Racconti a Margine: “Suicide” di S. Vasta

Racconti a Margine

Suicide

di Salvatore Vasta

“Si era fermata là sul viadotto nel buio. Nel punto più alto. Col freno a mano tirato era scesa, abbandonando le luci lampeggianti, e con gesti decisi, meticolosa si era tolta le scarpe, il paltò, si era raccolti i capelli con due giri di elastico e sistemata la gonna.
Scavalcare e buttarsi giù fu un tutt’uno, un tuffo più che un capitombolo. Per panorama a testa sotto il pilone le luci il buio vuoto. Giù per 110 metri, nel nero più profondo per 5, 6… forse 10 secondi di caduta libera. Circa 40 piani di palazzo.
Giù, sino alle braccia forti e stagionate di un vecchio padre, come quando dall’altalena saltavo tra le braccia del mio di padre…”…

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“Pazienti Malnutriti in Ospedale: Disattenzione Che Ricade Su Salute E Costi Del SSN”

Nutrizione

“Pazienti Malnutriti in Ospedale: Disattenzione Che Ricade Su Salute E Costi Del Ssn”

di Riccardo Caccialanza *

*Responsabile Servizio di Dietetica e nutrizione clinica

Fondazione Irccs Policlinico San Matteo Pavia

Segretario nazionale Sinpe

(Vi Riportiamo Un Interessante Articolo sulla Malnutrizione Ospedaliera pubblicato sul Sole 24 Ore Sanità del 17-23 gennaio 2012 ad opera del Segretario Nazionale della Società Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale – SINPE)

Non solo obesità. In Italia e nei Paesi occidentali la malnutrizione tra i ricoverati negli ospedali, nelle Rsa e nelle strutture di riabilitazione regi-stra percentuali che oscillano fra il 30 e il 50 per cento. Gli ammalati corrono il rischio di sviluppare complicanze, soprattutto infezioni, la mortalità aumenta così come i costi sanitari. Dati confermati dallo studio eseguito dal San Matteo di Pavia e pubblicati dal Canadian Medical Association Journal, prestigiosa rivista internazionale di medicina interna. La ricerca riguarda l’osservazione di 1.274 degenti. I ricoveri più lunghi sono stati registrati tra coloro che all’ingresso presentavano deficit nutrizionali, tra chi ha perso peso durante la degenza o ha digiunato per oltre tre giorni. La malnutrizione riguarda in particolare gli anziani, soprattutto quelli soli, gli indigenti, le patologie neurologiche, e i pazienti oncologici che non riescono ad alimentarsi anche per gli effetti collaterali delle terapie. Un supporto nutrizionale adeguato e tempestivo può prevenire le complicanze. Inoltre, la nutrizione artificiale domiciliare favorisce una dimissione più veloce, evita il ricovero di pazienti che non riescono ad alimentarsi in modo naturale e permette un enorme risparmio della spesa sanitaria. La Bapen, società inglese di nutrizione artificiale, ha stimato in 8 miliardi di euro annui il costo della malnutrizione ospedaliera e l’Espen, la società europea di nutrizione clinica e metabolismo, ha valutato in circa 170 miliardi la spesa che riguarda oltre 30 milioni di pazienti in Europa ogni anno. Questi dati parlano chiaro, ma nonostante ciò le risorse destinate alla nutrizione clinica in Italia sono inadeguate: raramente i pazienti sono pesati al ricovero, le bilance non funzionano e quasi mai, nelle strutture ospedaliere, c’è un team di personale specializzato dedicato alla nutrizione clinica. Secondo la Sinpe, la società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo, i pazienti sottoposti a nutrizione artificiale domiciliare sono circa 600 per milione di abitanti mentre, secondo il registro della società italiana di Nefrologia 764 sono i dializzati. La “piccola” differenza è che in Italia esistono oltre 900 strutture di dialisi contro i cinquanta servizi circa di nutrizione clinica. Questi ultimi, invece, rappresentano un ottimo investimento: uno studio americano ha stimato che per ridurre la degenza dei pazienti malnutriti bastano 76 euro al giorno per la valutazione e la terapia nutrizionale. Un dato ancora più allarmante, però, è l’assenza di legislazione nazionale sui criteri minimi di qualità per l’erogazione della nutrizione artificiale domiciliare. Soltanto in Piemonte, Veneto e Molise è in funzione una legge specifica che indica percorsi precisi. Nel resto del Paese ci sono solo delibere, spesso generiche, che non garantiscono lo standard di qualità delle cure e l’omogeneità dei servizi ai cittadini sul territorio. Sarebbe quindi auspicabile il coinvolgimento dei governi regionali e del ministero della Salute per stimolare gli investimenti nei servizi in grado di garantire la razionalizzazione della spesa, miglioramenti organizzativi nella gestione ospedaliera e della continuità delle cure. Sul fronte normativo, la commissione per il monitoraggio dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) ha recepito le anomalie segnalate dalla Sinpe. Ora tocca al ministero della Salute agire concretamente sulle Regioni.”

Fonte:

Sole 24 Ore Sanità

Racconti a Margine: “Mia moglie non sa chi sono” di Maurizio

Racconti a Margine

“Mia moglie non sa chi sono”

di Maurizio

Erano circa le 8.30 di una mattinata intensa quando un anziano signore ottantenne è arrivato per far rimuovere i punti dal suo pollice. Disse subito che era di fretta perché aveva un appuntamento alle 9.00.

Presi nota dei suoi dati e lo invitai a prendere posto. Sapevo che ci sarebbe voluto più di un’ora prima che qualcuno potesse occuparsi di lui. Lo vidi controllare l’orologio ansiosamente per tutto il tempo e poi decisi di valutare io stesso la sua ferita dal momento che non ero occupato con altri pazienti.

All’esame la ferita risultava ben guarita. Parlai con uno dei medici per ottenere il materiale per rimuovere i punti di sutura e lo feci, ma mentre mi stavo prendendo cura di lui è iniziata una conversazione. Gli domandai se avesse un altro appuntamento medico in seguito, se era per questo che aveva così tanta fretta.

Il signore mi disse di no e rispose che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie.

Mi informai della sua salute. Mi disse che era nella casa di cura da tempo, essendo una vittima del morbo di Alzheimer. Sondai ulteriormente la questione chiedendo se la moglie si sarebbe molto alterata per il suo ritardo. Mi rispose che la donna non sapeva più chi lui fosse, non era in grado di riconoscerlo da cinque anni.

Sorpreso gli chiesi: “E va ancora ogni mattina, anche se lei non sa chi sei?”

L’uomo sorrise, batté la mano e disse: “Mia moglie non mi conosce, ma io so ancora chi lei è.”

Ho dovuto trattenere le lacrime mentre se ne andava.

Ho avuto la pelle d’oca sul braccio, e ho pensato “Questo è il tipo di amore che voglio nella mia vita.”

Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà.

Maurizio

Fonte:

Il Racconto ci è stato postato sulla nostra Pagina del Gruppo Facebook Associazione i.Change ONLUS da una nostra cara lettrice M. Costa che ringraziamo; come ringraziamo anche Maurizio, il medico che l’ha scritto, e la pagina Felicità da cui è stato preso.

Vivere 120-130 Anni è una Minaccia per l’Umanità del XXI secolo?

Le Idee

Vivere 120-130 anni è una minaccia per l’umanità del XXI secolo ?


Sembra che l’aumento della durata della vita oggi, auspicato e desiderato da molti, esiterà in una fragilità mentale che diverrà una grave minaccia per l’umanità del nostro futuro prossimo venturo.
A questo proposito vi riportiamo un frammento di un articolo,  uscito sul Corriere della Sera on line del 29 gennaio 2012 dal titolo: “Vivere 120 anni in pessima salute”

Savas

dal film: Il Ritratto di Dorian Gray

“La vita si è allungata per l’allungamento della vecchiaia e non del periodo centrale dell’esi-stenza. L’invecchiamento del cervello si ma- nifesta col declino delle attività cognitive. Quando il cervello invecchia male o troppo in fretta, la vita è compromessa, anche se il corpo é in buone condizioni. Lunghezza e significato della vita sono cose diverse. Alla nascita il cervello umano pesa 400 grammi, a sviluppo completo, a ventidue anni, 1350-1500 grammi. Ciò è dovuto non tanto all’aumento del numero di neuroni, quanto piuttosto del numero e della complessità delle diramazioni dei neuroni (assoni e dendriti) e delle sinapsi, stipate, assieme con i neuroni e con la glia, nella corteccia cerebrale. Il ritmo massimo dell’au- mento del volume e della complessità del cervello avviene fra il settimo e il dodicesimo anno, periodo in cui la capacità di apprendere è all’apice. A quella età è facile, ad esempio, imparare lingue e dialetti. La regressione inizia non appena lo sviluppo del cervello è completo, vale a dire a ventidue anni. L’energia di cui il cervello dispone (circa il 30% di quella del corpo) non è in grado di mantenere in vita una massa densa, complicata e ricchissima di meccanismi perennemente in azione. I segni dell’in-vecchiamento del cervello si notano quando la densità della sinapsi è regredita del 40%: a quel punto i neuroni non sono più sufficientemente interconnessi. La rarefazione delle sinapsi si annuncia con la diminuzione della memoria e prosegue con l’indebolimento di altre funzioni mentali. Non si tratta di una malattia in senso stretto, ma dell’invecchia-mento del cervello, che, per la diversa traccia genetica della velocità di regressione di sinapsi e di neuroni e per le circostanze della vita, varia da persona a persona. Un modesto calo della memoria, l’indebolimento della capacità di imparare cose nuove e di concentrarsi a lungo non sono segni di demenza, ma di un modesto disturbo cognitivo. Di demenza si parla quando la perdita delle capacità cognitive e intellettuali rende le persone diverse da com’erano prima. Se il danno cognitivo è avanzato, si parla di demenza senile primaria che, nelle forme estreme, non si distingue dalla malattia d’Alzheimer. I disturbi sorgono e si aggravano in maniera spesso subdola, alla lunga di anni. Ne sono colpiti anche cervelli formidabili, come quello d’Immanuel Kant, il cui declino iniziò con la diminuzione della memoria e con la perdita della cognizione del tempo, e proseguì fino all’incapacità di riconoscere persone familiari e alla ripetizione ossessiva di movimenti senza senso… L’invecchiamento è inarrestabile. Quasi tutti coloro che dovessero raggiungere, come oggi si profetizza con giubilo, i 120-130 anni sarebbero dementi, e spesso anche ciechi e sordi.
L’aumento della durata della vita rende la fragilità mentale una delle più gravi minacce all’umanità del XXI secolo.”

Fonti:
Dal capitolo «La coscienza del cervello che s’invecchia» del libro di Arnaldo Benini «La coscienza imperfetta. Le neuroscienze e il significato della vita» Garzanti, Milano 2012.

Per leggere l’Intero articolo Uscito su Corriere della Sera on line il 27 Gennaio 2012 Clicca qui

Racconti A Margine: “Codice Rosso” Di S. Zambuto

Racconti A Margine

“Codice Rosso”

di Susanna Zambuto

“… E’ buio, il terreno è molto ripido e mi scontro con cespugli, rami, montagne di foglie secche. Fortunatamente, sono insieme ad un poliziotto che mi fa strada con la torcia; tengo la mano sulla sua spalla, a mò di bastone. Così mi sento più sicura. Quantomeno, sono sicura di non cadere perché, per il resto, non sono sicura di niente: Saprò valutare correttamente i feriti e stabilire per ciascuno le priorità? Saprò applicare i cosiddetti protocolli del trauma della strada? Saprò stabilire per ogni ferito l’ospedale giusto di destinazione?…”…

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Timeoutintensiva.it, N°10, Racconti a Margine, 27 luglio 2009