La meditazione Zen rende meno sensibili al dolore. Questo perché la sensazione fastidiosa in chi medita non viene ‘considerata’ dalle zone del cervello responsabili della valutazione, del ragionamento o della formazione della memoria. Il normale processo di ‘etichettatura’ delle esperienze, infatti, viene neutralizzato, così lo stimolo non viene classificato come doloroso. A svelare il meccanismo ‘analgesico’ dell’antica disciplina orientale è un gruppo di ricercatori canadesi che hanno pubblicato uno studio su ‘Pain’.
Al contrario di quanto si è fino ad ora pensato, dunque, non sarebbe la capacità attiva di controllo mentale a rendere più resistenti al male fisico, ma piuttosto un processo più passivo che ‘spegne’ i recettori ad hoc del sistema nervoso. Secondo Pierre Rainville dell’università de Montreal, che ha coordinato la ricerca, i ‘meditatori’ Zen presentano ai test sia risposte più attenuate al dolore sia una diminuzione dell’attività cerebrale nelle aree cerebrali deputate alla cognizione, all’emozione, alla memoria.
Il lavoro indica, in particolare, che chi medita ha acquisito l’attitudine a neutralizzare i processi cerebrali superiori, continuando comunque a sentire lo stimolo. Questa capacità e la possibilità di ‘manovrarla’ potrebbe avere importanti sviluppi negli studi sulla regolazione generale di dolore e emozioni.
Fonti:
Sanità News
Pain
Volume 152, Issue 1, January 2011, Pages 150-156
A non-elaborative mental stance and decoupling of executive and pain-related cortices predicts low pain sensitivity in Zen meditators
Joshua A. Grant, Jérôme Courtemanche and Pierre Rainville
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