Trapianti D’organo: “Trapiantiamo Felicità”, Spot Della Discordia Solo Per Una Italia Provinciale. Il Video.
Ero a casa quando hanno dato la notizia alla TV. All’ inizio non capii cosa fosse successo in un centro trapianti della Sardegna; ricordo solo le dure parole alle quali gli speaker davano ospitalità e con le quali esprimevano lo sdegno di molti per quanto vi fosse accaduto. Così, facendo zapping tra i vari notiziari digitali e non, dopo un pò compresi che parlavano di un video girato all’interno del centro trapianti suddetto, ma siccome non lo mostravano e le reazioni a questo video venivano descritte in maniera sempre più nera, chiedendomi cosa mai di così terribile avessero combinato colleghi e nurse, cominciai a cercare in rete la notizia che dopo un pò trovai, insieme al video incriminato. In pratica al Brotzu, ospedale Sardo tra i più rinomati d’ Italia, dove si eseguono trapianti d’organo, era accaduto che, “solo per farsi pubblità”, -che già detto così sembra qualcosa da pagare con l’ergastolo-, medici, infermieri, inservienti e pazienti trapiantati avevano partecipato ad un video nel quale tutti, allegri e sorridenti, in un centinaio, si lanciavano in “danze scatenate e francamente fuori luogo nell’esprimere la loro gioia per i trapianti”, (che direi, salvano anche delle vite, cosa non da poco, ma che passava in secondo piano.). Apriti cielo.
A parte la comprensibile reazione contraria e l’impressione negativa di molti parenti delle vittime che hanno dato il loro assenso alla donazione ed all’espianto d’ organi dei loro cari, e il cui desiderio di silenzio su quei tragici avvenimenti va a braccetto con i ricordi drammatici di quei giorni, reazione ripeto che rispetto e comprendo, c’è da aggiungere che ancora prima di guardare la clip, le parole con le quali veniva lapidato il video stesso, andavano da “vergognosa esibizione mediatica”, a “offensiva pantomima”, sino a “macabra visione di una gioia fuori luogo”, e così via.
Poi ho visto il video. (Che vi mostro per farvi un’idea)
All’inizio non capivo. Si vedevano colleghi e nurse lavorare sorridenti in una sala operatoria tecnologicamente avanzata, e in un ambiente lindo ed accogliente, dando un senso di grande professionalità… Poi, iniziava una musica di sottofondo, bella ed invitante, un ballabile, e, nei corridoi, ambulatori ed in ogni parte della struttura, tra i sorrisi, tanti cominciavano a ballare al ritmo della colonna sonora; ed a danzare non erano soltanto gli operatori del centro, ma anche tanti trapiantati fra loro e con medici e nurse, il tutto fatto con una dolcezza e con una gioia talmente contagiosa, che la mia iniziale ed allarmata curiosità, è scivolata presto in un sorriso compiacente, sino alle scene finali in cui tutti i partecipanti di quell’iter complesso doloroso e, quando va bene, esaltante che è un trapianto d’organi, scendevano le scale e, facendo da sfondo alla frase “Ogni giorno con l’aiuto di tutti trapiantiamo un pò di felicità nei nostri pazienti”, continuavano a ballare nella Hall del centro clinico; cosa che mi ha realmente commosso, dato che la gioia per la “mission” che portavano avanti mi aveva letteralmente contagiato, fin quasi a mettermi a ballare anch’io al suono di quella musica così “frizzante”.
Nei titoli di coda scorreva intanto l’indicazione del perche’ della realizzazione: “Spot per la sensibilizzazione ai trapianti – Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari – Reparto Urologia. Dipartimento Patologia Renale” seguito dai ringraziamenti a pazienti ed operatori tutti. Uno spot, ripeto, che trasmette con dolcezza la felicità che può dare un trapianto riportando alla vita un paziente.
Termino col dire che mi è piaciuto molto. E, date le reazioni, viene da pensare che siamo un paese ancora fortemente provinciale, self-centered, che sa guardare solo il suo ombelico, invidioso d’imparare qualcosa di diverso dando semplicemente uno sguardo fuori porta.
PS: Infatti, chi si lamenta della eticità della realizzazione “filmica”, dovrebbe andare su youtube e guardare gli spot realizzati a decine dai tream di emergenza, di trapianti, e di terapia intensiva degli ospedali americani, australiani, brasiliani etc., dove, tra rap balli tanghi e canzoni, gli operatori ed i pazienti publicizzano una sanità che cerca di essere sana sensibilizzante ed accogliente, impegnata nel curare i pazienti, come, da Nord a Sud, è la sanità italiana, che, con tutti i suoi problemi, (vedi oggi le mobilitazione dei Medici davanti Montecitorio), ha l’orgoglio di essere ancora tra le migliori del mondo.
E’ Morto Steve Jobs: Un Genio Che Ci Ha Cambiato La Vita (Almeno Digitale). Video
Questa notte, è morto colui che ha cambiato negli ultimi 30 anni, innovandole, le sorti dell’informatica, e forse anche la nostra vita; un genio che aveva fatto della Apple non solo la principale e più ricca “Hi-Tech house” americana, ma anche un “brand” di vita per tanti internauti, con quel suo slogan “think different !”
Da circa dieci anni combatteva contro un tumore al pancreas che pochi anni fa lo aveva portato anche ad un trapianto di fegato.
Vogliamo ricordarlo qui, anche perchè la Rivista Timeoutintensiva è nata, provando a “disegnarne” il sito e la mission con un programmino di pochi mega su un vecchio mac. Ed ogni nostro numero è stato assemblato e pubblicato, con grande facilità, proprio da un MacBook.
Per Ricordarlo, Vi proponiamo in video, il bellissimo discorso fatto da Jobs agli studenti della Stanford University nel 2005, riportandovi anche una breve frase del discorso che aveva tenuto; la migliore maniera, per noi, di ricordarlo.
Savas
“Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario.” Steve Jobs
Nel Video con i sottotitoli in Italiano: Il famoso discorso del fondatore di Apple alla cerimonia di laurea della classe 2005 dell’università di Stanford. Un discorso bellissimo, visto e condiviso sul web milioni di volte, in cui Jobs racconta tre storie della sua vita: l’università, la carriera, il cancro. E raccomanda agli studenti due semplici cose: “Siate affamati, siate folli”
Fonti:
Potete trovare tutte le notizie e un racconto della sua vita al link:
La Mela, Le Aziende Hi Tech, e il Gioco delle Tre Scimmiette
Era il 1989 quando ricevetti in regalo il mio primo computer, un Apple Classic. Allora non c’era ancora la rete, l’uso di quel computer era intuitivo, facile, non si imballava mai, aveva un ottimo sistema di scrittura, tutto era perfetto. Da allora ho continuato a comprare Apple computer seguendo i molti cambiamenti che l’azienda di Cupertino ha fatto sino ad oggi. Qualche anno fa nacque il nuovo sistema operativo Mac Os Intel e l’ iPod; poi fu prodotto il primo iPhone, uno smartphone molto avanzato come tecnologia, di fascia alta, e il tablet iPad. Ed è con la nascita di questi “gadget” che Apple nell’ottica di una scalata commerciale che oggi la porta ad essere la prima azienda informatica al mondo come fatturato, ha delocalizzato la produzione e l’assemblaggio dei suoi prodotti verso la Cina, dove i costi di produzione sono bassissimi. Ma la scalata commerciale e la delocalizazione hanno portato anche tante “mele bollenti” in casa Apple, che riguardano la salute di coloro, tutti giovani, che producono questi apparati, che, ed è con vero dispiacere che lo scrivo, ne hanno sofferto a volte in maniera irreparabile. E verso cui la Apple, spesso si è comportata come le tre scimmiette di “io non vedo non sento non parlo”. Ma come giungono nelle nostre case i “devices” Hi Tech ? Pochi di noi hanno la curiosità di conoscere la catena produttiva dei gadget che acquistiamo. Ed io, che sono un convinto assertore e sostenitore dei prodotti Apple, per dovere di verità, ve la racconto. Ed anche perchè non si può più prescindere, eticamente, dal conoscerla.
savas
All’Origine delle nuove tecnologie:
Prima però di parlare delle Mele Bollenti scoppiate, con la delocalizzazione in Cina, tra le mani della Apple, bisogna risalire all ‘origine di tutto ciò, e parlare di una sostanza usata in tutti i device di qualsiasi marca e natura, dai cellulari che usiamo alle navi spaziali, passando per i portatili e gli smartphone. Tutti contengono Columbite-tantalite (Coltan). Che rappresenta il primo anello della catena produttiva dell’Hitech.
Coltan: Da questo raro minerale si estrae il tantalio, che possiede una grande resistenza al calore e un’eccellente conduttività, per la qual ragione è imprescindibile nella fabbricazione delle nuove tecnologie. Tutte contengono Coltan. La maggiore riserva di questo materiale si trova nella Repubblica Democratica del Congo che ne possiede l’80% esistente sul pianeta, e che si trova precisamente nella zona di un conflitto, quello congolese, che ha già fatto milioni di vittime. Tutto fa pensare che dietro al conflitto ci sia anche il Coltan. La Cina è uno tra i maggiori importatori di Columbite-Tantalite. Potrebbe sopravvivere il mondo occidentale alla scarsità di coltan? La risposta è no. Andrebbero in rovina le multinazionali e si verificherebbe un collasso economico, soprattutto in presenza della crisi globale che stiamo vivendo. Ma le miniere di Coltan sono quasi tutte illegali, specie nell’uso al loro interno di forza lavoro minorile, cioè bambini: alcuni sono obbligati a lavorare nelle miniere di Coltan a una grande profondità perché sono gli unici che riescono a scendervi; migliaia di loro muoiono sepolti, di fame e per lo sfinimento. Si calcola che per ogni chilo di Coltan estratto muoiano due bambini. E tutte le multinazionali Hi Tech, di fronte a questi dati, giocano il gioco delle tre scimmiette.
Ed ora occupiamoci della Mela:
Mele Bollenti uno: N-esano*
Le Reti "Antisuicidio" Attorno alla Fabbrica
Siamo a Suzhou, ovest di Shangai: qui opera la Wintek, sussidiaria della Apple e produttrice dello schermo ‘soft touch’ dell’iPhone. Nel 2009, 137 operai cinesi vengono intossicati da un composto chimico chiamato N-esano, un solvente generalmente usato nella lavorazione della benzina, delle colle e dei solventi, ma in questo caso utilizzato per pulire gli schermi dei telefonini. L’avvelenamento provoca una Polineuropatia tossica, con dolori diffusi, stanchezza cronica, sudorazione. Molti finiscono all’ospedale, altri organizzano uno sciopero, fino alla decisione sette mesi più tardi della stessa Wintek di sospendere l’uso dell’n-esano, quando un’indagine sanitaria interna accerta che i malesseri sono dovuti al suo utilizzo. La Wintek ha così pagato le spese mediche, l’alimentazione e gli stipendi agli operai ammalati, secondo la legge cinese. Ma nessun risarcimento, sembra, sia giunto ancora dalla Apple che ha riconosciuto la responsabilità della Wintek, “vincolata – secondo il rapporto sulla corporate responsability – al rispetto del codice di condotta Apple”.
Mele Bollenti due: Foxconn
La “Foxconn International Holdings Ltd” è una azienda consociata alla “Hon Hai Precision Industry Co Ltd” (HHPD), una compagnia di Taiwan che possiede il più vasto controllo del mercato dei componenti elettronici. HHPD lavora per conto di quasi tutte le più prestigiose e potenti aziende mondiali dell’elettronica. La più estesa base produttiva della HHPD si trova a Shenzhen, in Cina. La fabbrica si presenta come una vera e propria città, viene infatti chiamata “Foxconn City”. Al suo interno vivono dai 300,000 ai 450,000 lavoratori, che vi passano tutta la loro vita giornaliera. La gran parte dei componenti assemblati e prodotti a Shenzhen sono iPod, iPhone e iPad di Apple, tanto che la “città” fu ribattezzata all’epoca con il nome “iPod City”.
Suicidi: Sino al 2010 almeno 17 dei suoi operai si sono suicidati. Fra questi la maggior parte si sono lanciati dalle finestre dei dormitori situati all’interno del quartier generale, tutti ragazzi fra i 18 e i 24 anni che, afflitti dal trattamento inumano al lavoro, hanno preferito lanciarsi nel vuoto. I lavoratori che in media non superano i 30 anni di età, e che provengono da ogni parte della Cina, alla stipula del patto d’assunzione, ricevono un letto e 1200 yuan mensili (146 euro). Il tutto per garantire la continuità del ciclo produttivo: lavorare, smontare, andare a dormire.
La Hon Hai Precision Industry Co Ltd, che controlla Foxconn, sempre nel 2010, ha così lanciato e con successo, un programma di prevenzione dei suicidi (tra cui le reti anti-suicidio che circondano la fabbrica e che vedete nella foto ), e aumentato sensibilmente i salari dei lavoratori (aumento del 70 percento dei salari annunciato dai vertici dell’azienda cinese. Da 1200 yuan, del pre-crisi, si è arrivati a toccare quota 2000 yuan (244 euro) mensili.). Ma la Students & Scholars Against Corporate Misbehaviour (Sacom), una Ong con sede a Hong Kong, denuncia come false le dichiarazioni di Foxconn. Per farlo, ha diffuso un video (che vi mostriamo) per documentare le condizioni di lavoro allo stabilimento di Chengdu, nel Sichuan, dove si produce esclusivamente per Apple (lì si assembla l’iPad). Il filmato è sottotitolata in inglese. Le riprese risalgono a marzo-aprile 2011. La Ong di Hong Kong diffonde questo video per informare, sensibilizzare le autorità cinesi di vigilanza e i i consumatori di tutto il mondo.
Come se non bastasse, nel Maggio 2011 un incendio scoppiato nella fabbrica per un cortocircuito ha avuto effetti decisamente preoccupanti sulla salute dei lavoratori, con ben 2 morti e 137 operai intossicati.
Oggi la Foxconn, sembra avere esaurito il suo potenziale di sfruttamento della forza lavoro, poiché ha annunciato un mese fa di voler far ricorso a robot per la produzione dell’iPad. Attualmente in tutto il complesso industriale sono distribuiti circa 100.000 robots automatizzati. L’aumento previsto di questa cifra è di 200.000 unità, l’obiettivo da raggiungere è infatti 300.000 robot entro la fine dell’anno. Questi dovrebbero poi diventare oltre un milione nel giro di tre anni. Attualmente l’azienda ha 1.2 milioni di dipendenti, di cui 1 milione solo sul territorio cinese. Inoltre sembra che voglia spostare il grosso della produzione (tra cui l’iPad 2) in Brasile, riabilitando e allargando alcune fabbriche locali di proprietà della Foxconn.
La Apple intanto dopo vari sopralluoghi nella fabbrica pensa, forse, di affiancare un altro partner alla Foxconn nella produzione dei suoi componenti elettronici
Mele Bollenti tre: Molleindustria
E’ di qualche giorno fa la notizia che Molleindustria, un collettivo italiano le cui produzioni si collocano a metà fra la videoludica e l’arte di opposizione, segnalava su Twitter la pubblicazione sull’Apple – App Store di Phone Story, il “primo gioco anti-iPhone per iPhone”. Nell’app il giocatore deve ripercorrere la catena produttiva che porta alla creazione dei dispositivi come l’iPhone, a partire dall’estrazione del Coltan nelle miniere illegali in Congo, fino all’assemblaggio del device presso gli stabilimenti Foxconn. Con un interessante corto-circuito socioeconomico, tutti i ricavati della vendita dell’applicazione sarebbero stati devoluti per intero alle associazioni per la tutela dei lavoratori delle fabbriche in cui gli smartphone vengono prodotti. Peccato che poche ore dopo la pubblicazione del gioco, lo stesso fosse già scomparso dall’ Apple – App Store, epurazione avvenuta a causa della violazione di quattro punti delle linee guida per gli sviluppatori.
Termino questo lungo post, con le parole di Joel Johnson scritte su wired.com: “Quando si spezza quel filo che lega il nostro consumo ai milioni di esseri senza nome che ci consentono il nostro stile di vita, ci troviamo a guardare un abisso – un futuro senza fine, su un pianeta vuoto ed esausto – veramente intollerabile.”
News: Lotta All’Aids: Un Videogame Riesce, Là Dove I Ricercatori Avevano Fallito
Accaniti giocatori sono riusciti dove ricercatori e computer avevano fallito per 15 anni: individuare la struttura di una proteina fondamentale per la trasmissione dell’Aids
Tutto è iniziato nel 2005, quando è stato lanciato il progetto non profit Rosetta@home allo scopo di determinare la forma tridimensionale delle proteine, all’interno di ricerche, che avrebbero portato alla scoperta di cure, per alcune delle più importanti malattie umane. I ricercatori statunitensi, infatti, avevano chiesto agli internauti di scaricare sul loro computer un software che, nei momenti di inattività del pc, lavorasse per determinare la forma tridimensionale di proteine ancora sconosciute, così da aiutarli nel progettare nuove proteine per combattere malattie come l’HIV, la Malaria, il Cancro e l’Alzheimer. Il successo dell’applicazione fu così grande (migliaia di volontari hanno aderito al progetto) da spingere i ricercatori a fare di più, e a coinvolgere attivamente le persone nella soluzione dei puzzle strutturali delle molecole proteiche. Considerando che le proteine sono formate da centinaia di aminoacidi, infatti, spesso i calcoli richiedono molto tempo ed è possibile che l’intuizione umana possa farne risparmiare un po’. Ecco perché, nel 2008, gli scienziati hanno creato una interfaccia al programma Rosetta@home, per permettere una maggiore partecipazione e creatività.
Così è nato Foldit, un vero è proprio videogame, in cui i giocatori, che possono riunirsi in squadre, competono nel progettare proteine o individuare la loro struttura tridimensionale. In che modo? L’applicazione mostra una prima rappresentazione grafica della struttura 3D della molecola proteica (ottenuta partendo dalla forma di proteine simili già note o da calcoli energetici), che l’utente può manipolare alla ricerca della configurazione a minor energia, che è quella biologicamente più probabile. Le loro proposte vengono quindi inviate ai biochimici per aiutarli a perfezionare i loro modelli teorici. Il videogioco era stato creato dall’ Università di Washington, negli Usa, che hanno fatto di più che rendere la scienza accessibile al grande pubblico: hanno reso il grande pubblico protagonista della ricerca.
Il puzzle è rappresentato dalla immagine 3D di una classe di enzimi chiamati proteasi retrovirali, cioè proteine coinvolte nella replicazione e proliferazione dei virus che causano l’ Aids, di cui è necessario comprenderne prima di tutto la forma. Non essendoci riusciti con la cristallografia a raggi X (il metodo più usato per determinate la struttura delle proteine, molto lento e costoso) e con gli algoritmi di Rosetta, i ricercatori hanno tentato con Foldit. “ Volevamo vedere se l’intuizione umana potesse avere la meglio sui metodi automatici”, ha spiegato su Science Daily, Firas Khatib dell’Università di Washington. E l’idea si è dimostrata vincente.
E’ stato infatti proprio giocando in questo modo che, in sole tre settimane, è stato risolto un rompicapo con il quale i ricercatori erano alle prese da ben 15 anni.
In poche settimane, infatti, i giocatori hanno generato un modello tridimensionale energicamente plausibile dell’enzima M-PMV, coinvolto nella replicazione del virus. Raffinando il modello, poi, i ricercatori hanno finalmente determinato la struttura della proteina, che si è inoltre rivelata sensibile all’azione di farmaci antiretrovirali. Perché, alla fine, è questo l’obiettivo di Foldit: svelare la forma tridimensionale delle proteine per sviluppare farmaci capaci di bloccarne l’attività. Seth Cooper, uno dei creatori di Foldit, spiega nello studio perché i giocatori sono riusciti là dove i computer hanno fallito: “ Le persone hanno abilità di ragionamento spaziale che i computer non hanno. Questi videogiochi riescono a unire la forza del cervello umano alla potenza delle macchine, e i risultati di questo studio mostrano che i videogiochi, la scienza e la computazione possono raggiungere traguardi prima impensabili”.
Foldit è, come già detto, un videogame online molto particolare, e, a suo modo, appassionante. Lo scopo del gioco è trovare la forma delle proteine. Ma cosa si vince? Se si è particolarmente bravi, anche una firma su un’importante rivista scientifica. È questo il premio che si sono aggiudicati alcuni giocatori per aver scoperto niente meno che la struttura di un enzima indispensabile alla replicazione di un retrovirus che causa la sindrome da immunodeficienza acquisita nei macachi resus. Dal momento che il retrovirus appartiene alla stessa famiglia dell’ Hiv, scoprire come sono fatte le sue proteine aiuterà anche la ricerca contro l’ Aids. Lo studio che descrive questo importante enzima è ora pubblicato su Nature Structural & Molecular Biology.
IL progetto è stato supportato da UW Center for Game Science, l’ U.S. Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), L’ U.S. National Science Foundation, The Howard Hughes Medical Institute, e dalla Microsoft Corporation
Potremmo dire in altri termini che, se il Web 2 è condivisione in rete di contenuti, con questo videogames siamo già al web 3, che è creazione di contenuti condivisi e migliorati a più mani. Una ricerca scientifica fatta con il contributo determinante di molti internauti.
Firas Khatib, Frank DiMaio, Seth Cooper, Maciej Kazmierczyk, Miroslaw Gilski, Szymon Krzywda, Helena Zabranska, Iva Pichova, James Thompson, Zoran Popović, Mariusz Jaskolski & David Baker
Nature Structural & Molecular Biology (2011) Published online 18 September 2011
Non Ignorare Più I Diritti Umani ! Firma L’Appello di Amnesty Intenational
“La mia terra, le mie zone di pesca, le mie canoe, i miei orti e i fruttetisono andati distrutti. Non mi è rimasto più niente“. (Barizaa Dooh, abitante del villaggio di Goi, nel Delta del Niger, che ha perso i suoi mezzi di sostentamento a causa di una fuoriuscita di petrolio nel 2004)
Nel 2008, In Nigeria a Bodo Creek, l’incendio di una conduttura dell’oleodotto causò un’enorme fuoriuscita di petrolio, che si è versato nella palude e ha ricoperto la baia di uno spesso strato, uccidendo i pesci. La fuoriuscita è continuata per oltre due mesi e la Shell, responsabile della conduttura, non ha interrotto il riversamento né contenuto la fuoriuscita in tempi adeguati.
A tre anni di distanza, la Shell , durante un processo svoltosi nel Regno Unito,ha finalmente riconosciuto la sua responsabilità e ammesso che un danno ai dispositivi aveva causato il disastro. Ma non c’è stata ancora alcuna bonifica e le vittime non hanno avuto giustizia. In questa regione, ricca di petrolio, attraversata da chilometri di condutture delle multinazionali, punteggiata da pozzi e stazioni petrolifere, le persone, soprattutto quelle povere, bevono, cucinano e si lavano con acqua inquinata. Mangiano pesce contaminato da petrolio, quando sono abbastanza fortunate da trovarlo, e se avevano della terra da coltivare o degli stagni in cui pescare, questi sono ormai inutilizzabili. L’inquinamento e i danni ambientali causati dall’industria petrolifera mettono a rischio la salute delle persone e minacciano il loro accesso al cibo e all’acqua pulita. Le aziende, che non sono vincolate da leggi forti ed efficaci, non prevengono i danni ambientali né rimediano ai loro errori, bonificando le aree colpite.
Il governo della Nigeria e le compagnie petrolifere, come Shell, Eni e Total, che da anni fanno profitti grazie all’estrazione di petrolio nella regione, non possono più ignorare i diritti umani. Il Delta del Niger deve essere bonificato e le aziende devono essere chiamate a rispondere dell’impatto devastante delle loro attività economiche sui diritti umani e sulla vita di centinaia di migliaia di persone. Ma, a quasi tre anni dalle le pesanti fuoriuscite di petrolio che devastarono Bodo Creek, nel Delta del Niger, ancora non c’è stata bonifica e i residenti non hanno ottenuto giustizia. Una ricerca di Amnesty International ha messo in luce le conseguenti violazioni dei diritti umani, compresa la distruzione di mezzi di sostentamento, come ha raccontato un pescatore i cui stagni per la pesca sono stati completamente contaminati dal petrolio: “Dal 2008 fino ad oggi non ho potuto fare niente. Di solito andavo sulla riva del fiume a pescare ma ora ritorno a casa senza niente“. Il petrolio ha distrutto la sua vita.
Da decenni, l’inquinamento causato dalle aziende petrolifere è uno dei maggiori problemi nel Delta del Niger. Fuoriuscite, sversamento di rifiuti e gas flaring hanno danneggiato il suolo, l’acqua e l’aria, hanno messo a rischio la vita delle persone e il loro diritto alla salute, al cibo e all’acqua pulita, hanno distrutto i loro mezzi di sostentamento, come la pesca e l’agricoltura.
L’impatto devastante dell’inquinamento sul territorio dell’Ogoniland, nella regione del Delta del Niger, è stato denunciato anche da un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) pubblicato ad agosto 2011 e basato su due anni di approfondite ricerche scientifiche.
Le fuoriuscite di petrolio sono la conseguenza di tubature corrose, scarsa manutenzione e perdite, ma anche da errori umani, atti vandalici e furti.
Nonostante gli effetti sulla vita di centinaia di migliaia di persone, il governo nigeriano, a sua volta partner dell’industria petrolifera con una propria azienda, non ha attuato una normativa forte ed efficace per regolare le attività estrattive. Le aziende petrolifere continuano quindi a sfruttare il debole sistema normativo, mettendo in atto cattive pratiche, senza prevenire i danni ambientali e senza rimediare agli errori.
Amnesty International vuole porre fine a catastrofi come quella di Bodo. Per questo la sua campagna sui diritti umani nel Delta del Niger, lanciata nel 2009 passa ora a una nuova fase. Dobbiamo chiedere alle aziende di bonificare le aree inquinate e di risarcire chi è stato colpito dalla loro negligenza. Il governo nigeriano deve rafforzare le sue leggi per fare in modo che le aziende rispondano del loro operato e che le vittime ricevano giustizia. Anche i governi dei paesi dove hanno sede le multinazionali che operano nel Delta del Niger, come Olanda, Regno Unito, Francia e Italia, devono regolamentare le attività delle loro aziende in sede e all’estero e sostenere la necessità di bonificare.
La campagna per i diritti umani nel Delta del Niger ha già ottenuto dei successi. Shell, Eni e Total hanno reso note informazioni sull’impatto ambientale e la Shell ha commissionato una ricerca sull’impatto delle sue attività nel Delta del Niger (Niger Delta Environmental Survey). A gennaio 2011, il parlamento Olandese ha tenuto un’udienza pubblica sull’impatto dell’industria petrolifera nel Delta del Niger.
Ma occorre aumentare la pressione. E il primo obiettivo è ottenere che il presidente della Nigeria supporti pubblicamente le operazioni di bonifica e rafforzi la regolamentazione dell’industria petrolifera.