliera dell’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana. Nasce con l’intento di dimostrare che l’utilizzo di nuove tecnologie e nuovi modelli di cura è possibile anche in condizioni cliniche molto particolari e complesse, come quelle che si presentano nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato nell’immediato periodo post-operatorio

Attraverso un dispositivo che ha la forma di un piccolo computer ed è fornito di videocamera integrata, microfono, casse per videochiamate interattive e corredato di devices elettronici per la rilevazione a domicilio dei parametri vitali, il paziente può interagire con medici, coordinatori di trapianto, terapisti e psicologi dell’Istituto. L’apparecchio è infatti collegato con un’interfaccia online accessibile al personale sanitario. Il dispositivo, prodotto da INTEL, è di semplice utilizzo anche per le persone che non hanno conoscenze informatiche. Il sistema permette di eseguire la misurazione periodica dei parametri vitali e la loro registrazione automatica sul sistema; di effettuare sessioni di videoconferenza (“tele-visita”) con il personale sanitario di riferimento; di rispondere a questionari e di visualizzare materiale multimediale che aiuta il paziente stesso a  seguire con maggior precisione il suo programma di cura.

Il progetto – attualmente pilota ed unico in Sicilia – ha avuto inizio nel luglio dello scorso anno e coinvolge al momento i soli pazienti siciliani, dimessi da ISMETT dopo l’intervento di trapianto di fegato.

I vantaggi del progetto sono molteplici:

  • migliorare la qualità di vita dei pazienti che possono essere seguiti direttamente a casa loro anziché spostarsi in ospedale;
  • offrire ai medici le informazioni necessarie per tenere sotto controllo la situazione delle misure effettuate dal paziente in tempo reale, senza necessariamente dover impiegare tempo per una visita dedicata;
  • contribuire a ridurre i costi della sanità grazie a ricoveri più brevi ed un monitoraggio costante.

“L’obiettivo – spiega Giovanni Vizzini, Direttore del Dipartimento di Medicina di ISMETT –   è quello di spostare il più precocemente possibile l’assistenza ai pazienti dagli ospedali al loro domicilio, senza pregiudicarne la qualità anzi possibilmente migliorandola. Al momento i pazienti arruolati nel progetto sono venticinque, consecutivamente dimessi dal nostro Istituto dopo l’intervento di trapianto di fegato. I nostri risultati preliminari sono molto confortanti e confermano la bontà di questo tipo di approccio, sia in termini di sicurezza dei pazienti che in termini di miglioramento della loro qualità di vita.  Contiamo nel corso dei prossimi mesi di offrire l’opzione della tele-assistenza anche ai pazienti trapiantati di polmone e ai portatori di VAD (il cuore artificiale, ndr)” .

Fonte:

ISMETT

“Oltre La Terapia Intensiva Aperta” di S. Livigni

Le Idee

“Oltre La Terapia Intensiva Aperta”

di Sergio Livigni

Direttore Terapia intensiva dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino

Cercherò di spiegare perché ritengo che l’apertura di una Terapia Intensiva non significhi soltanto “la razionale riduzione o abolizione di tutte le limitazioni non motivatamente necessarie poste a livello temporale , fisico, relazionale” (Giannini A. Open Intensive care units:the case in favour. Minerva Anestesiol 2007 73: 299- 305), o meglio, perché ritengo che questa riduzione o abolizione sia necessaria, ma non sufficiente.

Il mio ragionamento parte dal principio morale utilitarista per cui ogni azione deve avere il fine di ottenere il massimo di utilità per tutti o per il maggior numero di individui interessati e dal rifiuto del paternalismo medico, cioè dell’atteggiamento secondo cui il medico conosce il bene del proprio paziente e può scegliere al suo posto proprio come un padre di famiglia conosce il bene dei suoi figli e sceglie per loro.

Nella pratica clinica non distinguo il sentire del medico/operatore sanitario da quello del paziente o del familiare, ma considero il medico/operatore sanitario anche paziente e familiare.

Spero di non essere troppo contorto nel ragionamento: ciò che può modificare il mio modo di agire (l’agire medico in questo caso) è la conoscenza delle conseguenze generate dall’azione che mi accingo a compiere o ad evitare, valutando le diverse posizioni dei soggetti interessati; nel caso della Terapia Intensiva cerco di eliminare tutte le limitazioni individuate da Giannini perché so che l’apertura della Terapia Intensiva segue un principio morale corretto.

Quali sono gli individui interessati? I pazienti, i familiari, gli operatori sanitari. Qualcuno ha un diritto maggiore, c’è un conflitto di diritti o di doveri? Il rispetto del diritto non risponde al principio morale utilitarista?

Assolutamente no! Continuare a mantenere chiuse le Terapie Intensive significa negare un diritto: il diritto alla giusta comunicazione, alla giusta relazione, il diritto alla presenza degli affetti più cari, il diritto di scelta, diritti di ognuno di noi.

Non si può continuare ad ignorare le maggiori raccomandazioni della letteratura scientifica per la buona pratica clinica: a tutti sono noti i concetti di decisioni condivise, attenzione comunicativa, consenso informato, l’importanza del supporto spirituale, dell’educazione del personale, quanto la presenza dei familiari durante manovre di rianimazione, l’assistenza, prima, durante e dopo un decesso. Dobbiamo accettare tutto questo e riconoscerne la giusta dignità per la cura del paziente.

Stabilita la necessità di quanto sopra siamo comunque in difetto perché ci limitiamo soltanto ad un aspetto del diritto.

Il diritto del paziente è molto più ampio: il medico non può compiere qualsiasi atto senza un consenso né evitare di dare informazioni; il medico deve riconoscere la sovranità del paziente sul proprio corpo e sulla propria vita.

Come sostiene Maurizio Mori “…E’ l’interessato che deve scegliere ciò che intende sia fatto sulla propria persona. In questo senso, il consenso informato determina due conseguenze importanti:

a. Il passaggio di titolarità decisionale, che prima spettava al medico mentre ora passa all’interessato;

b. Il riconoscimento che l’interessato ha sovranità sul proprio corpo e sulla vita ad esso connessa, punto che giustifica il passaggio di titolarità decisionale….”

A questo punto il modello terapeutico si modifica completamente; se comprendiamo ed accettiamo questo cambiamento possiamo dire di avere abbattuto tutte le barriere e scoperto o meglio riscoperto il significato della cura.

Ecco perché ritengo che si debba andare oltre… La cura non può terminare al momento della dimissione, ma deve continuare nel tempo, oltre le diagnosi e le terapie, in una continua ricerca della Persona più che della patologia.

Fonti:

Ospedaleaperto.com

Racconti a Margine: “In Morte del Padre” di Daniela Thomas

Racconti a Margine

“In Morte del Padre”

di Daniela Thomas

“…Era colpa mia se mio padre era morto. Io avevo aperto la porta alla morte, di questo ero certa. E non ero riuscita a morire al suo posto come, senza che lui lo sapesse, gli avevo promesso. Non ero stata brava come lui avrebbe voluto. Non sarebbe mai stato orgoglioso di me. Per me non era più possibile la vita. Non avrebbe mai saputo di cosa ero davvero capace. Era l’unica persona che mi capisse davvero, nonostante fossimo in perenne conflitto…”

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Timeoutintensiva.it, N°14, Racconti a Margine, 26 Luglio 2010

Racconti a Margine: “Suicide” di S. Vasta

Racconti a Margine

Suicide

di Salvatore Vasta

“Si era fermata là sul viadotto nel buio. Nel punto più alto. Col freno a mano tirato era scesa, abbandonando le luci lampeggianti, e con gesti decisi, meticolosa si era tolta le scarpe, il paltò, si era raccolti i capelli con due giri di elastico e sistemata la gonna.
Scavalcare e buttarsi giù fu un tutt’uno, un tuffo più che un capitombolo. Per panorama a testa sotto il pilone le luci il buio vuoto. Giù per 110 metri, nel nero più profondo per 5, 6… forse 10 secondi di caduta libera. Circa 40 piani di palazzo.
Giù, sino alle braccia forti e stagionate di un vecchio padre, come quando dall’altalena saltavo tra le braccia del mio di padre…”…

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Timeoutintensiva.it, N° Zero, Racconti a Margine