Archivio della categoria: Ventilazione

Ventilazione Non Invasiva Nel Trattamento Dell’edema Polmonare Acuto Cardiogeno

Articolo Scientifico

Ventilazione Non Invasiva Nel Trattamento Dell’edema Polmonare Acuto Cardiogeno

A.N. Cracchiolo*, D.M. Palma*

Anestesia e Rianimazione Polivalente II “G. Trombino”

AORNAS Ospedale Civico Di Cristina Benfratelli Palermo

*Timeoutintensiva i.Change Openproject

INTRODUZIONE

“L’edema polmonare acuto cardiogeno (EPAC) è un’emergenza medica caratterizzata da improvvisa e intensa dispnea a riposo, agitazione psico-motoria, cianosi periferica, sudorazione algida e senso di morte imminente. La ventilazione non invasiva (NIV), che inizialmente si era associata come semplice ausilio alla terapia medica classica, da diversi anni sta assumendo un ruolo fondamentale nel protocollo terapeutico, diventandone elemento imprescindibile. Scopo di questo lavoro è considerare gli aspetti fisiopatologici e il ruolo della NIV nel trattamento dell’EPAC…”…

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Timeoutintensiva.it, N°18, Student Corner, Ottobre 2011

Il Controllo Della Pressione Della Cuffia Tracheale Può Forse Ridurre La VAP

Articolo Scientifico

Il Controllo Della Pressione Della Cuffia Tracheale Può Forse Ridurre La VAP

a cura di S. Vasta

Anestesista-Rianimatore

Responsabile Editoriale Timeoutintensiva i.Change Openproject

“In pazienti critici in ventilazione meccanica, il controllo continuo della pressione della cuffia tracheale mediante un dispositivo pneumatico riduce la microaspirazione del contenuto gastrico e l’incidenza di polmonite associata a ventilazione (VAP), secondo uno studio randomizzato condotto in Francia.

In una e-mail a Reuters Health, il dottor Saad Nseir, dell’Unità di Terapia Intensiva presso il Calmette Hospital di Lille, ha dichiarato: “L’attuazione di questa misura dovrebbe essere considerata, in unità di terapia intensiva con alti tassi di VAP”. In un articolo pubblicato sul Am. J. Respir. Crit. Care Med, pubblicato online l’11 agosto il dottor Nseir e colleghi mettono in evidenza che sotto-e sovra-inflazione della cuffia tracheale sono comuni. Entrambi sono intesi come fattori di rischio per microaspirazione di secrezioni orofaringee contaminate, contenuto gastrico e VAP.

IL Dr. Nseir e colleghi hanno calcolato l’impatto di controllare costantemente la pressione della cuffia tracheale sulla microaspirazione del contenuto gastrico in 122 pazienti che sarebbero stati tenuti in ventilazione meccanica per almeno 48 ore attraverso un tubo tracheale…”…

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Timeoutintensiva.it, N°18, Student Corner, Ottobre 2011


ECMO, Ipotermia post Arresto Cardiaco, Trapianto: Il Caso di Valerio

Medicina Intensiva e Tecnologia

ECMO, Ipotermia Terapeutica post Arresto Cardiaco, Trapianto di Polmoni: Il Caso di Valerio

Riporto la notizia come si è appresa dai giornali… ma chi conosce le tecniche Rianimatorie e lavora in Terapia Intensiva e/o si occupa di Trapianti d’ Organo può facilmente capire quanto lavoro umanità e professionalità, vi è stato dietro questo caso clinico ancora in evoluzione, sperando che il paziente possa tornare presto alla sua vita di tutti i giorni:

Valerio D. S., 24 anni, giovane receptionist di un albergo genovese, era malato di fibrosi cistica, patologia genetica che gli era stata diagnosticata a 12 anni, ma, racconta la madre, “si era aggravato negli ultimi due anni – ed a luglio di quest’anno ha avuto uno pneumotorace, cui è seguita una infezione polmonare che ha richiesto il ricovero in rianimazione al Gaslini (di Genova), dove sono stati bravissimi e hanno contattato le Molinette di Torino affinchè mio figlio fosse preparato e poi operato per un trapianto di polmoni. Non c’erano altre possibilità, nessun’altra strada da percorrere”. Da Genova Valerio arriva a Torino il 26 agosto scorso nel reparto di rianimazione universitaria diretto da Marco Ranieri , responsabile del Centro Ecmo delle Molinette: «Vista la grave insufficienza respiratoria – spiega Ranieri – lo abbiamo sottoposto a Ecmo (tecnica di circolazione extracorporea utilizzata in rianimazione per i pazienti con insufficienza cardiaca o respiratoria acuta grave, la stessa utilizzata per i pazienti affetti da grave distress respiratorio causato dall’influenza A/H1N1) e contestualmente messo in lista per il trapianto, con codice rosso. In altre parole Valerio diventa il primo nella lista nazionale dei pazienti da sottoporre a trapianto. Si tratta “solo” di aspettare un donatore. È in questo momento che la situazione precipita: il 4 settembre il ragazzo ha un arresto cardiaco di venti minuti, un tempo limite alla vita. «Non ci siano arresi, abbiamo fatto di tutto per far ripartire il cuore – racconta Ranieri – e deciso di sottoporlo per ventiquattro ore a ipotermia» per evitare ulteriori danni cerebrali dovuti all’ipossia cerebrale conseguente all’arresto di circolo. La temperatura corporea di Valerio, tramite la tecnica della ipotermia terapeutica, è stata così abbassata e tenuta costantemente tra i 28 e i 30 gradi. In quelle 24 ore – e «questa è una circostanza davvero toccante» prosegue il primario – alle Molinette sono arrivati i polmoni da trapiantare, ma Valerio non poteva riceverli date le gravi condizioni generali. Così gli organi destinati a Valerio sono stati dirottati a un altro paziente in lista d’attesa.  Ma quando, il giorno seguente, il neurologo ha assicurato al rianimatore e al chirurgo che, grazie all’ipotermia, all’Ecmo e alla ventilazione assistita, Valerio si era svegliato senza danni cerebrali, è stato deciso di rimetterlo in lista per il trapianto. «Mi lasci dire – prosegue Ranieri – che il mio collega Rinaldi ha avuto due attributi così. In altri paesi non ci pensano neppure a tentare il trapianto su un paziente simile trattato con Ecmo e ipotermia. Ma qui a Torino da una decina d’anni abbiamo alzato l’asticella delle tecniche rianimatorie e della chirurgia dei trapianti». Finalmente un pizzico di buona sorte: dopo pochi giorni si è reso disponibile un nuovo donatore. E Valerio è stato operato con successo. «Malgrado la situazione fosse avanzata e molto compromessa abbiamo deciso di andare avanti – spiega Mauro Rinaldi – perchè abbiamo creduto che ne valesse la pena di fronte a un paziente così giovane. É stato impegnativo ma sono arrivati ottimi risultati». Ai quali forse ha contribuito anche l’inesauribile voglia di vivere del paziente.

Operato il 10 settembre scorso alle Molinette di Torino dove è ricoverato, il ragazzo è ancora intubato «ma tra tre o quattro giorni -prevede Mauro Rinaldi, il chirurgo che gli ha trapiantato i polmoni – potremo passare alla ventilazione spontanea». Significa che Valerio, potrà respirare senza aiuti, parlare con i genitori e conoscere passo dopo passo la storia del suo quasi incredibile ritorno alla vita.

Valerio quindi è stato riportato alla vita da un insieme di tecniche combinate di rianimazione (Ventilazione assistita, Circolazione Extracorporea e Ipotermia Terapeutica) più il Trapianto di Polmoni, che dimostrano quanto elevato sia il livello delle cure intensive in Italia.

Fonti:

La Repubblica

Il Secolo XIX on line

Sulle Gemelle Siamesi Decedute Al Policlinico Di Bologna. Obiettivo Dei Medici Era Salvarle Entrambe.

News

Sulle Gemelle Siamesi Decedute Al Policlinico Di Bologna. Obiettivo Dei Medici Era Salvarle Entrambe.

Al Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna, come avevamo anticipato sul Blog in un post precedente, da due mesi circa erano ricoverate le gemelline siamesi, che, da settimane, avevano attirato l’attenzione di tutta Italia, a causa del loro grave stato di salute. Unite per il torace e l’addome, dividevano un solo cuore e un solo fegato. Una condizione anatomica estremamente rara e complessa che ha sollevato interrogativi di ordine medico, ma anche etico. Ma Lucia e Rebecca, nate a fine giugno nel capoluogo dell’Emilia-Romagna, non ce l’hanno fatta.

La strategia seguita dai medici nell’assistere le due gemelline siamesi era farle crescere ancora, aumentare il loro peso fino a quando sarebbe stato possibile un trapianto di cuore per una delle due sorelline in modo da poterle salvare entrambe.  La decisione di provare a salvare entrambe le piccole, fu presa a fine luglio al termine di una riunione collegiale dei professionisti del Policlinico in condivisione con i genitori delle due bimbe. L’intervento di separazione si sarebbe reso necessario in una situazione di emergenza, e solo in caso di un repentino peggioramento di una delle due gemelle.

In condizioni normali e stabili la separazione non era in agenda perche’, messo in conto che una delle due gemelline avrebbe sicuramente cessato di vivere, vi erano poche possibilita’ (dato il livello non ancora sufficiente di crescita e le condizioni morfologiche delle bimbe) di salvare anche l’altra.

Le gemelline, come ha spiegato Simonetta Baroncini, direttore della rianimazione pediatrica, erano da settimane in condizioni di “stabilita’ guidata” in virtu’ delle cure intensive a cui erano sottoposte. Nei giorni scorsi era stato predisposto “un piano di sollievo” dalle cure intensive (cioe’ erano state leggermente diminuite). Poi, improvvisa, è arrivata una crisi che ha coinvolto entrambe le piccole ed ha portato il loro unico cuore a smettere di battere (6 Settembre).

I medici avevano in mente, dunque, di salvare entrambe le gemelline e di separarle in modo da renderle due individui indipendenti. Ma era ancora troppo presto per procedere al trapianto di cuore e per dividere in due parti il fegato e l’intestino in comune. Infatti, ha chiarito il direttore di cardiochirurgia pediatrica Gaetano Gargiulo, avrebbero dovuto arrivare almeno a quattro chilogrammi di peso ciascuna a fronte dei 3,7 chilogrammi raggiunti insieme. Inoltre sarebbe stato necessario renderle autonome dal punto di vista respiratorio. Ma le bimbe, non sono sopravvissute alla loro grave anomalia.

Questo caso ha comunque dimostrato l’alto grado di umanità e professionalità delle decine di medici, primari ospedalieri, intensivisti, tecnici, nurses che si sono dedicati, full time, al tentativo di salvarle entrambe , sino al dolore ed all’impotenza causati dalla dolorosa perdita. A loro va il nostro più caldo saluto.

Savas

Come Ridurre La Trasmissione Dello Stafilococco Aureo Meticillino Resistente (Mrsa) ?

Editoriale

Come Ridurre La Trasmissione Dello Stafilococco Aureo Meticillino Resistente (Mrsa) negli Ospedali per acuti e nelle Terapie Intensive?

Sono Usciti recentemente sulla rivista New England Journal of Medicine due interessanti articoli scientifici sul come ridurre la trasmissione dello stafilococco aureo meticillino resistente (mrsa) negli Ospedali per Acuti e nelle Unità di Terapia Intensiva, ma con risultati contrastanti:

- Nel primo, svolto in tutti gli Ospedali dei Veterans Affaires per acuti negli USA, sono state implementate delle misure per cercare di ridurre la trasmissione dello stafilococco aureo meticillino resistente (MRSA). Queste misure comprendevano la determinazione del germe a livello nasale di tutti i pazienti, precauzioni igieniche durante la visita e la manipolazione di pazienti carriers, il lavaggio sistematico delle mani dopo ogni visita medica e un programma di insegnamento rivolto a tutto il personale che veniva in contatto con pazienti portatori di MRSA. Durante i due anni precedenti il programma di controllo dell’infezione da MRSA, non si erano registrate differenze nella frequezna mensile di infezioni da MRSA nei vari centri VA. Dopo l’implementazione del programma, e per un periodo di quasi tre anni, la frequenza mensile di infezioni da MRSA diminuì significativamente sia per le unità di terapia intensiva che per i reparti di cure non intensive.

- Nel secondo lavoro è stata valutata l’efficacia di un programma simile, in 18 unità di Terapia intensiva per un periodo di sei mesi. In questo studio non si è evidenziata alcuna differenza tra prima e dopo l’implementazione del programma, sia per le infezioni da MRSA che per quelle da enterococco vancomicino resistente.

I risultati positivi nel primo e negativi ottenuti nel secondo studio recensito, possono dipendere dal fatto che, in questo ultimo caso, il programma di controllo dell’infezione era limitato solo ai reparti di cure intensive e non riguardava altri reparti ospedalieri, come nel primo lavoro, oltre al follow up che è stato di soli sei mesi,  forse troppo pochi per permettere alle misure prevenitive di esplicare pienamente la loro efficacia. E’ noto infatti che ci vuole tempo affinchè diventino un’ abitudine consolidata le modificazioni dei comportamenti del personale sanitario.

Credo che per una valutazioni più approfondita si richiederanno studi multicentrici che coinvolgano medici, farmacisti, infermieri, microbiologi, ricercatori… La creazione di solide prove per guidare l’uso di antimicrobici in unità di terapia intensiva può essere un esempio importante per il sistema sanitario di apprendimento sull’azione di cura, come emerge anchhe dalla discussione che su NEJM nè è scaturita.

Savas

Vi riportiamo i link ai due Lavori:

1 – Original Article

Veterans Affairs Initiative to Prevent Methicillin-Resistant Staphylococcus aureus Infections

Rajiv Jain, M.D., Stephen M. Kralovic, M.D., M.P.H., Martin E. Evans, M.D., Meredith Ambrose, M.H.A., Loretta A. Simbartl, M.S., D. Scott Obrosky, M.S., Marta L. Render, M.D., Ron W. Freyberg, M.S., John A. Jernigan, M.D., Robert R. Muder, M.D., LaToya J. Miller, M.P.H., and Gary A. Roselle, M.D.

N Engl J Med 2011; 364:1419-1430 April 14, 2011

2 – Original Article

Intervention to Reduce Transmission of Resistant Bacteria in Intensive Care

W. Charles Huskins, M.D., Charmaine M. Huckabee, M.S., Naomi P. O’Grady, M.D., Patrick Murray, Ph.D., Heather Kopetskie, M.S., Louise Zimmer, M.A., M.P.H., Mary Ellen Walker, M.S.N., Ronda L. Sinkowitz-Cochran, M.P.H., John A. Jernigan, M.D., Matthew Samore, M.D., Dennis Wallace, Ph.D., and Donald A. Goldmann, M.D. for the STAR*ICU Trial Investigators

N Engl J Med 2011; 364:1407-1418 April 14, 2011