Su Bmj e su Dottprof.com sono usciti due interessanti articoli che introducono il concetto di Crisi per quanto riguarda la Medicina Basata sulle Evidenze essendo essa troppe volte condizionate da distorsioni e interessi di ogni tipo.
Vi riportiamo una sintesi dell’interessante articolo che potrete leggere cliccando sui link dei riferimenti a fondo pagina.
“Il simbolo della E-bM (Evidence Based Medicine, La Medicina Basata sulle Evidenze)– che inizialmente era una specie di cubo di Rubik che evocava una difficilmente riducibile complessità – è diventato per molti la cosiddetta “piramide delle evidenze”, che per anni è stata modificata per adeguarla – prima che alle esigenze di chi l’approccio alla medicina basato sulle prove dovesse comprenderlo per poi adottarlo – alle aspettative di un mercato editoriale sempre in cerca della “soluzione” migliore per “fare” la E-bM. Chi volesse un ripasso della gerarchia delle prove è sufficiente sappia che nella gran parte delle piramidi il gradone alla base è fatto dagli editoriali pubblicati dalle riviste scientifiche; salendo troviamo nell’ordine case report, studi osservazional e sperimentazioni controllate randomizzate. La “crisi” della medicina basata sulle prove è nella crisi di questa piramide e una conferma è venuta dal punto di vista di Des Spence sul BMJ* che tanto clamore ha suscitato. A ben vedere indicava soprattutto i limiti del prendere decisioni basandosi sulle “migliori” evidenze laddove anche queste prove sono solo teoricamente “migliori”, troppe volte condizionate da distorsioni di ogni tipo. A vent’anni dalla nascita, la E-bM deve avere il coraggio di mettere in discussione la certezza che un “tipo” di documento sia più affidabile di un altro… In definitiva, il valore e l’affidabilità di una evidenza lo determina la discussione tra i ricercatori che hanno condotto lo studio, la comunità scientifica e i cittadini. Per questo in cima alla piramide delle prove dovrebbero stare Facebook e Twitter, quali potenziali, simbolici strumenti di confronto e di dialogo su qualsiasi tipo di evidenza. La qualità del social web migliorerà, ma già oggi è lo spazio che dà più garanzie di democrazia e di equità.”**
E’ durato 12 ore il Blocco e La Messa in Sicurezza del sito Timeoutintensiva dopo l’attacco Hacker che abbiamo subito. Le cause e le motivazioni le conosceremo successivamente.
Al Momento Sito e Blog Sono On Line
Grazie e Speriamo gli Attacchi ad un sito No Profit non si ripetano
Ieri 19 Febbraio 2014 alle ore 22:55 il Sito Timeoutintensiva è stato attaccato dagli Hacker ed è stato da SeeWeb, Server dove è Posizionato, Bloccato e Messo in Sicurezza. Al Momento E’ On Line Solo Il Blog.Timeoutintensiva, che essendo su piattaforma WordPress non è stato colpito. Sono in corso già gli accertamenti e le aventuali riparazione che lo riporteranno al più presto on-line. Ne Sarete Informati.
Come immaginiamo una tragedia ? Come rappresentarla con un mezzo immediato come la fotografia ? Quali sono le fantasie che si rincorrono nella nostra mente, quando cerchiamo di immaginare un paese colpito da un disastro, quello di Bhopal nel 1984, che sino ad ora ha fatto 20.000 vittime ?
A queste domande rispondono le fotografie di un fotografo Magnum, Raghu Rai, massimo esponente della fotografia indiana, i cui scatti sembrano dare una risposta esaustiva a queste domande.
“Basta guardare le sue foto sulla tragedia di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh, dove, il 2 dicembre 1984, alle prime ore del mattino si scatena uno tra i più drammatici disastri chimici della storia: quaranta tonnellate di gas letali fuoriescono dalla fabbrica di pesticidi della Union Carbide. La mattina dopo l’incidente Raghu Rai si reca sul posto e realizza un reportage in bianconero sulle vittime della tragedia. Le immagini che scatta sono sconcertanti, piene di paura e morte. Al terzo giorno dall’incidente ottomila persone erano decedute per l’esposizione dei gas. Oggi, si calcola siano ventimila le vittime innocenti di questa tragedia umana e più di mezzo milione di sopravvissuti vivono in condizioni di salute precarie a causa degli effetti della nube tossica. Raghu Rai da allora segue questa vicenda. Nel 2003, a diciotto anni dalla tragedia, per conto Greenpeace torna su quei territori dove la catastrofe non ha smesso di lasciare tracce tossiche, dove ancora si beve l’acqua irrimediabilmente inquinata e ci si ammala. (1) ”
La Cronaca è Nota. Tania Priola, 18 anni, del quartiere Brancaccio di Palermo, in Sicilia, per settimane non aveva curato un ascesso dentale. Un dolore che pensava di poter sopportare, trascurando la patologia, forse anche per motivi economici. Ma che alla fine le è costato la vita. E’ morta venerdì scorso all’Ospedale Civico del capoluogo siciliano. L’ascesso era degenerato in una “fascite“, un’infezione che parte dalla bocca per diffondersi fino al collo. In seguito alla Fascite si era instaurata una Sepsi. I medici della 2a Rianimazione del Civico di Palermo hanno tentato di tutto per salvare la ragazza già arrivata alla loro osservazione in condizioni gravi. La procura di Palermo ha aperto un’inchiesta sul decesso della giovane. Sin qui la cronaca derivata dalla lettura dei giornali ma che sarà la magistratura a dirimere.
Noi vorremmo tentare di chiarire al pubblico la natura di questa patologia insidiosa che si chiama Sepsi e di cui è morta la giovane, per sensibilizzare su una patologia poco conosciuta che fa tanti morti ogni giorno.
Il termine sepsi (dal greco σήψις, “sēpsis”, putrefazione) o setticemia indica una malattia sistemica, la risposta dell’organismo (sotto forma di SIRS, Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica) all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni. Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi.
La sepsi, che può derivare da una malattia infettiva mal curata anche in soggetto sano, si instaura prevalentemente in pazienti critici, immunocompromessi e anziani. Si stima che ogni anno nel mondo circa 20 milioni di pazienti ne vengano colpiti. Negli Stati Uniti i nuovi casi di sepsi sono stimati essere 750.000 ogni anno, con un’incidenza che è probabilmente destinata ad aumentare dell’1,5% all’anno per l’invecchiamento della popolazione. L’incidenza nell’Unione Europea è di circa 90 casi di sepsi per 100.000 abitanti.
Sempre negli USA riguarda l’ 1%-2% di tutti i ricoveri e fino al 25% dei letti disponibili nelle Unità di Terapia Intensiva (ICU), rappresentando la decima più comune causa di morte, secondo i dati del 2000 dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (“Centers for Disease Control and Prevention”). A causa della sua natura particolarmente aggressiva e multifattoriale, la sepsi conduce rapidamente a morte e costituisce la principale causa di decesso nelle terapie intensive non coronariche di tutto il mondo, con tassi di letalità che vanno dal 20% per la sepsi, al 40% per la sepsi grave, ad oltre il 60% per lo shock settico: cumulativamente, nel mondo muoiono per sepsi circa 1400 persone al giorno.
Diagnosi e trattamento precoce sono azioni essenziali, ma si deve intervenire anche sulla prevenzione, assicurando il controllo delle infezioni mediante l’applicazione di linee guida riguardanti alcune procedure invasive (inserimento di cateteri venosi, tecniche di ventilazione artificiale ecc.). Anche un controllo stringente dei pazienti durante il periodo post-operatorio con un continuo monitoraggio clinico diventa un’ intervento di fondamentale importanza. Gli eventi infettivi che poi evolvono in sepsi possono essere neutralizzzati in modo significativo mediante questi e altri provvedimenti. E’ inoltre importante sensibilizzare l’opinione pubblica su questa sindrome insidiosa ma non abbastanza conosciuta nella sua gravità e che spesso viene considerata una complicanza ineluttabile di alcune malattie. Sensibilizzare i cittadini significa maggiore attenzione sul problema da parte delle istituzioni. In particolare dobbiamo lavorare sulla prevenzione della sepsi, controllando il rischio di infezioni ospedaliere che possono causarla, facilitare la sua diagnosi precoce, gestire la terapia avvalendosi anche di altre competenze specialistiche. E’ necessario a tal fine intensificare la formazione/informazione degli operatori, favorire un approccio multispecialistico e multiprofessionale, vigilare sulla corretta gestione della diagnosi e delle terapie, verificando la corretta adozione delle linee guida non solo nelle terapie intensive ma anche in altri reparti. E’ importante inoltre misurare la sua diffusione mediante il calcolo di specifici indicatori ed adottando sistemi di monitoraggio clinico in grado di identificare precocemente la sindrome. Uno dei problemi da affrontare per una gestione adeguata del paziente settico è il ritardo nell’assegnazione del trattamento corretto che fa seguito alla diagnosi. Si è dunque recentemente creato un grande progetto di collaborazione internazionale per far conoscere la sepsi e per migliorare l’ outcome del paziente settico, nominato “Surviving Sepsis Campaign”. Tale organismo ha già pubblicato un articolo di revisione (review) basato sull’evidenza: sono delle linee guida sulle strategie per la gestione della sepsi grave e dello shock settico, con l’idea di pubblicare una serie completa di linee guida nei prossimi anni. L’applicazione in Italia di tali linee guida è in studio in alcuni reparti di Medicina d’Urgenza e di Terapia Intensiva; una delle più ampie casistiche europee è quella raccolta all’Ospedale delle Molinette di Torino. Ogni anno, il 13 Settembre, si festeggia la Giornata Mondiale di Sensibilizzazione sulla Sepsi.