Editoriale
Test di Ammissione a Medicina: La “Grattachecca” e la Deriva dello “Shibolleth”
Leggo su un quotidiano datato 10 settembre, del Test per l’Ingresso a Medicina sottoposto agli studenti, futuri medici, che lo hanno tentato presso la prestigiosa Università La Sapienza di Roma, e di una delle domande fatte nel test, che secondo il quotidiano suonava così: “Nei pressi del liceo Tacito di Roma si trova la grattachecca di Sora Maria, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti ?”. Così ho colmato una mia “ignoranza” medica, dato che approfondendo l’articolo ho appreso che la “grattachecca”, specifica domanda, ripeto, dei test per accedere a Medicina, è ghiaccio grattato da un blocco unico, con aggiunta di sciroppo, da noi qui al Sud più Sud, chiamata “granatina” (ma non saprei in dialetto).
Ma vuoi vedere, mi sono detto, che dopo 30 anni spesi interamente nella mia professione di Anestesista Rianimatore con una specializzazione anche in Gastroenterologia, non sapere cosa fosse la Grattachecca e dove a Roma si mangiasse, ha causato una enorme e non colmabile mancanza, nella mia cultura medica e messo in pericolo i miei pazienti ? E grande è stato il mio dispiacere, per questa mia profonda ignoranza culinaria, quando ho letto che il Rettore stesso della Sapienza ha difeso la domanda dicendo: “Era una domanda a cui avrebbe saputo rispondere anche un co…” (cretino, traduco io, non volendo ripetere la parolaccia che il giornale gli attribuisce, e che sono certo sia un refuso del giornale stesso), aggiungendo che “chi risponde bene a questi test poi, negli anni a venire, si afferma come ottimo medico”.
Innervosito da questa mia “impagabile mancanza” da “co…”, ho letto sul quotidiano, per approfondire, anche l’articolo critico di spalla, dedicato a questo argomento, scritto da quella “testa” che è Stefano Bartezzaghi, dal titolo “La Deriva della Cultura Etnica”; che, partendo dalla domanda “Tortellini in brodo o al ragù ?”, che un famoso professore emiliano faceva ai suoi esaminati per dare loro il trenta e lode, negato se rispondevano “al ragù”, mi ha spiegato che ormai in Italia siamo alla moda del “Tic Linguistico” (tecnicamente detto “shibolleth”), che identifica lo straniero quasi come un potenziale nemico. Ed allora ho pensato: “se così è, si arriverà a fare una sezione dei quiz Etnica ed a parte, in cui si chiederà, per saggiare le tante etnie, magari: “Dove si mangia ” ‘U pani ca’ mieusa ?” (il pane con la milza, specialità palermitana), e se “è fatto con le fettine di Milza o di Polmone (per trovare un aggancio con la nostra scienza) o con tutte e due (risposta multipla !); o magari ai veneti chiederanno “Come è fatta e che cos’è la “Pearà”? per sapere se sanno che è una crema di midollo di bue (midollo osseo e medicina ci sta!).
Bene, mi sono detto alla fine, se un mio paziente domani mi chiederà: “sa che cosè la grattachecca?”, finalmente gli risponderò con fare sicuro: “una granatina”, e lui saprà da che pozzo di scienza di medico è curato.
Tornando alle cose serie, credo che un test così fatto non sia altro che una lotteria, quasi un gratta e vinci della cultura, e che di medico non abbia nulla; si dovrebbe trovare una maniera diversa per testare le attitudini alla professione degli aspiranti medici. Una maniera che riesca ad indagare della tendenza più che al curare, al “prendersi cura” del nostro candidato, della sua inclinazione alla conoscenza della materia “uomo”, sia organica che psicologica ; che ci dica della umanità verso il prossimo, che lo stesso dovrebbe possedere; e infine, che ci illumini sulla sua tendenza e capacità speculativa ad assimilare ed approfondire, più che imparare, materie scientifiche mediche, ed a comprendere il dolore dell’altro e ad alleviarlo, oltre che curarne le tante patologie che lo affliggono.
Capisco che questo mio desiderio (irrealizzabile forse) è “volare alto”, e che sino a quando ci saranno i tests, potremo sapere molto poco sulle attitudini alla professione del nostro futuro collega.
Ma, tristemente, oggi che so finalmente cos’è la “Grattachecca”, che mio padre mi faceva mangiare da bambino col nome granatina, posso dire di essere un medico migliore.
Savas
PS: Limitandoci ai Test, che io non amo, devo comunque ammettere che ce ne sono stati di serissimi, come quelli svolti presso l’ Università di Palermo